Poi dicono che i giovani vogliono fare tutti gli chef. Come dar loro torto se la categoria top chef gigioneggia e si diverte a suon di “giochi di ruolo” (con scambio cucine a migliaia di chilometri di distanza)?
Sembrano trottole impazzite e invece sono i grandi chef, quelli grandi per davvero, che ogni anno scombinano le carte sul tavolo per giocare al gioco di Gelinaz Shuffle, che vede 37 nomi al top della cucina mondiale occupare la cucina dei colleghi (magari dall’altra parte del mondo) per stupire i commensali che non sanno nemmeno chi cucinerà per loro.
Lo scorso 9 luglio, come ormai da copione, è successo di nuovo: i super chef sono saliti sugli aerei per andare a occupare la cucina degli altri, tutti in rigoroso silenzio stampa perché il gioco del Gelinaz sta appunto nell’effetto sorpresa.
In questo scompiglio organizzato accade questo (tra le altre cose): Massimo Bottura ha cucinato al Momofuku Ko di New York al posto di Sean Gray, René Redzepi al Nahm di Bangkok al posto di David Thompson, Albert Adria a La Grenouillere di Montreuil al posto di Alexandre Gauthier.
Ma nel frattempo succedeva anche che all’Osteria Francescana di Modena spadellasse Sean Brock dell’Husk di Charleston, oppure che il Maestro Alain Ducasse prendesse le redini del Lido84 di Gardone Riviera al posto di Riccardo Camanini.
Sì, tutto bellissimo, ma come ci si organizza per una trasferta così impegnativa? E soprattutto, cosa si cucina per metterci del proprio, ma anche per rendere omaggio alla terra che ti ospita?
Le risposte si trovano nell’intervista di Sierra Tishgart per Grub Street al numero 2 della classifica 50 Best Restaurants, l’ambasciatore italiano (della cucina, ma ormai pure d’altro) Massimo Bottura.
Ricapitolando: si sposta solo lo chef, mentre l’intera brigata resta a presidiare la postazione di casa. Nello specifico gli oltre 40 ragazzi di Bottura sono rimasti a Modena per dare una mano a Sean Brock in cucina.
Dubbio amletico: Bottura si dice felicissimo, estasiato, evviva-evviva, ma io mi domando: gli chef non soffrono di gelosia per il proprio sifone? Non appartengono a quella categoria umana con l’ansia al pensiero che qualcuno rompa un piatto a casa sua?
Una foto pubblicata da Ellen (@ellenost) in data:
Comunque, andiamo al sodo: cosa ha cucinato Bottura? Lo vediamo nelle belle immagini di Ellen Nost, parte dello staff di Momofuku Ko
Per primo, tanto per iniziare bene, con lo sfondo di un’opera di Fontana di un giallo acceso, ecco una mezza forma di Parmigiano Reggiano con dell’aceto balsamico tradizionale di Modena (va beh, certo, non uno a caso, ma l’aceto che lo scorso anno ha vinto la medaglia d’oro come miglior balsamico in tutto il mondo).
Una foto pubblicata da Ellen (@ellenost) in data:
Insieme ha servito un Campari al pompelmo rosa caldo e freddo: sul fondo è una granita ghiacciata, mentre in superficie è una spuma calda.
I fortunelli seduti ai tavoli del Momofuku Ko di New York si saranno chiesti se il primo piatto fosse un dessert o un antipasto: un cucchiaio di crema pasticcera con un brodo molto concentrato, e una salsa di burro affumicato e mais croccante con aggiunta di vaniglia.
(Forse qualche fortunello tra di voi lo ha anche assaggiato lo scorso 4 luglio quando è stato preparato per il giorno dell’indipendenza alla James Beard Foundation, nel ristorante Expo-americano in Galleria a Milano).
Poi la pasta, ovviamente. Bottura è partito da un classico della cucina romana, la carbonara, ma poi manco a dirlo ci ha messo del suo: il piatto si chiama “Da Napoli a New York, passando per Hokkaido” (il suo omaggio a David Chang, lo chef di origini coreane padrone di casa).
Una foto pubblicata da Ellen (@ellenost) in data:
Come fare una carbonara citando tre città, ma non quella giusta?
Bisogna solo entrare nella testa di Bottura, e poi tutto pare semplice: da Napoli si prende l’aglio e il peperoncino per un classicone; poi però a NY il guanciale non ce l’avevano, quindi si ricostruisce il sapore affumicato aprendo vongole e affumicandole; e alla fine arriviamo a Hokkaido con il riccio di mare che viene appena scottato a fuoco lento come si fa con l’uovo della carbonara.
Segue la sua celebre lasagna croccante con qualche rivisitazione alla Chang (l’aggiunta del midollo e del kimchi nel ragù).
Lamb @the_gelinaz @momolongplay Ko #Gelinaz #gelinazshuffle #massimobottura
Una foto pubblicata da Ellen (@ellenost) in data:
E poi il piatto ormai classico “Beautiful Sonic Disco of Love and Hate at the Gate of Hell Painting With Wicked Pools of Glorious Color and Psychedelic Spin-Painted Lamb, Not Flame Grilled” cucinato con l’agnello del Colorado.
A seguire ecco una versione molto personale e modenese della Caesar Salad, con erbe, germogli, uova, parmigiano croccante.
NEL FRATTEMPO IN UN’ALTRA PARTE DEL MONDO (A MODENA…)
E’ lunedì e Sean Brock dall’umida Charleston in South Carolina sbarca in terra modenese, altrettanto calda e umidiccia. Per pochissimo, ma Brock e Bottura riescono a incontrarsi e salutarsi: un passaggio di testimone veloce, ma sentito. Poi per quattro giorni ha tenuto la testa bassa e ha lavorato al proprio menu.
A tallonarlo da vicino c’è tutto lo staff della Francescana, col quale si crea da subito un feeling speciale, e c’è anche la “nostra” Martina Liverani, ambassador per Gelinaz alla Francescana.
Lo chef viene guidato in un tour intensivo dei luoghi e dei prodotti (visto che è partito da solo e senza ingredienti, come tutti gli altri chef che giocano al Gelinaz Shuffle).
Lo portano in città, al mercato, in macelleria, da un produttore di Parmigiano Reggiano e pure nel regno dell’aceto balsamico (e ci dicono che si sia mortalmente invaghito del tradizionale). Si innamora (e come dargli torto) anche del culatello degli Spigaroli.
Durante questi 4 giorni, Martina aggiorna il blog dell’evento, senza poter svelare il nome dello chef e ci racconta: “non era facile, anche perché volevo documentare con delle foto l’esperienza di Sean senza che si intuisse chi fosse, ma il grande (e bellissimo) tatuaggio con gli ortaggi che ha sull’avambraccio lo rendeva decisamente riconoscibile. Ho dovuto fare i salti mortali.”
E dopo questa full immersion, Sean Broke si rimette il suo cappellino e inizia a cucinare in Francescana. Ne viene fuori un menu da 8 portate, a detta di chi c’era davvero interessante. Tra i più apprezzati c’erano: pomodori verdi fritti con conserva di chily, shrimp & grits (una sorta di polenta e gamberetti)…
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Poi c’è anche un’ostrica arrosto (tutti piatti tipici del Sud degli Stati Uniti). E poi qualche omaggio alle nostre latitudini: il Culatello naturalmente, ma anche del manzo grigliato con crema di levistico, orali e cipolle, e il dessert composto con fichi, cioccolato, carbone e aceto balsamico.
Per chi fosse interessato a saperne di più sull’edizione 2015 di Gelinaz Shuffle, ecco tutti i cambi di ristorante dei 37 top chef.