Ecco come una cena può diventare una lotta all’ultimo sangue di bue. Sono al ristorante con un amico, lui ordina un brasato. Il piatto arriva e mangiandolo dice senza esitazioni: “ma questo è uno stracotto, non un brasato”. Lo guardo male, alzo il sopracciglio dell’occhio sinistro e comincio ad interrogarmi.
La verità è che la differenza non l’ho mai capita.
Ne discutiamo in loco senza trovare una vera soluzione, facendo ancora più confusione tra brasato, stracotto, gulash, stufato, umido, spezzatino e via così all’infinito. Attanagliata dal dubbio, torno a casa e mi rifugio nelle braccia di mamma internet, certa di trovare una degna spiegazione. Niente. I dubbi aumentano proporzionalmente alle pagine di google che scorro e leggo. Scopro le regole, le eccezioni che le confermano, gli “a modo mio” antenati dei “destrutturati”, le confusioni e le domande rimaste sospese nell’aria.
Anche sul brasato, dove ero certa d’essere ferrata, si cominciano a manifestare incertezze mai avute. Un po’ come quando si cerca di capire com’è un ristorante da Tripadvisor. Tutto è il contrario di tutto.
Ora, capisco che non è il classico argomento da colazione, ma aiutatemi a capire.
Brasato.
Metto insieme quello che so, le fonti scritte sui libri e alcune di quelle web. Sono pronta. Il brasato è un pezzo di carne di bue o manzo solitamente cucinato intero. Meglio un bel pezzo di carne con tutte le sue striature di grasso, altrimenti dicono, conviene lardellarlo. Per fare il brasato dobbiamo compiere due azioni. La prima: rosolare la carne nel grasso (olio, burro o quello che preferiamo). La seconda: aggiungere alla carne, dopo averla rosolata, un liquido caldo che la copra a filo, (brodo, vino, acqua, latte, dipende dalla ricetta). Il liquido deve appena sobbollire e se dovesse diminuire troppo, si deve aggiungere ancora liquido.
Alcuni dicono che il brasato vada fatto marinare per molte ore prima della cottura, altri che la carne debba essere tagliata a dadoni, altri ancora che il brasato si cuoce rigorosamente in forno, che brasato è solo quello al pomodoro.
Stracotto.
Molti lo usano come sinonimo di brasato, quindi per alcuni lo stracotto e il brasato sono la stessa cosa. Trovo su “La cucina nazionale italiana” (Ponte alle Grazie, 778 p. 39 €) questa definizione “Lo stracotto è, in linea di massima, carne brasata o stufata molto a lungo, fino quasi a disfarsi.”
La ricetta di Artusi del 1891 parla di un pezzo di carne lardellata e rosolata nel grasso, con l’aggiunta poi di sugo di pomodoro o conserva e specifica che “lo stracotto di vitella per condire la minestra di maccheroni o per fare un risotto col sugo, è d’uso comune nelle famiglie della borghesia fiorentina”.
Sul blog Fior di Sale leggo “La prima distinzione da fare è tra brasato e stracotto: nel primo caso si parla di tagli di manzo di qualità migliore, sempre avvolti o steccati internamente con lardo, fatti dapprima rosolare con verdure e quindi bagnati con vino rosso, pomodoro e brodo. Al termine della cottura la salsa non viene passata ma solo filtrata, addensata con farina o fecola. Con lo stracotto la lardellatura non è indispensabile, a patto che si lasci parte del grasso naturale attaccato alla parte magra. Alla rosolatura iniziale vanno aggiunti anche gli ortaggi, tagliati a cubetti piccoli o addirittura tritati. La cottura prosegue come per il brasato, ad eccezione della salsa di accompagnamento, che deve essere ottenuta passando il fondo di cottura al passaverdure.”
C’è chi invece parla di provenienza regionale: il brasato è definizione nordica, lo stracotto nome del centro Italia.
Sono ufficialmente confusa, chi mi aiuta? Qual è, se c’è, la differenza tra brasato e stracotto?
[Crediti | Link: Ponte alle Grazie, Fior di Sale. Immagine: Crepes of Wrath]