In America il Roquefort, Il Brie de Meaux, il Tomme de Savoie, l’Epoisess e tanti altri formaggi sono vietati. Perché? Facile: sono formaggi a latte crudo, quindi pericolosi. È più illegale entrare in un cinema con uno di questi, piuttosto che con un mitra e sparare all’impazzata, tanto per parafrase qualcuno che dopo Denver ha scritto:“in america è più illegale entrare in un cinema con una telecamera che con un fucile”. Invettiva ad effetto. Mica tanto peregrina.
Guardatela bene la foto che contrassegna questo post perché vale più di 1000 parole e se ogni nazione ha la sua storia e le sue contraddizioni, la ragione è un fattore universale e un paese in cui l’accesso alle armi da fuoco è meno restrittivo delle norme sui formaggi non pastorizzati, qualche domanda deve porsela. E magari darsi risposte meno assolutorie di quelle dei politicanti americani collusi con le grandi lobby, o meno deterministe di quelle del regista Michael Moore in Bowling a Columbine, talmente autistico sul tema da non accorgersi che le risposte più complesse stavano arrivando da Charlton Heston, materia prediletta del suo dileggio conclusivo.
La bastarda, assurda, demente strage nel cinema di Aurora da una parte riapre il tema contorto delle armi da fuoco negli Stati Uniti e contemporaneamente riaccende il corto circuito dei neuroni, con i media che in un’ideale gara con le mamme e i preti anti-metal della mia adolescenza si affannano a puntare il dito contro Batman, il film di Nolan e i suoi temi oscuri. O a scoprire quale sentenza abbia pronunciato James Holmes al momento di sparare tra la folla. Ma un demente è per sempre, che ci frega se ha inneggiato a Joker, a Bane o a Ratzinger?
Soprattutto ogni volta che un minorato mentale si mette una maschera e fa strage di qualche poveraccio e (dolosamente o no) una stronzata rimbalza nell’etere e in rete, anche un sociologo dei media muore. E io finisco per quotare Mariarosa Mancuso quando sul Foglio scrive che “non si chiudono le scuole dopo Columbine, non si vietano i raduni e i campeggi giovanili dopo Oslo, non si tirano giù le saracinesche dei supermercati dopo una scatoletta esplosiva, non si vieta “Il giovane Holden” perché lo leggeva l’assassino di John Lennon“, nonostante l’ultima volta che ho condiviso un’opinione cinematografica con la Mancuso, Internet non c’era.
I pazzi sì, quelli non mancano mai e se non se ne può fare a meno, magari proviamo a rendergli più difficile l’acquisto di armamenti sufficienti a una guerriglia cittadina.
Non illudiamoci però; le cose da quelle parti non cambieranno nemmeno stavolta. Non facciamoci incantare dalle sirene progressiste, perché la vera America non è quella che ora si indigna, ma sta da altre parti, dove pulsa il suo orgoglio identitario, fatto di mitra e petrolio. Ma almeno noi, spegniamo il notiziario e rimettiamo su Elephant di Gus Van Sant.
Fosse mai che ci ricordiamo che il problema delle armi in America è come un elefante in una stanza. E purtroppo non puzza nemmeno di formaggio.
[Crediti | Link: Wikipedia, Il Foglio. Immagine: Facebook/Daniel Dhombres]