Aprono ristoranti, luoghi, bistrò. Aprono senza sosta a Roma e Milano posti nuovi: orari insoliti, concept nuovi, concentrati in una sola proposta, solo polpette, solo arrosticini o tartufo, solo cucina francese. O tutto: aperti sempre, da mattina a sera, da colazione all’ora dell’aperitivo, intenti ad abolire l’happy hour e ricercare la qualità persa tra focacce e pizzette stantie.
Di tutti, anche per le cose lette su Dissapore, quello che di più mi incuriosiva era Marzapane a Roma. Non tanto per il menù, seppure molto interessante, quanto perché tutti gli interrogati, dal più fine gourmet al meno pretenzioso degli amici, me l’hanno descritto come un luogo meraviglioso.
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Ci sono andata, con l’obiettivo di scoprire la formula perfetta che mette d’accordo tutti.
In imbarazzo di fronte a un menù così ben congegnato, di cui avrei voluto ordinare “uno di tutto”, ne sono uscita innamorata. Merito della giovane chef Alba Esteve Ruiz, che in pochi mesi, insieme ai due fondatori Mario Sansone e Angelo Parello, ha portato questo ristorante di via Velletri tra le preferenze dei romani e non solo, aggiudicandosi numerosi riconoscimenti tra cui il premio Cuoco Emergente 2014 assegnato dalla Guida del Gambero Rosso Ristoranti d’Italia.
Andiamo con ordine. Sono andata a pranzo, orario comodo (ore 14). Si comincia con un amuse bouche di triglia caramellata con piquillo, robiola e olive taggiasche. Un equilibrio perfetto, un bocconcino che vorresti subito trasformare in piatto.
Beviamo per tutto il pranzo una birra interessante che regge bene tutti i piatti, Equilibrista del Birrificio del Borgo, ottenuta dalla fermentazione combinata di 50% mosto di sangiovese chiantigiano e 50% mosto di birra (duchessa), sottoposta a remuage, come avviene per gli champagne.
Proseguo con coppa di alici, peperoni canditi, crema di prezzemolo, mandorle tostate e alli-oli. Una cura minuziosa nel gioco di sapori. I peperoni canditi bilanciano la sapidità delle alici e lo rendono perfetto.
I miei commensali ordinano e io assaggio. Polpetta di bollito selezione “la Granda” con verza e salsa BBQ semi piccante. Un piatto perfetto che faticherà a uscire dal menù. Polpette morbide, succose da non smettere mai.
Quaglia in scapece con cachi e noci. La quaglia è proposta in due diverse cotture, una a bassa temperatura servita a temperatura ambiente, l’altra rosolata e croccante.
A seguire un assaggio di carbonara che ci tengo a testare, perché in pochi mesi già se la gioca con la carbonara di Pipero al Rex, quella di riferimento, e perché comunque è un buon metro di giudizio. Perfetta, cremosa, guanciale croccante, pecorino sapido e piccante, spaghetto ben cotto.
Spaghettoni con uvetta, pesce spada, lardo e pane aromatizzato. Mi ha entusiasmato meno degli altri, ma forse era solo perché successore delicato di una carbonara importante.
Tra i secondi, la palma d’oro è vinta da “Le Crucifere”, misto di cavoli cotti a bassa temperatura, croccanti, spadellati, ridotti in crema. Semplice e sorprendente.
Croccante il maialino da latte perfettamente cotto a bassa temperatura con crema di rapa rossa, radicchio grigliato, scalogno al vin brulè e lamponi freschi.
I dolci sono di De Bellis, nota pasticceria che ormai si è imposta a Roma come una delle migliori. Un bicchierino di Mont Blanc che vale la chiusura di un pranzo perfetto.
Noi abbiamo scelto alla carta, ma sono previsti anche menù da 35€ (5 assaggi) o 55 € (7 assaggi), da 80€ per la degustazione del menù a base di tartufo.
Ambiente informale, niente tovaglie, aboliti camerieri impalati e formali. Tempi perfetti, servizio cordiale e preciso. Arredamento semplice, locale accogliente e luminoso. Costi accessibili per una qualità alta e piatti molto buoni.
Conto 45 € a testa (3 persone). 3 antipasti, 2 primi, 2 secondi, 1 dolce, 1 bottiglia di birra, 1 bottiglia d’acqua.
Soddisfazione piena, molto più degli ultimi stellati storici che ho visitato ultimamente.
Eccoci arrivati quindi nel ristorante che tutti soddisfa. Vuol dire che anche in Italia siamo disposti a rinunciare alla tovaglia? Preferiamo un ambiente informale, ma non siamo affatto disponibili a lesinare su fantasia e bontà del menù. Che sia la nostra reale alternativa all’osteria, dove mangiamo sì molto bene spendendo tra i 20 e i 50 euro ma la conosciamo e ci rassicura come la posizione del missionario?
Qual è il segreto del ristorante che mette tutti d’accordo? Voi ne avete uno da segnalare? Mi viene in mente per esempio che a Firenze ho provato lo stesso senso di sana soddisfazione dopo essere uscita da IO – Osteria Personale. A voi la parola.
[Crediti | Link: Dissapore, immagini: Cristina Scateni]