Il milanese non è solo il “bauscia” dei film di Vanzina. Per dire, la sua indole a tavola è molto più complessa di quello che lo stereotipo vuole, soprattutto è mutevole, sgusciante, difficilmente inquadrabile. Va detto che il vero milanese vive in cattività come allo zoo, se ne vedono pochissimi, di soliti intenti a preservare la cucina tradizionale, ma anche irrimediabilmente attratti dal cibo etnico.
Io, ad esempio, vengo dalla campagna, abito in un paese sperduto nelle Prealpi che si chiama Cuasso al Monte, e dove sto non c’è nemmeno la stazione.
Quando vado a Milano, però, ho capito come funzionano le cose tra i foodies pseudo-milanesi, e potrei tranquillamente confondermi sembrando una di loro. Bastano poche accortezze, e qui voglio condividerle con voi, così poi potrete (nel caso) criticare da una prospettiva più interna.
1. CAFFE’: PRIMA LO SCONTRINO
Il rito del caffè non è solo milanese, ma a Milano si consuma in perfetto stile cittadino. Da lontano i locali adatti per il caffettino della mattina si fanno sentire: sono quelli dove il frastuono del tintinnio delle tazzine raggiunge gradazioni di decibel inimmaginabili.
Da buon milanese, il baretto deserto va snobbato, invece si sceglie rigorosamente quello in cui bisogna fare la fila previo (rigorosissimo) scontrino già fatto.
2. HAMBURGER: “CI E’ RIMASTO SOTTO” CON IL BURGHY
Per il milanese contemporaneo l’hamburger rappresenta l’anello mancante tra la sua persona e il sogno americano. I locali aprono e chiudono in tempi record, ma per lui quando si parla di hamburger il top di gamma resta lo sbiadito ricordo di Burghy, piccola catena autoctona (a firma Cremonini) che poi McDonald’s si è letteralmente fagocitata.
“Ah, quando c’era il Burghy in San Babila…”
3. LA SPESA? SOLO ALL’ESSELUNGA
A Milano ti ci puoi divertire a scegliere un supermercato diverso tutti i giorni, ma il milanese sente un fascino atavico per Esselunga (forse è ancora la scia lunga di Burghy, non so).
Almeno una volta alla settimana deve andare a rimpolpare i suoi punti fragola sulla Fidelity Card.
4. “STASERA JAPPO?”
Potreste assistere a conversazioni come “stasera jappo?”, “preferisco Paolo Sarpi”, “no, io stasera solo Luini.” Non sono parole in codice, ma un abbozzo di organizzazione gastronomica di una serata qualsiasi, in cui si opta per la cucina giapponese, cinese o per il mitico panzerotto di Luini.
A volte potreste imbattervi anche in neologismi milanesi come “sushino”, “ape”, “cicca”.
5. L’APERITIVO RETRO’
Va bene lo Spritz che ormai è entrato nell’olimpo degli aperitivi di città, ma sappiate che per confondervi meglio tra la folla dei cittadini non potrete ordinare un americano, ma un Milano-Torino che fa tanto retrò e Milano da bere.
Anche nel momento dell’aperitivo il milanese deve essere assolutamente alternativo per riposizionarsi nel mercato e non confondersi nel mainstream del cocktail pre-pasto. La scelta cade su zucca e seltz (a base di Rabarbaro Zucca) con una scorzetta (non scorza!) d’arancia.
6. GIAPPONESE: TUTTI AMANO POPOROYA
Per partecipare attivamente alla foodies community milanese, almeno una volta dovete aver provato la cucina giapponese tradizionale di Poporoya. Il che significa anche che avrete sviluppato una notevole dose di pazienza, visto che 8 volte su 10 la lunghissima coda riesce a scoraggiare anche i cittadini più motivati.
Se doveste fare conversazione con un milanese, non dimenticate di citare il chirashi di Poporoya: funge da passe-partout.
7. IL RISUTIN E LA GREMOLADA PREFERITI
Potranno anche esserci in città un milione di osterie e trattorie di cucina tradizionale, ma i milanesi non riescono a mettersi d’accordo su quale sia la migliore espressione della cucina meneghina. Ognuno deve avere il proprio indirizzo e locale di fiducia dove, testuali, “fanno il miglior risotto giallo della città”. E, naturalmente, nel “risotto giallo” ci sta anche l’ossobuco con la gremolada.
Trovate anche voi la vostra osteria preferita e potrete partecipare alle infinite dispute sulla questione, condite da malinconici “una volta c’era…”. Roba da veri milanesi nostalgici.
8. SCHISCETTA ETNICA
Se sugli aperitivi è un conservatore assoluto, il milanese in fase pausa pranzo sprigiona una notevole fantasia culinaria in versione etnic-chic.
Nelle sue schiscette non c’è più nulla di locale, e invece spiccano: l’hummus senza aglio, gli spaghettini di riso con salsa di soia, il sushi confezionato dell’Esselunga, il couscous vegetariano e la guacamole d’estate.
9. SE T’INVITA A CASA UN MILANESE E’ PER IL BRUNCH
Mi raccomando, non fate la figura di quelli che arrivano dalla campagna e siate pronti. Sì, c’è anche il dolce, ma non presentatevi all’ora della colazione.
Alla fine si tratta di un pranzo fatto e finito, ma spesso i milanesi lo travestono da “brunch” perché si sentono confortati da una apparenza meno formale, che vede gli ospiti servirsi da soli il caffè lungo e scegliere qualcosa da un buffet.
10. VODKA: DALLE COLONNE CI SI TRASFERISCE AL PRAVDA
Che noia stare seduti alle Colonne di San Lorenzo a bere una birretta del supermercato. Anche i gusti dei giovanissimi milanesi sono cambiati e i nuovi foodies meneghini non perdono più troppo tempo con birre industriali e noiose, ma presidiano in massa il Pravda, il nuovo tempio cittadino della vodka.
Se volete confondervi col giovane milanese, quindi, vedete di allenarvi e sviluppare una buona tenuta alla vodka.
[Crediti | Link Dissapore, immagini: guardina, cozycornerkitchen, vivimilano]