Se un’immagine parla più di mille parole, quella sopra sottolinea senza se e senza ma le differenze tra i due Chiesa. Giorgio, il padre, patron del ristorante Delle Antiche Contrade di Cuneo, emblema del locale borghese e rassicurante che piace alla guida Michelin, non a caso insignito di una stella (qui una recensione recente), e Cristopher, il figlio, ultrasinistra studentesca, velleità rivoluzionarie e accento strascicato “alla Lorenzo”, l’eterno ripetente di Corrado Guzzanti.
Figlio barricadero e padre borghese contrapposti nell’eterna dialettica dello scontro generazionale: sembra una riedizione di Father & Son di Cat Stevens con gli ingredienti giusti per una storia ad alto tasso mediatico. Vediamo i fatti.
Mercoledì 14 novembre, dopo gli scontri durante la manifestazione studentesca sul Lungotevere, finiscono agli arresti otto studenti: tra loro c’è Christopher Chiesa, accusato di «resistenza e violenza pluriaggravata». Dopo due giorni, il venerdì, vengono rilasciati.
Domenica 19 novembre, mattino. Giorgio scrive una lettera al Giornale – che finisce in prima pagina – dove critica la scelta del gip di scarcerare i ragazzi: «Dal punto di vista educativo meglio tenerli agli arresti domiciliari». Nessuna indulgenza per Christopher: «Mio figlio studia scienze politiche a Roma, mi contesta, fa il comunista, ma abita a spese mie una casa di Monte Mario, mica di Centocelle. Io gestisco alberghi e ristoranti, di lavoro ne avrebbe se volesse. Ma lui vive molto meglio di tanti poliziotti che sono stati aggrediti negli scontri…».
Domenica 19 novembre, pomeriggio. Non pago, Giorgio va a rincarare la dose di moralismi anche in favore di telecamera, nel pomeriggio di Barbara D’Urso, voce afflitta e lacrima facile.
Lunedi 20 novembre. Cristopher non ci sta. Dalle parole che rilascia al Corriere della Sera viene fuori un padre diverso. Separato, risposato e forse poco presente nella vita del figli: «Papà non si è mai interessato a me, adesso vuole recuperare e si mette a sparare sentenze». Christopher si difende dall’accusa di essere un violento: «la violenza ce l’avevo in casa quando lo andavo a trovare, usava la cinta per insegnarmi l’educazione: la violenza è lui».
Una guerra privata in piena regola, Giorgio che prende le distanze dal mondo dei genitori piagnoni pronti a giustificare il pargolo purchessia, Cristopher che ne rinnega valori, compreso il lavoro nel ristorante di famiglia, ma fa la rivoluzione con i soldi del padre, che gli paga casa a Monte Mario.
Come se un background familiare di benessere, ristorante stellato o meno, debba per forza rendere ipocrita una scelta di adesione e lotta a sinistra.
[Crediti | Link: Il cucchiaio, Il Giornale, Corriere.it. Immagini: Le Soste, Corriere della Sera]