Never ending #luci&ombre su Masterchef: le polemiche continuano. Dopo l’articolo de l’Espresso sui flussi anomali di scommesse, bloccati dalla società maltese Bet11128 il giorno della finale di Masterchef, Magnolia e Sky presentano un esposto alla magistratura.
Denunciano: “Siamo la parte lesa. Ora vogliamo conoscere l’identità di chi ha fatto quelle puntate”. Tre puntate tra cui una di 20.000 euro, partite da Milano verso Malta il giorno della finalissima, che scommettevano sul nome di Federico.
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Milano è la città in cui Masterchef è stato girato (giugno-luglio 2013) e montato (negli 8 mesi di postproduzione). Il nome del vincitore giaceva inceralaccato e notificato dal 27 luglio in attesa di venire dichiarato. Quasi scontato però pensare a una fuga di notizia: tra i giudici i piani alti della produzione, erano forse in troppi a sapere il nome del vincitore.
Della fuga di notizie è quasi impossibile dubitare. Non male, dopo le polemiche sulla collaborazione di Federico con il main sponsor del programma Barilla. Piuttosto, è lecito chiedersi, così come fa oggi il critico televisivo Antonio Dipollina oggi su Repubblica: come diavolo si fa a scommettere su di un talent?
Scrive, citando la celebre scena di Totòtruffa “ha molto più senso l’acquisto della Fontana di Trevi da due tipi buffi che stazionano davanti al monumento”. Come si fa a scommettere su di un risultato stabilito da un paio di persone, che non siamo nemmeno sicuri siano i giudici?
La televisione è televisione e vince quel che vince televisivamente.
Continua Dipollina “Fin dalla notte dei tempi non è mai esistito un quiz che non potesse essere indirizzato in qualche modo – quasi sempre a favore dei concorrenti che funzionano televisivamente – oppure sfide in zona reality – talent che non abbiano dentro, nel meccanismo, la possibilità di fare accadere (favorire, si dice favorire) soprattutto quello che vogliono gli autori. Dovrebbe essere pacifico, ovvio, nella tv finzione da sempre.”
O forse questa era anche – e passatemi la citazione – la tv dei primi saggi di David Forster Wallace, quella prima che esistesse youtube.
Adesso qualcosa è cambiato, nella percezione: da quando si sceglie di più che cosa guardare, la finzione può diventare meno ovvia. O anche solo più latente. O latitante.
Si avanzano quindi pretese di onestà, di trasparenza, di verità. Se si arrivano a scommettere 20.000 euro, è chiaramente in ballo molto di più di quanto un gioco un po’ finto sia disposto a garantire. E’ un azzardo, almeno.
[Crediti: Il Tempo, Dissapore, Repubblica]