Cose che succedono nei venerdí sera milanesi:
1. Bloccarsi nel traffico sotto la pioggia imperterrita modalità Blade Runner
2. Mangiare male spendendo tanto,
3. Bere un cocktail che sa volutamente di bruschetta al pomodoro, ma ha la bevibilità di un frullato di tonno, mango e antibiotico.
4. E magari incontrare Joe Bastianich.
Ebbene sì, in una delle mie soste, di una serata decisamente movimentata, impatto la star di Masterchef. Non sarebbe una notizia, a meno che non non fossimo in un forum di minorenni dove ci si vanta degli avvistamenti dei vip. Ma lo diventa (una notizia, non un forum fanboystico) quando finisco per parlarci e estrargli scoop come se piovesse.
Siamo al cocktail bar X (non quello della bruschetta) e il nostro è in numerosa e rumorosa compagnia. Guarda due volte nella mia direzione e incrociando lo sguardo mette su un’espressione tipo “Forse quello lì lo conosco ma forse anche no e non me ne frega nulla”. Rispondo allo sguardo con un saluto destabilizzante, mentre scorgo che anche in contesti non televisivi sfoggia sneaker verde fosforescenti..
Un’ora dopo ci si rincrocia al bancone. Mi pare brillo, meno di me comunque. Ci si scambia due parole. “Ah, sì, Dissapore mi ricordo di te. Non sei quello che scrive ancora sto cazzo di ‘Io muoro’, no? Lo assicuro di no, faccio anche il sofisticato teorizzando che quel tormentone è stato lo sdoganamento al grande pubblico, la riconoscibilità televisiva che tanto porta e altrettanto toglie.
La stessa ragione per cui la terza stagione di Masterchef fa record inumani di ascolto ma agli addetti ai lavori pare bolsa, ripetitiva e di scarso interesse.
Annuisce, condivide e vedo uno spiraglio per un’interessante scambio di opinioni. È lì che il senso di invadenza – e anche l’etica – perdono la battaglia con l’istinto giornalistico. Insomma non si ruba un’intervista così, ma quando dice “Orsone potevo risparmiarmelo. In Italia tutto costa troppo, la gente non sa mangiare e pensa di capire tutto. E poi tutti parlano solo dell’hamburger. Non se ne può più; sai che a me l’hamburger fa schifo!”, ha decisamente spostato le ambizioni della mia chiacchierata.
Basisco, come uno sceneggiatore di Boris e lo stimolo ad approfondire ma non aggiunge molto altro, a parte una lunga riflessione che fa più o meno così: “in America mangiare un buon hamburger è una cosa normale. Qui pare la conquista di uno status. Poi nessuno ha il coraggio di farlo davvero importante. Con il piccione al lemongrass per esempio”.
– L’hamburger di piccione no dai! Mi bastano quelli che ci mettono zenzero, formaggi sconosciuti o creme al mandarino. Ma poi come sarebbe che non ti piace l’hamburger?
– Mica male, io nei miei ristoranti lo servirei. Pensavo anche di proporne uno con i genitali d’orso, tipica prelibatezza del Vermont
– E allora perchè non di asino cotto a 39 gradi per una settimana? Con ovvia salsa alla noce di cocco e vodka al melone
– Anche: ha sapidità, dolcezza e acidità
– Sì come un amminoacido…
Mentre ribasisco veniamo interrotti.
Dopo queste perle, nonostante tentativi esecrabili, scopro cose che già so e che sono note. Tipo che è costretto a mangiare cose terribili (“Hai visto come metto in bocca la forchetta coi denti stretti? Scongiuro di degustare a lungo un pezzo di cacca”), che lanciare i piatti fa parte dello spettacolo, che la corsa gli ha cambiato la vita e cantare blues lo fa sentire in pace.
Capita anche che gli dico che non amo i suoi vini e mi sfida a convincerlo della bontà dei miei gusti. Il locale non ha molte possibilità: provo con un Gattinara. È ancora troppo giovane e lo rovino a vita: “Tu bevi questa roba? Vuoi che perdo l’uso delle gengive per un mese?”.
Desisto. Poi, la sana presa per i fondelli per Rachida apre scenari impensabili.
– Guarda è una rompicoglioni incredibile. Esattamente come la vedi. Le parli e inizia a piangere e fare sceneggiate.
– Immagino, alla fine è un personaggio, dico dandomi un tono da critico televisivo.
Ma che personaggio e personaggio: è la moglie di mio cugino!”
Rido sonoramente. Ma lui rincalza.
– Dico Davvero! 15 anni fa si prese una, una… crush. Come si dice in italiano crush?” – Cotta, Joe, si dice cotta, rispondo convinto di essere in un mio sogno lynchano.
– Sì, una cotta per sta matta. Le piace cucinare e dopo tre anni che mi fa pressing le ho dovuto dare una chance”. Il bello è che a Cracco e Barbieri il suo piatto è pure piaciuto. Volevo suicidarmi!
– Mi prendi per i fondelli
– Non crederci, che mi frega.
– Quindi è anche un chiaro caso di raccomandazione?
– Ma se cerco di farla a pezzi continuamente!
Sul più bello lo raggiunge un po’ della compagnia al bancone, mi presenta sbrigativamente due persone, alza i tacchi e mi lascia lì a rimuginare su quanto accaduto. Ridono allegramente. Entro in paranoia.
Rimango solo, con almeno tre domande insolute che giro a voi:
1. Joe Bastianich si è accordato con qualcuno/a e mi ha sonoramente preso in giro?
2. Ama davvero e sinceramente le scarpe fosforescenti?
3. Questa intervista è mai stata effettuata?