Dentro Expo 2015 bisogna scegliere cosa fare e vedere, altrimenti si rischia di girare a vuoto come galline impazzite e non riuscire a godersi nulla. Con questo diktat di programmazione forzosa, ieri ho deciso di interrompere la mia corsa forsennata al “tutto-subito” e mi sono concessa la parentesi del pranzo numero 1 di Massimo Bottura per Identità Expo.
Non sapevo bene come vestirmi, nei giorni precedenti mi ero chiesta se è davvero possibile essere mediamente eleganti all’interno di una fiera e la risposta è sì, ma con la deroga imprescindibile della scarpa casual. Al contrario tutta la vostra giornata assumerebbe toni disumani. [related_posts]
Il pranzo è iniziato, e finito, con notevole ritardo rispetto alla tabella di marcia, e la colpa come sempre è di Renzi, Napolitano e pure del Papa, quindi a fare polemica non mi azzardo.
In attesa dello chef, sulla terrazza di Identità, si beve un aperitivo.
Ma non uno Spritz normale ovviamente, che vi credete.
La ricetta prevede Bitter Campari, Spumante metodo classico, aranciata amara, succo di lime, fava di tonda tonka, zenzero fresco e un pizzico di aceto balsamico. Quest’ultimo è più un vezzo di omaggio allo chef che ancora non si vede, ma in bocca non l’ho proprio ritrovato.
Bottura non si vede, sui social mi riaggiorno e vede che in effetti ha da fare con la cerimonia di inaugurazione. Che fare quindi, mentre i morsi della fame mi attanagliano? Ho già fatto un sacco di chilometri, mi serve uno spuntino.
Scendo al piano terra, dove c’è la cucina e incontro Andrea Ribaldone, chef del Ristorante I Due Buoi ad Alessandria. Sarà lui a cucinare tutti i martedì e mercoledì per Identità Expo. Potremmo dire che qui è il resident chef, e anche lui aspetta la star.
Sono una donna smarrita, con una fame atavica, una macchina fotografica che pesa quasi quanto me e delle scarpe comode (almeno quelle). Mi affaccio in cucina per vedere meglio la brigata. Mosso a pietà, Ribaldone mi sorride e poi mi offre un po’ del pane che hanno preparato i “suoi” detenuti di Alessandria.
Una delizia, come un miraggio nel deserto. In cucina sono in 14: 7 della squadra Ribaldono e altri 7 vengono dall’Osteria Francescana di Massimo Bottura.
Risalgo in terrazza, nel frattempo, mentre cercavo di non morire di fame sono passate le frecce tricolori. Le ho sentito, ma ho fatto in tempo solo a vedere residui di nebbiolina colorata.
Qui sopra “impazza” la musica lounge, pare di essere al Cafè del Mar di Ibiza, se non fosse per la temperatura. Gente splendida che ostenta nonchalance, ma che ha tanta fame, io lo so.
E poi, come una furia, arriva Bottura.
Ha in testa un cappellino thailandese, si muove più veloce di un iguana, non riesco nemmeno a posare il mio Spritz rivisitato e imbracciare la macchina fotografica che ha già intorno un nugolo di fan impazziti. Selfie, foto, domande: altro che Renzi e codazzone triste.
La vera star di Expo è lui, non c’è dubbio.
Da qui a mangiare ancora ce ne corre. Una tortura. Lo staff si muove affaccendato e io trovo il tavolino con il mio numero assegnato: ormai ci conoscono, quelli di Identità Expo.
Sanno che faremo foto ai piatti come se ne fanno alla Gioconda al Louvre, quindi ci hanno dotato di luce da tavolo per facilitarci il compito.
Si inizia con i Tagliolini primavera in astratto.
E “primavera” non a caso. La sensazione è fresca e piacevole, pare di stare coi piedi nudi a camminare sul prato, e intanto in bocca c’è tutto quello che ti puoi aspettare dalla primavera che sboccia. In realtà, ovviamente, non è un piatto spontaneo, ma studiato e cesellato al millimetro.
Sotto c’è una crema di piselli, fave e asparagi realizzata con tecnica giapponese (passati al setaccio, messi sottovuoto e cotti nel loro succo e poi passati. Poi ci si aggiunge l’albume e si cuoce a vapore nel forno).
Sopra si ritrovano gli stessi ingredienti marinati in oli essenziali e appena scoccati (sono croccanti).
Poi il tutto viene innaffiato da un miso di tagliolini filtrato e reso limpido. In pratica il tagliolino non c’è, si è trasformato durante la fermentazione e ne è rimasta l’essenza.
Bottura arriva in sala e spiega per filo e per segno cosa c’è nel piatto e come gustarlo al meglio.
E, visto che fermo non ci sa stare mai, mima tutto, così si capisce meglio.
Arrivano i Tortellini in brodo di tutto.
Anche in questo caso il filo rosso è il non buttare via niente. E sappiate che dei vostri avanzi di cucina, preziosissime potrebbero diventare le bucce di patata e topinambur per fare il brodo come lo fa Bottura.
I tortellini, ci racconta lui uscito di nuovo tra i commensali, li hanno chiusi a mano i suoi ragazzi durante le pause all’Osteria Francescana.
Forse non è la miglior cosa da dire il primo di maggio, ma la Camusso in questo momento si trova su un altro palco, e io i tortellini me li godo. La pasta non è sottile, anzi piuttosto grossolana, e il sapore del piatto è deciso, decisamente più forte del tagliolino in astratto.
Per precisione riporto il nome per intero del piatto: “Beautiful sonic disco of love and hate at the gate of hell painting with wicked pools of glorious color and psychedelic spin-painted cotechino, not flame grilled“.
Il vostro compito è trovare le plurime citazioni, i rimandi, le strizzate d’occhio all’arte e alla musica.
Il mio compito è riportare qui le impressioni forti di questo piatto: un cotechino che si scioglie in bocca, mentre la cenere che lo avvolge (e lo fa assomigliare ad un maki giapponese) scricchiola sotto i denti.
E poi il dolce, Il Pane è oro, quello che verrà servito anche al Refettorio Ambrosiano nei prossimi mesi.
Pane e latte, come si faceva da bambini con quello che restava in casa: qui le consistenze non sono da zuppona come lo faceva mia nonna, ma croccanti e poi morbide e avvolgenti come il gelato. Talmente semplice da risultare confortevole, nonostante sia la cosa che meno mi ha convinta.
Se immaginate di ritrovare i sapori di quando eravate bambini, dimenticatelo. Questo sapore non è il pane e latte che mi ricordavo, ma è comunque una carezzina dolce. Nulla di indimenticabile, però.
Non ho aspettato il caffè (erano le 4 ormai) e mi sono ributtata dentro i padiglioni. Mi sono fatta venire le fiacche ai piedi, sono stanca e recupererò energie solo tra una settimana, ma il pranzo dell’Osteria Francescana in trasferta era da provare. Non so se Bottura riuscirà a “nutrire il pianeta”, ma almeno ci sta provando con stile.
[Crediti | Link: Dissapore, Radio Gold, immagini: Carlotta Girola]