Da 1 a 10 quanto può darvi fastidio che il menu al ristorante porti scritto per filo e per segno se un piatto contiene alimenti che causano allergie o intolleranze alimentari? A me, personalmente, zero. A qualcuno di mia conoscenza, invece, che quando esce a cena sta seduta sul bordo della sedia a metà strada tra “ordino” e “chiamo il 118”, costretta sempre sul chi va là dalla paura di finire all’ospedale tra uno scampo e una cozza, potrebbe solo fare piacere.
Dal 13 dicembre la legge impone ai ristoratori assoluta trasparenza nei confronti di quelli che sono alimenti a rischio per allergici e intolleranti e a dover fare (giustamente) la voce grossa ci sono solo loro, i ristoratori che dovranno chiudersi in un laboratorio e verificare etichette su etichette con la lente d’ingrandimento.
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Ecco, sì, in effetti loro sono un pochino alterati perché questo scherzetto gli costerà caro (e farà un giro non troppo lungo per tornare a battere cassa anche in tasca nostra).
Ma in assoluto il più infastidito di tutti è lui, Camillo Langone, giornalista noto ai più per le sue uscite misogine, una piuttosto recente sulle chef che farebbero meglio a fare la calzetta a casa. Stavolta il nostro eroe prende a schiaffi virtuali la categoria di intolleranti e allergici con epiteti simpatici come “gastrominorati” o “minoranza egoriferita”.
Quindi, per costruire un plot degno, stabiliamo i personaggi.
C’è il ristoratore nerissimo che medita vendetta contro chi impone la trasparenza, poi ci sono io, quella che “la faccenda non mi tocca”, c’è la mia amica D. che “magari da dicembre mangio seduta comoda”, poi c’è Camillo Langone, provocat(t)ore de Il Foglio che se non la spara grossa almeno una volta alla settimana ha paura che il mondo si dimentichi di lui. Infine c’è la legge che se ne frega di tutti, belli e brutti.
Stavolta non sarò certo io a difendere la categoria degli allergici dagli attacchi inutili di Langone che consiglia vivamente ai suddetti di starsene a casa a mangiare, piuttosto il nostro eroe credo dovrà da oggi guardarsi le spalle dalla schiera agguerrita e anche piuttosto incazzata degli intolleranti che farebbero volentieri a meno del loro problema, e che non gradiranno gli epiteti.
Nel suo articolo, che devo citare per forza perché non posso farne a meno, Langone dice testuale “Smettano di tenere in ostaggio la ristorazione per piegarla al loro regime alimentare di malati.”
Il sunto è che, se siete intolleranti al lattosio, non dovete andare nei ristoranti a complicare l’esistenza degli altri, perché loro son lì a lavorare, mica a pettinare le bambole come fate voi.
Se poi vi capita l’enorme sfiga di essere intolleranti al sedano (alimento su cui si accanisce particolarmente il nostro caro) allora proprio chiudetevi in casa e buttate via le chiavi, farabutti gastronomici che non siete altro. In questo modo aiuterete l’economia e la ristorazione a decollare di nuovo, perchè se le cose vanno male è colpa vostra. Solo vostra.
Nel mondo meraviglioso e fatato di Langone, dove le donne stanno a casa a fare la trippa e i “gastrominorati” si chiudono nel loro guscio infliggendosi penitenze corporali, la legge italiana al posto di tirare mazzate ai ristoratori, fornirebbe loro ricettari a base di sedano.
Camillo, ci dispiace, viviamo nel mondo vero. Quello dove, qui sotto, gli “sfigati” ti mangeranno vivo. Avanti.
[Crediti | Link: Dissapore, Il Foglio]