La premessa per questo post nasce da un quesito: “Hai in previsione qualche meravigliosa congettura delle tue?”
Stavo già pensando alla ricetta perfetta della pizza lievitata nel cofano dell’auto quando mi accorgo che si tratta di un chiaro caso di autocorrect, e che si sta parlando di semplici marmellate. Non li capirò mai gli uomini.
Fronte di Liberazione Anti Ferber.
Quando si parla di confettura i metodisti edotti dalla Ferber (Christine) salgono subito in cattedra. Ho provato alcune delle sue ricette, che non mi hanno conquistata, e assaggiato la famosa confettura di albicocche e vaniglia fatta proprio con le sue manine sante.
Stucchevole e piuttosto liquidina , di memorabile aveva solo il prezzo.
Ricordo di aver letto di un metodo simile a quello di Madame F. su quel bel volume che è “Come Musica – Elementi di Pasticceria” del pasticcere pratese Luca Mannori:
“La preparazione avviene in due fasi:, normalmente in due giorni. Il primo viene dedicato alla pre-cottura, con un inizio di ebollizione, possibilmente in tegami di rame stagnato; la confettura viene poi travasata in un contenitore, dove possa riposare coperta con pellicola alimentare per un’intera notte.
Questo è un passaggio indispensabile per estrarre al meglio la pectina presente nel frutto. Il giorno dopo si passerà alla cottura finale a fuoco sostenuto ma per il tempo più breve possibile, in modo da ottenere un colore vivo e naturale”
Un’altra bella pagina sull’argomento l’ho scovata sul blog del pasticciere veneziano Teo Favaro, se qualcuno lì fuori lo conosce gli riferisca che mi sono già candidata alle primarie per diventare la sua nuova migliore amica.
E parlando di scorciatoie e aiutini, leggasi in questo caso “pectina”, tra gli appunti del sempre caro Iginio Massari trovo addirittura una ricetta per ricavarsela in casa:
“Si può ottenere un composto di pectina cuocendo delle mele, per un effetto più addensante, in particolare, le mele cotogne. Fate bollire per 30 minuti 1 kg di mele, con le bucce, in un litro d’acqua addizionata con il succo di un limone. A fine cottura filtrate il composto ottenuto e conservate in frigorifero. Questo composto si può usare quando è necessario addensare o gelatinizzare una conserva.
Queste le proporzioni: 300 g di estratto di mele, 1 kg di frutta, 1 kg di zucchero. A fine cottura s’incorpora il composto a base di mele e si cuoce ancora per 30 secondi, è ideale soprattutto quando si desidera realizzare una gelatina con frutti acquosi.”
Le nozioni di base ci sono, le tecniche mi pare di averle apprese: non mi resta che decidere sul travagliato rapporto tra zucchero e frutta.
Io dico che una via di mezzo tra il sentiero della felicità e la curva del diabete può esistere.
La ricetta perfetta
Confettura di pesche
1 kg di polpa di pesche (al netto degli scarti)
500 g di zucchero semolato
succo di limone q.b.
Confettura di albicocche
1 kg di polpa di albicocche
500 g di zucchero
succo di limone q.b.
Ingredienti diversi seguendo la stessa procedura, nel primo caso pesche saturnine o tabacchiere procuratemi dalla mitica signora Giovanna, nel secondo albicocche dall’orto di casa.
Inizio scegliendo la frutta, tolgo la buccia alle pesche (che mi si attacca ovunque) ma non alle albicocche. Peso la polpa sulla bilancia e taglio in pezzi di circa 1cm.
Verso in due pentole molto ampie e con fondo spesso, copro con lo zucchero ed il succo di limone e porto a bollore a fiamma vivace.
Spengo e verso la mia proto-marmellata in due recipienti dotati di coperchio, lascio raffreddare e faccio macerare in frigorifero per 8 ore.
Riprendo le caccavelle per ultimare la cottura, le più grandi che ho. E’ importante cuocere la confettura in una pentola molto ampia perché maggiore sarà la superficie del composto a contatto con l’aria e più veloce sarà l’evaporazione della parte liquida.
Una confettura cotta velocemente conserva il sapore, il profumo e il colore del frutto originario. *Si sistema gli occhiali sul naso*
Terminate la fase di “macerazione” riporta tutto a cottura, breve e intensa, e controllo che il composto raggiunga i 105°/108° C (gli orfani di termometro possono fare la tradizionale prova del piattino).
Verso tutto nei vasetti caldi, lavati ed asciugati in forno a 130°, e capovolgo come da rituale.
Attendo pazientemente che la lava e i lapilli si trasformino in qualcosa di edibile, vedo una fettina di pane che mi fa ciao dalla credenza. Dal colore mi pare buona, è morbida quando la sfioro con il coltello e si intravedono diversi pezzetti di frutta.
La assaggio: promossa. E domani tutti a fare colazione/merenda/congetture a casa mia.