Giorni fa, l’estensore di questo post ha sognato che lo portavano in galera perché aveva parlato male di Rene Redzepi; ero accusato di insopportabilità manifesta e attentato all’ordine (gastronomico) costituito. Meglio precisare che l’esternazione incriminata, cioè “Quel salvifico senso del ridicolo che mi impedisce di esaltare le formiche vive del Noma”, era solo primadonnismo sfrenato.
Anzi, ora che complici le Olimpiadi di Londra, il Noma s’è reinventato ristorante pop-up “nella splendida cornice” di un hotel (A Taste of Noma sarà al Claridge fino al 6 agosto), torno con le migliori intenzioni sul piatto: Formiche vive in creme fraîche, una panna acida diffusa nel Nord-Europa.
“Si rischia un attacco di nausea Si resta sconcertati osservando l’ingrediente principale del piatto farsi strada verso una foglia di cavolo mentre stiamo per metterlo in bocca”, ha scritto ieri la cavia, il giornalista inglese Richard Vines, ma le formiche sono senza discussione le stelle del menu Noma al Claridge. Con tanto di pedigree: il fascino radical zen da Steve Jobs delle tundre dell’eremitico Redzepi non gli ha consentito di raccoglierle nei verdi prati di Londra, ne ha portate 22mila con sé da Copenhagen, e le ha alloggiate in una suite cinque stelle.
Continua Vines: “Sotto i denti le formiche, refrigerate e dunque anestetizzate, rilasciano il sapore del lemongrass” (citronella), “le sfumature agrumate contrastano il suolo edibile su cui gironzolano” (un mix di burro, nocciole, segale, malto e birra). “In fondo al piatto ravanelli e sopra qualche ciuffo di creme fraiche”.
Credetemi, io vorrei fingere spensieratezza e dichiararmi pronto per l’esperienza, visto che tra le 9 portate del menu ci sono piatti meno traumatici come la tartare di manzo scozzese su pane di segale con rafano, olio di senape, ginepro e dragoncello, o una grande ostrica bagnata da un latticello aromatizzato con finocchio marino. Ma sapendo che per mangiare le formiche vive e il suolo edibile del Noma, al Claridge di Londra si spende l’equivalente di 250 euro, sarebbe un fallimento interiore.
Tempo trascorso al telefono con zia Agnese, struggimento al pensiero del suo ragù, nostalgia per la piadina e il gelato di Soban, la brace di gruppo sulla spiaggia, e nemmeno una delle conversazioni affascinanti che avevo immaginato di fare con il re del Noma assaltato dalla stampa. Soprattutto, nessuna concitata foto ricordo con formiche e suolo presagendo lo scoop.
[Crediti | Link: Dissapore, Bloomberg, immagine: Richard Vines]