La settimana scorsa Buzzfeed ha pubblicato una delle sue famigerate liste sui locali più antichi di mezzo mondo, e sugli aneddoti per cui sono passati alla storia. Il locale preferito di Hemingway a Barcellona, il locale più vecchio di Siviglia che prima era un convento, eccetera.
Ora, mica per cercare il pelo nell’uovo al sito americano, ma tocca fare un piccolo appunto: pare infatti che il locale più vecchio d’Italia non sia Al brindisi di Ferrara, che pure si difende bene in termini d’età: è stato fondato nel 1435.
No, stando alla beneamata Guida dei locali Storici d’Italia (a proposito, lo sapevate che può essere ritirata gratuitamente presso la sede dell’associazione dei Locali Storici?) ci sono almeno nove locali che precedono, e anche di parecchio, Al Brindisi.
1. Oste Scuro, Bressanone
Partiamo dal 1200. In quell’anno, o almeno così pare, apre i battenti il Ristorante Oste Scuro Finsterwirt di Bressanone, che però si guadagnerà il nome curioso con cui è conosciuto ancora oggi solo nel 1743.
Rinomato all’epoca per i suoi vini alla mescita, doveva interrompere il servizio e spegnere le luci al tramonto, per non disturbare le preghiere del vicino Duomo, ecco dunque perché “oste scuro”.
2. Bagutto, Milano
C’è poi l’atto notarile del 1284 (qui non sussiste dubbio alcuno!) che testimonia l’attività della taverna Bagutto di Milano. Il nome ci suggerisce il livello della clientela che all’epoca ne affollava i locali: bagutto in lombardo significava ingordo, bagordo.
Ha cambiato molti nomi nei secoli, diventando “Hostaria dei gamberi” nel 1400, “Hostaria de Quattro Marie alla Canova” nel 1580, e poi “Luogo Pio delle Quattro Marie” lungo il Settecento. Ora ha recuperato il suo nome originario, insieme all’aspetto di antica cascina. Secondo la leggenda Napoleone vi sostò nel 1807, quando nominò Duca di Lodi Francesco Melzi d’Eril.
3. Osteria Ca’ de Bezzi, Bolzano
È una tra le più antiche osterie d’Italia, e forse d’Europa, il Caffè Ristorante Osteria Ca’ de Bezzi, un tempo desco dell’Ordine dei Cavalieri teutonici e poi, per secoli, cenacolo di intellettuali, artisti e politici.
Frequentata dal Duca della Bavaria e da Sigmund Freud, conserva l’edificio originale su tre piani, la stube degli artisti, la raccolta di ritratti iniziata nel 1889 che non è andata persa durante i bombardamenti di Bolzano nella seconda guerra mondiale. Dal 2012, ai piatti della gastronomia sudtirolese si possono abbinare i prodotti del nuovo birrificio.
4. Antica Locanda Mincio, Borghetto
Che Napoleone fosse un gourmand ante litteram? Il dubbio sorge, soprattutto a leggere le cronache delle locande presso cui soggiornava nei suoi numerosi viaggi. E’ appunto il caso dell’Antica Locanda Mincio, da cui “il Mediatore” passò nel 1796, allora come comandante dell’Armata d’Italia, mentre cacciava gli austriaci al di là del Mincio.
Menzionata come taverna già nel 1407 nel contratto di vendita del “Feudo di Borghetto” al nobile veneto Contarini, fu poi confine tra Impero austro-ungarico e Repubblica veneta. Dettaglio più prosaico: nella locanda di Valeggio sul Mincio Luchino Visconti girò gli esterni delle battaglie del suo capolavoro “Senso”.
Al Brindisi, Ferrara
E finalmente arriviamo Al Brindisi di Ferrara, casus belli di questo post. Secondo la lista stilata dal Guinness dei primati è la più antica osteria del mondo, è stato questo, forse, a trarre in inganno Buzzfeed, pare che nel 1100 fosse la “mensa” degli operai che lavoravano all’edificazione della vicina Cattedrale.
Nota come “Hostaria del Chiuchiolino” (da “chiù”, ubriaco), venne frequentata da Cellini, Tiziano Vecelio e Tasso. Ariosto la ricorda nella commedia “La Lena”; Copernico, che si laureò all’Università di Ferrara, ne abitava le salette al primo piano.
Bonus: Torino. Infine una palese partigianeria. Dico, come si può parlare di locali nazionali senza pensare alla città da cui partita l’idea di Nazione? Torino. Come non nominare Al Cambio, di cui abbiamo parlato recentemente e non solo per lo storico vitello tonnato. Al Bicerin, classe 1763. E poi, per il ruolo di bussola del popolo al caffè Fiorio.
Si dice che Carlo Alberto di Savoia, ogni mattina, prima di prendere importanti decisioni sulle questioni di Stato, chiedesse ai suoi consiglieri “Che si dice al Fiorio?”. E stupisce poco, giacché ai suoi tavoli sedevano d’abitudine intellettuali del calibro di Prati, Collegno, Balbo, Lisio e Santarosa.
[Crediti | Link: Buzz Feed, Locali storici, Dissapore. Immagini: Flickr/Conte Mascetti, Flickr/Mauro Gardella]