Sto per esibirmi in un intricato pensiero femminista (che mi rispedirete addosso come un boomerang, già lo so) a proposito di donne, successo ed emancipazione. Mettevi comodi. E’ l’attualità di questi giorni che mi ha stimolato la ricerca di un fil rouge tra Nadia Santini (chef del ristorante Dal Pescatore che sarà premiata come migliore chef donna del mondo in occasione della notte dei World’s 50 Best Restaurants del 29 aprile prossimo a Londra), Marissa Meyer (in pochi mesi passata dall’essere un’icona di genere per la nomina ad AD di Yahoo a soli 37 anni e con una gravidanza in corso, al diventare una specie di mostro sorellicida per aver vietato il telelavoro in azienda), Sheryl Sandberg (Lady Facebook, numero due dell’azienda, per Forbes è la quinta donna più potente del mondo e autrice del libro manifesto femminista “Facciamoci Avanti”), ma anche Margaret Thatcher, per dire.
Sono le donne più chiacchierate del momento e leggendo le loro biografie l’ho trovato quel fil rouge che cercavo:
il posto di una donna è dove vuole essere.
Sottotitolo per i duri d’orecchie: si può essere una donna di successo in tanti modi, l’ultima frontiera della parità di genere è l’individualismo, fatevene una ragione, quindi conviene uscire dagli stereotipi e dai pregiudizi più incancreniti (di cui siamo vittime come lettori e come narratori) secondo i quali le donne devono passare le loro giornate contorcendosi in un impossibile equilibrio tra mammismo e carrierismo, uscendone sempre sconfitte o nel migliore dei casi stanchissime.
Ricordate il post su Cristina Bowerman? Andatevi a rileggere certi commenti. Sono abbastanza convinta che le lotte femministe condotte dalle nostre mamme fossero per avere posti di potere nelle aziende o per sviluppare la propria iniziativa imprenditoriale, non certo per fare a pezzi ogni donna di successo che è riuscita nella sua impresa ricordandole i doveri materni, o augurandole un posto all’inferno. Succede ogni volta: il posto delle donne è sempre quello sbagliato, semplicemente perchè non si vuole ammettere che certe volte, sempre di più, le donne ce la fanno ad avere esattamente ciò che desiderano.
Ma voglio tornare a Nadia Santini e alla sua storia, perché mi auguro che il suo esempio possa rinnovare il dibattito sulle donne nelle cucine. E sulle donne in generale.
Uno dei profili più belli della Santini lo ha scritto Eleonora Cozzella su Espresso.it “Ha sensibilità e tecnica, gusto, passione e rigore, attenzione a tutto ciò che la circonda, vicino o lontano. Il suo aspetto e la voce delicati sono in realtà la pacatezza di chi è sicura di sé e celano la forza e la grinta di pochi altri colleghi, uomini inclusi. Ne risulta uno stile di carattere e fascino, una cucina cortese e pacifica, un viaggio alla scoperta di nuove sensazioni gastronomiche”.
Io non conosco la signora Nadia personalmente, ma di donne chef ne ho conosciute parecchie, e se tutte hanno una storia diversa è anche vero che in loro ritrovo la stessa grinta e determinazione. Quello della cucina, come quello di guidare un’azienda, è un mestiere che a certi livelli lo fai se lo sei, se non puoi farne a meno, se non vorresti essere da nessun altra parte tranne che dietro a quei fornelli o a quella scrivania.
Mi piace pensare che Nadia Santini abbia una storia di questo tipo, che si incastra perfettamente a quella della sua famiglia, al suo matrimonio, ai figli che ora lavorano con lei e che con lei (forse anche grazie a lei) condividono la passione per la cucina: una storia nuova e fuori dagli stereotipi delle donne lavoratrici costrette a scegliere tra famiglia e carriera. La penso così, come una donna di successo che abbia fatto esattamente quel che voleva fare, non senza sacrifici, proprio come un uomo di successo, forse maggiori, ma se penso a lei non penso alle sue rinunce, penso ai suoi traguardi e l’ultimo di cui è stata insignita credo che sia un grande orgoglio personale e per tutte noi donne.
Che si lavori in una cucina, a Yahoo, o Facebook, ogni donna ha il suo modo di essere di successo che generalmente non prevede scorciatoie ma solo spirito di abnegazione. Marissa Meyer ha detto “non sono femminista, è solo che lavoro sodo”, la Thatcher disse “Non si ottiene nulla senza problemi, mai”, Nadia Santini quando ha saputo del premio lo ha spartito con la famiglia “Sono molto felice e onorata per questo importante riconoscimento. Lo sono per me, per tutto il Dal Pescatore, per la mia famiglia che lavora con me, Antonio mio marito, i miei straordinari figli Giovanni, che dirige la cucina con me, ed Alberto, che dirige la sala e si occupa dei vini, per la mamma di Antonio, che mi ha trasmesso molti segreti e per Valentina, moglie di Giovanni, attiva nel ristorante”.
Insegnandoci forse un’ennesima personale via di essere mamma, moglie e donna di successo.
[Crediti | Link: Dissapore, Repubblica, L’Espresso Food&Wine, immagine: Massimo Sestini]