Veggie burger. Lavagnetta di legno. Ordinazioni tramite Whatsapp (!?!). Birra rigorosamente artigianale, non filtrata, non pastorizzata. Carne biologica.I valori della campagna con i prezzi della città. Anzi di Milano.
Si scrive hamburger gourmet, si legge Caro ristofighetto milanese. Almeno così apostrofa Luca De Gennaro, speaker di Radio Capital, sulla sua pagina Facebook, l’esperienza non indimenticabile provata a (sì questo è uno spoiler) Mammy Coffeburgers, hamburgeria di recente apertura in via Vigevano, a Milano.
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Racconto che ci porta a un’osservazione: come possono una serie di elementi potenzialmente positivi dare vita a una sommatoria da fuga stile Usain Bolt?
Entriamo nel vivo. E commentiamo.
Ieri sera avevamo un amico in visita da Roma e abbiamo pensato di portarlo a cena da te, nel pieno della zona più viva della notte milanese, in quella strada che pullula di posti per aperitivi e “gente creativa”. Prenotiamo per 4, arriviamo e il cameriere, tutto figo con la maglietta nera trendy ci chiede solerte: “Ah, avete prenotato? Bene, vediamo dove posso mettervi….ecco, potete sedervi lì”. Ora, se ho prenotato, tu SAI GIA’ dove mettermi, e senz’altro non nel tavolino all’ingresso, cioè quello dove se allungo una gamba sono fuori dal locale sul marciapiede e chiunque entri mi dà una botta alla schiena.
[e qui non possiamo che dar ragione a De Gennaro, di tutto cuore]
Evabè. Un altro solerte cameriere ci chiede cosa beviamo e ci propone birre superfighe biologiche “artigianali non filtrate”. Uno di noi vuole del vino, chiede un rosso fermo e gli rispondono “come rosso abbiamo solo questo” mostrandogli una bottiglia di vino che non è “fermo”. Non ne avete uno “fermo”? No. Evabè.
[è dalla citazione delle birre che le orecchie iniziano a fischiarmi]
Sul menù ci sono quasi solo hamburger, ma sembra siano superfighi, con descrizione della provenienza della carne biologica, la “filiera” e tutte quelle cose. E poi ci sono quelli vegetariani con nomi come “Veggy Burger”, “Vegan”, “Classic Organic” etc. scritti su una lavagnetta di legno a pennarello per dare l’idea della roba semplice di campagna.
[…] Ma soprattutto, dopo tutto ciò, caro ristofighetto milanese, e dopo che già ben 3 camerieri diversi ci hanno interpellato, come giustifichi 45 minuti di attesa per 4 hamburger con patatine? Non si chiamava “fast food” una volta quella roba lì? Sarà pure organic vegan bio filiera ma non è che lo fai apposta per farci finire nel frattempo le birre artigianali non filtrate e farcene ordinare altre? […]
Evabè. E alla fine di tutto, tu, carina giovane simpatica cassiera che sembri un’attricetta in cerca di fortuna, seduta vicino ad un altro collega con magliettina nera trendy barba lunga e dreadlocks come a dire “Noi portiamo qui nel cuore della città moderna e tentacolare i veri valori della campagna, della natura e della vita semplice, peace & love, rastaman vibration”, con che faccina mi presenti un conto da 105 euro, 27 ciascuno, per 4 hamburger, 2 birre, 1 bicchiere di vino e una bottiglietta d’acqua?
Siete ancora qui o avete già in mano la pala con cui scavarvi una fossa il più larga e profonda possibile?
Come già abbiamo fatto con lo street food, anche qui è arrivato il momento dell’autocritica. Un paio di anni fa trasudavamo buone intenzioni, tutto quello che volevamo erano patatine croccanti, salsine home made e carni succose. Ci esaltavamo nell’infilata di aperture italiane, dove una volta c’era solo M** Bun ora c’erano Denzel, la Burgeria, Tizzy’s. Vagheggiavamo l’umami burger della chef Cristina Bowerman e ci passavamo il nome di Andrea Berton con un tremito nella voce.
Come risultato, siamo riusciti a trasformare il più junk dei junk food nell’accessorio hipster per eccellenza, il protagonista indiscusso degli account Instagram milanesi. Le medagliette che ci attaccavamo alla giacchettina – hamburger veggie! pane bio! cipolla caramellata! carne di fassone! – ora le esibisce chiunque: pochi meritatamente, alcuni in maniera sufficientemente dignitosa, molti a sproposito.
Ok, siamo colpevoli. Dove abbiamo sbagliato?
[Crediti | Link: Facebook, Dissapore, immagini: Mammy Coffeburgers]