Disclaimer: io e Vittoria Bortolazzo, che più che “avere” è il Gelato Giusto, siamo amiche. Non amiche come i giornalisti gastronomici che chiamano gli chef con il nome proprio, eh. Siamo proprio amiche-amiche: usciamo insieme a bere e parliamo male degli uomini (non indiscriminatamente). Questo forse non fa di me la persona più indicata per una recensione della sua gelateria, il Gelato Giusto, in via San Gregorio 17 a Milano.
A mia discolpa, posso dire che la ragione per cui siamo diventate amiche ha a che fare con il suo gelato. A quanto pare, c’è un quantitativo massimo di gelato che uno può mangiare in uno stesso posto prima che la gelataia acquisisca una certa familiarità con il suo volto. Vado spesso dal Gelato Giusto perché è il gelato più buono di Milano. Ecco, l’ho detto. Se ci andrete dopo questa recensione e deciderete che non vi è piaciuto, vi ridò i soldi. Ok?
No, non lo farò. Voi andate, comunque.
Vittoria e io (ora smetto di parlare di me, lo giuro) abbiamo la compatibilità che hanno a volte le persone radicalmente differenti. Tanto io sono pasticciona, quanto lei è perfezionista. Tanto io sono procrastinatrice, quanto lei è una lavoratrice indefessa. Vittoria va in laboratorio alle cinque ogni mattina – si sveglia due ore dopo a quando io sono andata a dormire. Lavora 6 giorni la settimana, 12 ore al giorno: piuttosto che accorpare le feste comandate, per un netto aumento del Pil il governo dovrebbe puntare a clonare Vittoria.
Un’altra cosa bella di Vittoria è la – relativa – assenza di romanticismo rispetto al suo lavoro. Quando le ho chiesto perché avesse aperto una gelateria (nel 2009, a 22 anni! Da sola!), non ha detto: “Il gelato è poesia, il gelato è una scia di emozioni sempre nuove che vanno da me a te passando per la panna fresca”, bensì mi ha prosaicamente informato che, tra gli ambiti della pasticceria, il gelato era l’unica cosa che le consentiva di fare quasi tutta la produzione da sola. Ha senso.
Ecco, appunto: la produzione. Nei giorni di picco (“Ma quando esce questo post? A volte quando esce qualcosa nei giorni successivi viene più gente, ho paura di non starci dietro con la produzione!”) Vittoria prepara – e vende, perché il gelato dopo 24 ore “si sgonfia” e “si ossida” – anche 100 chili di gelato. Circa il doppio del suo peso – il che mi pensare a quelle formichine che trascinano enormi briciole.
È ovviamente, molto scrupolosa con la materia prima: latte di alta qualità di provenienza italiana, panna fresca intera, frutta biologica, cioccolato Domori, pistacchio di Bronte, noce di Sorrento, eccetera eccetera. Ma il suo vero talento è quello di pasticciera: il gelato è una questione di chimica, e creare gelati equilibrati, né dolci né grassi, eppure deliziosamente cremosi, richiede talento e precisione certosina.
I gusti sono pochi: 6 fissi, e un’altra decina a rotazione. Le creme: in questo periodo ci sono fiordilatte, stracciatella, crema, fior di basilico (mangiare, mangiare subito senza esitare), yogurt, Macadamia Nut Brittle (una sorta di tributo/parodia del gusto Häagen-Dazs, buonissimo e divertente), Pistacchio e Amarena, Pistacchio di Bronte, Nocciola Tonda gentile delle langhe IGP e Cioccolato. Tra i capisaldi, il sorbetto al cioccolato: niente latte né panna, la sensazione di cremosità si ottiene solo con il burro di cacao.
I gusti di frutta hanno il sapore che avrebbe la frutta se fosse buona già com’è in natura (sappiamo tutti che, purtroppo, non è così): adesso trovate limone, melone, frutti di bosco, frutto della passione.
[Crediti | Immagini: Pietro Baroni]