Il sommelier: un’entità astratta, un ruolo fumoso, soprattutto una razza strana, ampiamente e spesso giustamente perculata dall’umanità, da Antonio Albanese o da chi vuole ordinare la prima bottiglia che capita.
Lo trattiamo male ma ha la sua funzione: il sommelier ti consiglia, il sommelier non ti da il tempo di finire il vino che già ti riempe il bicchiere, il sommelier sente sempre l’anice stellato, la ciliegia sotto spirito, le note eteree e le spezie provenzali. Fino a oggi poteva essere disturbante ma sempre umano.
Poi sono arrivati i danesi.
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Alla Aarhus University hanno pensato di sottrarci l’ultimo elemento umano della degustazione, la soggettività, progettando “un macchinario dotato di nanosensori in grado di riprodurre l’interazione tra le proteine della saliva umana e le molecole organiche contenute nel calice“.
Ehhhhhhhhhh?
Sì, ho reagito anche io così, non capendo una fava di quello che ho letto e appena scritto. In sostanza hanno costruito una lingua artificiale (e già penso che se non si affermerà in campo enologico il marchingegno potrebbe riciclarsi come valido svago erotico) che grazie a una serie di nanosensori può risolvere qualsiasi quesito sul vino che abbiamo nel bicchiere: astringenza, dolcezza, gradazione, acidità, ecc…
Ma possiamo rimanere tranquilli almeno per un po’: in Danimarca sembrano essere preoccupati che, al netto dell’esemplare imparzialità, ci sia il rischio di una certa asetticità del giudizio. Ma dai, a me pare così affascinante e calda come invenzione…
Insomma, per tutti quelli come il sottoscritto che considerano obsoleta e schematica la scheda Ais per la valutazione di un vino qui siamo su un altro piano di distanza dal reale e in pieno incubo emozionale. Della serie storie, territori, cultura, storia e metodo di lavorazione in vigna e in cantina bye bye.
Però dobbiamo prepararci al futuro e la domanda non potrebbe essere più spontanea: ma voi ve la immaginate una cena al ristorante nel 2020 con un sommelier robot che vi sfonda le gonadi con sentenze incontrovertibili?
Non può essere dai, li avremmo almeno prima visti in qualche film di fantascienza.
[Crediti | Link: Il Fatto quotidiano]