È vero parliamo poco di lasagne. E facciamo male! La lasagna fa godere. Ed è un’istituzione. Ma su Dissapore se ne parla poco (secondo alcuni preziosi analisti presi in prestito dal governo Monti è citata in rapporto di 1/1588 con Bonci il pizzaiolo). Il motivo inconscio (?) probabilmente, è il suo essere una pietanza talmente sputtanata dall’abuso turistico da aver perso un po’ di appeal.
Ma la lasagna è storia, tradizione e comfort food elevato all’ennesima potenza. E nella sua duttilità, assorbe ogni nome. Pure se la vediamo strillata nei menu inaccettabili nei bar del Duomo o a Piazza della Signoria dove qualche texano la degusta col cappuccino, nessuno può toglierci quella originale. E sotto Natale qualcuno DEVE parlarne. Io mi immolo volentieri perché ho un flame nella mente: “bolognisti” contro “napoletanisti”. Ma includerei anche altre versioni regionali e singole modifiche a cui ho assistito. Vediamo di stilare un campionario a basso livello di seriosità e ad alto livello di confronto.
Lasagna bolognese.
Che sia di pasta bianca o verde (preferisco la prima) rimane insuperabile! Quando la tradizione non è un fardello ma un punto di arrivo: è il classico piatto in cui si gioca al rialzo in termini di qualità, visto che il suo spettro parte dalle irricevibili lasagne congelate a trionfi di sapore autoctono. Io mi affiderei alla cieca a qualche signora sopra gli ottanta di Bologna e la lascerei fare. Porzione doppia rules!
Lasagna napoletana, o riccia.
Nonno, ora che hai superato i novanta posso dirtelo: sei un grande cuoco e un grande selezionatore di cibo (ad Anzio all’età di 7 anni ti ho visto convincere un pescatore, con non so quali doti dialettiche, a farti dare una cassetta di paranza destinata a un ristorante!) ma la tua lasagna partenopea, nei nostri trentennali natali pistoiesi, non mi ha mai del tutto convinto. Quel ragù era troppo liquido e quella ricotta fresca non si amalgama! I pochi anni che hai ceduto il trono alla zia si è goduto di più. A proposito ma la lasagna toscana è più carnosa e “tirata” della bolognese o lo è solo la variante di casa Aiello?
Lasagna ligure o al pesto.
Ho un problema con il pesto, mi dà noia in tempi relativamente brevi, quindi se devo pesare questa variante in termini di bulimia compulsiva manco entra in classifica ma ho assaggiato delle lasagne al pesto epocali (una che dimenticherò con difficoltà nella splendida Apricale). Però le patate al posto della besciamella non mi fanno troppo felice.
Lasagna della mamma del Pacio.
Mi scusi il soggetto citato, la relativa mamma e pure voi che leggete le mie impennate biografiche ma questa variante opulenta della lasagna classica va citata. Teoricamente è molto ridondante – nel suo aggiungere a un piatto così ricco anche pezzi di pollo e di salsiccia – ma il mio palato la ricorda come indimenticabile. Climax di una settimana passata qualche lustro fa a Narni a cavallo di un capodanno diversamente salutista.
Lasagna vegetariana.
Ne esistono infinite variazioni tra cui prediligo quella che fa uso, anzi abuso, di carciofi, come propostami dal fedele amico “Ciccio” in uno dei miei rari natali romani. Non amo molto quella veneta con il radicchio di Treviso al posto del ragù ma se ne può discutere.
Vincisgrassi aka variante umbro-marchigiana.
Non l’ho mai approfondita molto ma l’utilizzo di interiora, midollo, cervella (ma anche tartufo volendo) teoricamente mi allontana un po’, comunque, illuminatemi pure sulla sua eventuale grandezza.
Lasagna lombarda, anzi pavese, forse ligure, un po’ terrona.
Infine una variante molto gustosa propostami da un amico abile ai fornelli che così me la racconta: “Dunque, è una ricetta pubblicata su un numero della Cucina italiana, di una cuoca pavese dimenticabile. Ma direi che è più ligure, visto che si usa il pesto… Ma anche un po’ terrona, per via dei pomodori secchi e della mozzarella di bufala. Di mio: pasta verde, non gialla, e pinoli tostati, che “bruciano” un po’ l’acido della preparazione… E un po’ di parmigiano, ovvio. E sale e pepe. Servire tiepida”.
[Crediti | Immagini: Flickr/Smitten, Flickr/Crepes of Wrath, Panifotograf, Flickr/La mia cucina]