Da quando per andare ai laghi i milanesi non facevano l’autostrada esistono ottimi motivi per mettersi a dieta. Poi esistono le castagnole. E come ogni abbonato al club dei trigliceridi sa: meglio un fritto oggi che un rimpianto domani. Che colpa abbiamo noi se le castagnole sono più buone di quanto sia diritto di qualunque dolce essere?
Nel cercare non ricordo più neanche cosa in mezzo a quel delirio di carta e polvere che sarebbe il mio archivio, riemerge la collezione di Sale e Pepe. Un tripudio di frittelle, galani, frappe, bocconcini, bignè, cenci e ravioli dolci, roba per gente che se muore, il giornale del giorno dopo titola “colesterolo funebre”. Come ulteriore sberleffo alle amiche appena entrate in regime di crociera, ritrovo pure le adorate castagnole, ma non tracce di aromi agrumati, cosa che i romani potrebbero prendere sul personale. Meglio di no.
Capace che cercare tracce delle castagnole nei foodblog diverta più di una partita a Ruzzle, specie se si scopre come non carbonizzarle, o come evitare consistenze tipo panetto Das, cioè aggiungendo un liquore a guisa di ammorbidente (leggo: Mistrà, rum, Strega, limoncello, alchermes…).
Accompagnata da una nuance sugo-di-peperone delle guance chiedo lumi a Nazareno Lavini, uno dal curriculum lungo così che ora è primo pasticcere del Caffè Palombini a Roma. Si conferma qualcuno di cui comprare le figu, suggerendo scorza d’arancia, aggiunta di latte e un’inedito fuori programma, la ricotta. Altro segreto: per cuocere le castagnole anche all’interno senza però bruciarle, la temperatura dell’olio non deve superare i 160°C. E soprattutto, basta con ‘sta vanillina, lasciamola alla Prova del Cuoco.
La ricetta perfetta.
— 250 gr di farina 00, 80 gr di zucchero semolato, 30 gr di burro fuso, 2 uova, mezza bustina di lievito istantaneo per torte, la scorza grattugiata di un limone e di una arancia, 150 cl di latte, 50 gr di ricotta fresca di mucca, un pizzico di sale (se volete, anche un po’ di liquore).
— Olio di arachidi per friggere, zucchero semolato e zucchero a velo.
In una ciotola setaccio la farina, unisco lo zucchero, la scorza grattugiata degli agrumi e il lievito. Mescolo rapidamente, sguscio due uova intere al centro della ciotola dopo aver scavato un piccolo incavo. Rompo i rossi e faccio amalgamare le uova, sempre al centro della ciotola aggiungo il latte e il burro lavorato con la ricotta, senza toccare per ora gli ingredienti secchi. Quando quelli umidi sono uniti grossolanamente, impasto anche farina & Co. e aggiungo il sale. Cerchiamo di rendere l’impasto morbido ma non troppo liscio.
Scaldo l’olio in una padella profonda fino a 160°C , con un cucchiaino prelevo l’impasto e aiutandomi con un altro formo delle palline che tuffo nell’olio caldo. La profondità della padella e un buon lavoro di polso mi aiutano a cuocere le palline in modo uniforme per 3-4 minuti.
Quando hanno un colore dorato, le faccio scolare sulla carta assorbente per poi cospargerle di zucchero semolato, finisco con una spolverata di zucchero a velo. Pare che il vero erotismo della questione sia intingerle nella crema pasticcera. Dukan non mi avrai!
[Crediti |Link: Cucina Italiana, I manicaretti di Annare, immagini: Silvia Fratini]