A botta calda l’intervista a Gualtiero Marchesi di questi giorni sembra una sbrodolata senza argini di un signore che, sì, la sa lunga, ma che conosce a malapena la modestia (che resta un’arte dei signori). D’altra parte si parla di Lui, per quanto in tema di interviste incredibili sia recidivo, quindi bisogna stare attenti a dosare le parole e le espressioni devono farsi più color pastello, ove possibile patinate con una buona dose di fogliami dorati e spighe di grano, perché Gualtiero Marchesi è Gualtiero Marchesi.
Qualcuno di mediamente più eretico ha accennato anche ad una sorta di demenza senile, ma non ci credo proprio: l’ho visto di recente e tutto mi è sembrato fuorché un nonnetto con un principio di Alzheimer.
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No, caro Gualtiero, il fatto è che tu la sai lunga, molto più lunga di tanti colleghi e discepoli più giovani ma meno scafati. Tu sì che ci sai fare con la comunicazione finta low-profile in stile ti rispondo quello che mi passa per la testa in quel momento come se fosse una performance d’arte contemporanea, ma che in realtà è ben orchestrata.
Il fine ultimo, per uno che di interviste ne ha fatte tante nella sua vita, è quello di sfruttare a suo piacimento la presenza del giornalista di turno, che diventa plastilina nelle sue mani e, abbagliato dalla fama di Dio della cucina sceso in terra, raggiunge lo scopo finale di far clamore.
Come? Sparando una raffica di risposte ben assestate, talmente tante che noi poveri giornalisti non sappiamo più quale sia la più clamorosa. Odio i clienti ignoranti, la cucina non è per tutti? Lopriore che è il migliore dei miei allievi? (dove stanno Cracco e Oldani nella sua classifica?) I voli pindarici sulla musica e l’arte? (che sia più di uno chef è conclamato, ma che se lo dica da solo, ammettiamolo, fa sorridere.)
E poi “siamo il Paese del tutto un po’ stracotto”. È a quel punto della lettura dell’intervista che ho capito che Gualtiero non ci è, ma ci fa! La mia teoria sulla strumentalizzazione della giornalista ignara, sfruttata per veicolare messaggi che faranno parlare di Marchesi, diventa più palpabile. Sì, ne sono quasi certa.
Altra conferma arriva quando Marchesi dà prova di una totale mancanza di diplomazia mediatica dichiarando che ha mangiato da Cracco un paio di volte, ma mica si ricorda cosa ha mangiato. Ecco no, questo non si fa, ci arriverebbe anche un bambino.
Ma lui, con una certa smania di provocazione a tutti i costi, qui fa volutamente esondare l’ego e alla gente cade la mascella davanti all’articolo. Come quando, per mettere un po’ di pepe anche per gli irriducibili del datato connubio tra cibo ed eros spara un “a tavola sono un goloso, come a letto”. Insomma, cose che non ti aspetteresti da un pluriottantenne.
Marchesi, insomma, ha sparato grosso anche stavolta ma la ricerca dello scandalo da condividere in modo virale non sembra riuscito come al solito.
Forse perchè ne ha dette talmente tante che non si sa più su cosa puntare. Io scriverei un post solo sul sogno di aprire una casa di riposo per chef anziani. C’è del materiale: ve li immaginate Adrià e compagni a giocare a tombola coi fagioli?
PS. Talemente mirabolanti le dichiarazioni di Marchesi al Giornale che andavano raccolte per essere consultate con più comodità. Ecco le migliori, quale preferite?
– Io ormai non faccio più il cuoco, ma il compositore. I miei piatti sono idee, come il mio riso e oro: perché dovrei smettere di farlo?
– Alla festa per i miei ottant’anni ho mangiato da Cracco. Come ho mangiato? Non mi ricordo.
– Gli chef prestati alla tv fanno male perché illudono che la cucina sia quella. Ma la cucina è una scienza.
– Il più bravo dei suoi allievi è Paolo Lopriore. Ora lavora al Grand Hotel di Como. È straordinario, un vero artista.
– Se ce l’ho ancora con le guide? Ora tutti discutono, sui blog, su tripadvisor… Forse erano meglio le guide
– A tavola sono un tipo goloso, come a letto
– Ho un sogno nel cassetto, creare una casa di riposo per cuochi, a Colorno
– Mi sento molto Bach. Poi nei miei piatti c’è tanta ispirazione giapponese, e dal mondo dell’arte. Pistoletto, Burri, Pollock.
– I clienti peggiori sono gli ignoranti. Dice Toulouse Lautrec che la cucina non è destinata agli incivili, ai rozzi e ai filistei. (Risposta stizzita di Filippo Mantia, chef molto noto).
– Dei talent mi è capitato di vedere qualcosa: un piatto vergognoso, e tutti a dire che buono che buono. Impossibile per me.
[Crediti | Link: Il Giornale, Dissapore, Dagospia. Immagine Gualtiero Marchesi: Travel News]