Con il meglio del 2014 abbiamo un conto aperto. Dubito che non ve ne siate accorti, ma è di nuovo quel periodo dell’anno, e per non farci trovare impreparati ci siamo portati avanti con le classifiche. Insomma, vi abbiamo già detto le prime 15 cose incredibili che abbiamo mangiato nel 2014. E ora finalmente, archiviato il solito lamento del redattore frustrato (“la fine dell’anno prossimo sparisco, prendo un volo, non mi chiamate neanche perché ve lo dico, non rispondo”) siamo pronti con le altre 15.
Godetevi, street food e ristoranti stellati, pizza e gelati, vini e caffè, poi, al solito, abusate dei commenti per dirci le cose più incredibili che avete mangiato voi, quest’anno.
STREET FOOD
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1. Trapizzino con pollo alla cacciatora – Trapizzino/Stefano Callegari.
L’abuso di trapizzini (con predilezione per la versione con il pollo alla cacciatora) a Ponte Milvio, progettati e voluti mentre facevo la fila per assaggiare bocconi gourmet all’ultimo Taste of Roma.
Una fuga significativa.
Adriano Aiello
RISTORANTI STELLATI
2. Scampo in aspic di caviale – Le Chabichou.
In una scatolina di latta, con il logo del ristorante Le Chabichou, è contenuto un cibo che non sapevo ancora quanto mi si sarebbe impresso nella mente. Apri e c’è il caviale, ma lo strato è sottile e sotto trovi scampi crudi a cubetti e ancora più giù una crema di cavolfiori.
La cosa più buona di tutto erano i cavolfiori.
Rossella Neri
3. Cappasanta in tuorlo d’uovo disidratato con maionese d’albume al tonno – Tano passami l’olio.
Alla base c’é la mia passione per la maionese. Questo piatto é come se fosse un concentrato di maionese, non un eau de toilette annacquato, ma un eau de parfume denso e corposo che racchiude il quid, l’anima pura della maionese, sposata al tonno.
E poi c’é la cappasanta cotta che meglio non si potrebbe, con una leggera crosticina fuori e un cuore tenero di mare.
Carlotta Girola
ALTRI RISTORANTI
4. Rollè di anatra affumicato ripieno con prugne, salsa di fegato grasso e melograno – Marzapane.
Il piatto migliore di una cena eccellente (piatti creati per essere abbinati ai rum Zacapa). Elogio dell’equilibrio: ottima cottura della carne, avvolgente la crema di fegato grasso, pungente la nota acida del melograno.
Un piatto gourmet che ricordava sapori della tradizione, della domenica, un piatto confortante.
Luca Sessa
5. Scrippelle ‘mbusse – Il Pagliaio.
Avrei potuto scegliere l’anguilla alla brace di Maria Grazia Soncini, il dolce Fucsia di Gianluca Gorini, le tagliatelle al ragù di Irina Steccanella, la mortadella di mora romagnola Zivieri-Pasquini, ma scelgo, come piatto 2014, le scrippelle ‘mbusse di Tecla Didomenicantonio.
Le ho assaggiate nella sua trattoria Il Pagliaio a Cortino, in provincia di Teramo. Belle (non sono certo quelle della foto) da vedere, elegantemente appoggiate a semicerchio sul piatto e ammollate nella giusta quantità di brodo di gallina. Semplici, precise, nette.
Fatte dalle abilissime mani di Tecla, che a 80 anni è una delle cuoche più moderne d’Italia.
Martina Liverani
6. Pollo al mattone – Glen Ellen Star.
In estate, durante un viaggio in California, mi sono fermata nel ristorante della contea di Sonoma, vicino a San Francisco, che prometteva di cucinare tutte le portate del menu nel gigantesco forno a legna.
Si chiama Glen Ellen Star.
Il pollo al mattone era una meraviglia, addolcito dai fichi carnosi e dalla ricotta di un caseificio nei paraggi. Una vera corrispondenza di amorosi sensi tra la bellezza del luogo circondato dalle vigne e il sole della California.
Prisca Sacchetti
7. Caviale di baccalà – Trattoria Baccalà Divino.
Da Baccalà Divino a Mestre se ne fanno mandare un barile all’anno, il prodotto non è altrimenti commercializzato in Italia.
Il colore è arancione, il gusto salato; ma, mi dicono, dipende dal fabbricante e dagli ingredienti che usa per la macerazione, che avviene in botte, in Norvegia, con birra e spezie miste.
Rossella Neri
OLIO EXTRAVERGINE D’OLIVA
8. Monovarietale Drizzar, Garda Dop – Paolo Bonomelli.
Ecco anche “il bere”, che poi non é proprio bere.
Durante un viaggio sul Lago di Garda ho letteralmente bevuto un olio che non ho più scordato. Ero preoccupata per le tempistiche di una degustazione appena dopo colazione, invece ne é valsa decisamente la pena dell’olio post-cappuccino.
Tra naso e palato mi é letteralmente entrato nel cuore, anche se mia madre non capisce bene perché non lo usi anche per cucinare. Il Monovarietale Drizzar di Paolo Bonomelli é talmente buono che potrei berlo (lo dico perché l’ho già fatto).
Carlotta Girola
MIELE
9. Miele di corbezzolo – Licu Manias.
Sì, il miele, figurati. Roba per indisposti che contano i colpi di tosse mancati alla fine del supplizio.
Calma. Intanto è miele di corbezzolo, raro, rarissimo: tre mesi di fioritura all’anno sul lato sud del Gennargentu, in Sardegna. E indimenticabile perché amarissimo, con odore pungente di bruciato e caffè. Serve determinazione, quasi forza fisica per proseguire dopo il primo cucchiaino. I danni di troppi Millefiori.
Licu Manias poi, che personaggio! Credo continui a parlare con le api.
Massimo Bernardi
VINO
10. Barolo Monfortino 1978 – Giacomo Conterno.
Non amo chi sfoggia senza soluzioni di continuità foto e opinioni altisonanti di bevute epiche. Spesso si convince di condividere un entusiasmo non accorgendosi di investire gli altri di opulenza mal riposta. Sono figlio dei miei tempi, lo faccio anche io, ma nelle mie scorribande social preferisco postare foto di scoperte, sorprese o bevute da umani.
Qualche volta però riesco ad agganciare bottiglie mitiche, grazie alle circostanze più che alla mia cantina/possibilità. Certe bottiglie mi intimidiscono, temo mi possano deludere o di non avere i numeri per capirle.
Eppure quando mi sono inaspettatamente imbattuto nel leggendario Monfortino 1978, sarà che non era previsto, ma ho avuto l’illuminazione, l’effetto “Selling England by the Pound”, la quadratura del cerchio; la vita dentro un film di Michael Mann. Monfortino 1978 è leggenda: un vino che ti parla e che non finisce mai, che devi rispettare tacendo per un po’.
L’ho fotografato, ho scritto su whatsapp a Fabio Cagnetti, l’ho messo su Fb, ho scritto qualche riga mi sono sentito maldestro e ridondante e ho cancellato tutto.
Lo volevo solo per me. Almeno fino ad adesso.
Adriano Aiello
AGRITURISMI
11. Purè di fave con cicoria – Agriturismo da Marta.
Il classico segreto ben tenuto proprio di fronte alla Torre del Serpente in località Orte, nei pressi della magnifica Otranto.
Dimenticate gli agi dei ristoranti stellati, a prendersi la scena è la cucina sincera a base di verdura e legumi, con ottimi piatti di pasta, di nonna Marta (83 anni) o del suo aiutante Polpetto.
Destinato a restarmi dentro il robusto sapore terragno del purè di fave con la cicoria cotta al vapore.
Prisca Sacchetti
PIZZA
12. Pizza Margherita – Bar Pozzo.
Inaspettata margherita di provincia. Una scoperta: provincia spinta in mezzo alle valli, praticamente Italia ma più vicino a Lugano che a Milano, trovare una pizza decente è già un’impresa. Trovare una pizza napoletana è raro. Trovare una napoletana da annali è unico.
Talmente unico che la pizza del Bar Pozzo è un miraggio nel deserto.
Trattasi di Bar vero e proprio nello sperduto villaggio varesino di Arcisate. Da fuori non lo credereste, ma qui quest’anno ho scovato una pizza da Nobel. Locale senza pretese ma con la miglior “margherita” assaggiata, con San Marzano, fior di latte di Agerola, Parmigiano, basilico e olio.
Aria di Vesuvio all’estremo Nord!
Carlotta Girola
13. Pizza di Renato Bosco – Saporè.
Cercando Renato Bosco su Google si compie un atto significativo, si diventa consapevoli del perché il “pizzaricercatore” del Saporè di San Martino Buonalbergo (Verona) è senza tema di smentite il pizzaiolo del 2014. Ecco, voi cercate con calma, ne saprete di più su pizze classiche, alla romana, doppio crunch, al taglio, a metro, e degustazione.
Di mio aggiungo una cosa: non avrei mai pensato di mangiare una pizza burrata e prosciutto e di chiederne una seconda con il boccone ancora sotto i denti.
Prisca Sacchetti
GELATO
14. Gelato alla liquirizia – Otaleg.
Ho provato il gelato alla liquirizia. L’ho riprovato. Ancora. E ancora. Se Otaleg avesse abbassato la serranda in quel momento non sarei nemmeno andato a dormire per essere il primo della fila il giorno dopo. Oppure avrei deciso di non comprare mai più il gelato, di ammutinarmi per manifesta superiorità.
Una gelateria open. Tutto è fresco, espresso e a vista: dai frigoriferi al micro laboratorio dove sussiegosa sta una Cattabriga Mix 7 verticale, macchina meccanica che costringe il gelataio a orari da short sleeper, visto che inizia a fare il gelato prima dell’alba.
Ma solo lei e Marco Radicioni fanno una liquirizia così.
Massimo Bernardi
15. Santo Domingo Pacaduce Triple A – Torrefazione Giamaica di Gianni Frasi.
Per un vezzo, provate a dire “Gianni Frasi” a chi s’atteggia da capisciotti del caffè artigianale. Attenzione però, che se esperto lo è davvero potrebbe commuoversi.
Va così con il solista dei torrefattori italiani. Dal suo laboratorio da mad scientist, anche se alloggiato in grigio condominio anni ’70, sono uscite miscele capaci di aprirsi il mercato da sole, liberando spazi per nuovi torrefattori ossessionati come Frasi, dalla ricerca e dalla qualità.
Provate il gusto morbido della miscela Santo Domingo Pacaduce, selezionato a mano e poi lavato. Ma solo se siete disposti a rivedere l’idea di caffè che avete avuto sino a oggi.
Andrea Soban
[Crediti | Link: Dissapore]