“Spero di non offendere nessuno con questo parere, ripeto, strettamente personale, ma confesso che, come forse la maggior parte degli italiani, tra quattro fagiolini che circondano un minuscolo pezzettino di carne e un piatto di pappardelle al sugo di lepre, preferisco la seconda opzione. – Ilaria Borletti Buitoni, sottosegretario per i Beni e le Attività Culturali”.
Apro il grande file “cose che in realtà interessano a un sparutissimo gruppo di persone” per ritornare sulla bagarre sorta intorno alle dichiarazioni del sottosegretario Borletti Buitoni: (“In Italia si è smesso da tempo di mangiare bene, purtroppo. Siamo corsi dietro alle mode, ai francesi, allontanandoci dalla nostra idea di cucina”),
1) seguita dalla presa di posizione oltremodo severa dei migliori chef del paese (la loro indignazione si spinge fino ad invitarla a cena nei loro esclusivi ristoranti),
2) seguita dalla dichiarazione, qui sopra, in cui Borletti Buitoni precisa il suo pensiero,
3) seguita da articoli e commenti cui questo post si accoda buon ultimo (ieri pomeriggio sonnecchiavo sul divano ignara del fatto che l’ora segnata dal destino battesse nei cieli dell’alta ristorazione in Italia).
Arrivando tardi, non dirò quindi una serie di cose molto ovvie, quali:
“in Italia si mangia molto bene e la ristorazione italiana è un’opportunità di crescita economica e occupazionale che la politica dovrebbe supportare”.
Non dirò nemmeno:
“ma come, come fa un sottosegretario a usare la sgradevolissima espressione correre dietro ai francesi“, che mi fa desiderare di indurmi coma glicemico tramite l’ingestione di una dozzina di croissant burrosetti.
Dirò invece altre cose. Ad esempio, vi parlerò della pettinatura di Borletti Buitoni.
La pettinatura di Borletti Buitoni non è (ripeto: non è) una legittima contro-argomentazione. È, invece, un pretesto molto basso. Dopo le scuole medie, basta con il body snarking. Possiamo concordare tutti, sì?
(Il fatto che anche io soffra di capelli crespi non influenza il mio giudizio.)
Venendo al dunque:
Tra i perniciosi effetti della crisi c’è il fatto che, di questi tempi, i ricchi fanno quelli che passano di lì per caso.
Mostrano di disdegnare gli status symbol, fingono di amare le cose semplici, si proclamano a fianco degli ultimi. Esempio eclatante che chiarisce il mio pensiero.
“Uno di noi“: lo lascio qui, senza commento. Mi mancano le forze.
Allo stesso modo, Borletti Buitoni nel suo elogio delle pappardelle al sugo di lepre dà mostra di un pauperismo altrettanto di facciata.
Borletti Buitoni: tre o quattro volte all’anno, amo spendere una settimana di stipendio per una grande cena. So bene che se non fosse per i ricchi che ci vanno con maggiore regolarità, i grandi ristoranti non camperebbero, e io sarei triste.
Quindi vada, per carità. Lei che può, si faccia grattare tartufo a volontà nel piatto. Abbracci il suo benessere economico senza imbarazzo, lo faccia per noi persone comuni.
Lasci le pappardelle al sugo ai consumatori di Quattro Salti in Padella.
Amaro tra gli amari effetti della crisi è questo ribaltamento di fronte: non più “l’operaio che vuole il figlio dottore”, ma il ricco che disdegna l’alta cucina.
[Crediti | Link: Dissapore, Scatti di Gusto, Gazzetta Gastronomica, Twitter, YouTube. Immagini: Panorama, Twitter]