Sul magico incrocio tra arte, design e cucina ci riempiamo la bocca di belle parole. Di brutte anche (i bookmaker quotano subito “sinergie” e “fare sistema” usate regolarmente da chi non ha nulla da dire sulla presunta arte di vivere degli italiani ma vuole dirlo lo stesso). Poi, archiviati gli svolazzi poetici, diamo il peggio di noi litigando pubblicamente. Due stelle Michelin e 110 mila euro di debiti, Davide Scabin, lo chef del ristorante CombalZero, è ai ferri corti con il Castello di Rivoli.
All’inizio, nel 2002, erano rose e fiori. Il museo di arte contemporanea del castello di Rivoli, che –non serve dissimulare– è un sobborgo di Torino mica New York, aveva individuato nello chef una seduzione in più, e nel ristorante, aperto nell’ala di fronte alla Manica Lunga del Castello, una forma di moderno adescamento per turisti recalcitranti. Bella mossa per l’ex residenza sabauda dichiarata dall’Unesco patrimonio dell’umanità, restaurata e riaperta nel 1984. Del resto Scabin era e resta uno tra gli chef più talentuosi del pianeta, di quelli che possono cambiare gli scenari della cucina.
Ma l’idillio dura poco, iniziano le recriminazioni e le accuse reciproche, curiosamente sempre a mezzo stampa.
In virtù di un vantaggioso contratto siglato nel 2002 Scabin deve pagare un affitto, diciamo meglio, un forfait annuale di 55.000 euro per ripagare il Museo delle spese di gestione, di manutenzione e per le utenze del locale.
Ma a marzo del 2011, alle prese con i suoi guai di bilancio, gli amministratori del Castello giudicano “incomprensibile e al limite dello scandaloso” il contratto da loro stessi proposto allo chef, a cui chiedono di pagare suonando la grancassa dei giornali almeno le utenze. Mica bazzeccole, 50mila euro nel solo 2010.
La situazione precipita. Lo chef smette di pagare anche i 55 mila euro annui, tanto che ieri il presidente del museo è sbottato con La Stampa: “Sono due anni che non ci restituisce i rimborsi spese, non si può andare avanti così“. Milena Pozzi, socia di Scabin e anima del locale, giustifica la decisione con gli infiniti lavori di ristrutturazione che nascondono l’ingresso e costringono i clienti ad entrare dal retro, destreggiandosi tra le reti arancioni poco in sintonia con clima raffinato del locale.
Ora il museo vuole assolutamente rivedere il contratto secondo canoni di mercato più consoni, e si dice disposto a trattare con il ristorante un piano di rientro, mentre, lo sanno anche i sassi, Scabin cerca da tempo una nuova casa per il Combal.Zero, che potrebbe trovare a Eataly Milano, la cui apertura è prevista entro l’anno.
Ecco qua, le storie sul magico incrocio tra arte, design e cucina, quelle di cui ci riempiamo la bocca largheggiando in urla di gioia da pre crisi isterica sono queste. A voler essere pratici.
[Crediti | Link: Dissapore, La Stampa. Immagine: Pocketfork]