Ogni 4 anni il popolo italiano si trasforma nella più alta concentrazione umana di commissari tecnici della nazionale. Nei restanti tre anni, durante la stagione calda, il suddetto popolo trova la sua più alta espressione come massimo esperto mondiale di gelato.
Sarà per questo che tutte le testate (stampa generalista compresa), si buttano a pesce sul tema impartendo lezioni di gelato, anche ove non richieste.
In questi giorni, ad esempio, circola il decalogo de La Stampa su come scegliere un buon gelato.
E siccome non ci sono direttive precise, nemmeno su cos’è e cosa non è il gelato artigianale (anche se Grom non fa più parte della categoria), le testate stilano comandamenti di orientamento delle masse che hanno perso la bussola. Li vedi smarriti davanti alla gelateria in attesa dell’illuminazione definitiva mentre consultano via smartphone il nuovo decalogo riaggiornato del buon gelato.
Ci sarà da fidarsi? Le dieci regole saranno inappuntabili?
Noi che in redazione l’esperto vero ce lo abbiamo e si chiama Andrea Soban, abbiamo chiesto a lui di rivedere punto per punto le dieci regole, di fare un po’ le pulci e di commentarle con un grado di approssimazione decisamente minore.
Così, giusto per vedere se fidarsi o metterci un po’ del nostro.
1. LEGGETE LA LISTA DEGLI INGREDIENTI
“Se ci sono numeri invece che parole e se sembra il bugiardino di una medicina, optate per una spremuta”
– d’accordo in parte
Visto che entrare in laboratorio non si può, l’unico vero sistema per capire cosa usi il gelatiere è in effetti quello di consultare la lista degli ingredienti, che dev’essere sempre disponibile (lo dice la legge!) e indicare in caratteri riconoscibili gli allergeni presenti.
La presenza di numeri e sigle al posto dei nomi non è per forza sinonimo di un gelato di basso livello, quindi la regola non è assoluta. Potremmo, ad esempio, scrivere E410 per indicare la farina di semi di carrube o altri numeri e sigle per addensanti, gelificanti (pectina, tara, guar, ecc), antiossidanti, emulsionanti e così via.
La vera verità è che le sigle bisognerebbe saperle leggere (o almeno che fossero spiegate ai comuni mortali nella stessa lista ingredienti).
2. POZZETTI
“Per essere buono un gelato deve essere conservato nei pozzetti, non dev’essere gonfio né esposto in montagne incorruttibili di spuma colorata”
– d’accordo in parte
Il gelato nei pozzetti (i banchi chiusi con dei coperchi) NON è per forza buono: dipende sempre da come viene preparato e da quali ingredienti sono stati utilizzati. Un gelatiere può lavorare anche con le vetrine a vista e proporre un grande gelato.
Così, tanto per citarne uno: il gelatiere migliore d’Italia per la classifica Dissapore 2014, Marco Radicioni di Otaleg a Roma, usa le vetrine a vista.
Potreste pensare che è come un Panda in via di estinzione, ma il gelato parla per lui.
E riguardo alle montagne abnormi di gelato che strabordano dalle vaschette?
Se i gusti svettano sopra la lama del freddo prodotto dalle vetrine significa che non è un buon gelato, , lo sanno anche i bambini ormai.
3. SCIOGLIMENTO
“Il gelato non deve sciogliersi tropo velocemente nè all’aria nè appena incontri il palato”
– d’accordo in parte
Il gelato con una ricetta ben bilanciata di zuccheri e prodotto con ingredienti nobili NON si scioglie solo a guardarlo o al primo passo fuori dalla gelateria, così come non resta perfetto per tempi biblici.
Riguardo ai tempi di scioglimento sul palato dipende innanzitutto dagli ingredienti che lo compongono. Ognuno di noi ha un punto di fusione diverso in bocca (siamo macchine uguali e diverse) che si ripropone anche col gelato e con i vari ingredienti che lo compongono.
4. DOLCEZZA
“Il gelato non dev’essere troppo dolce e mettere sete”
– d’accordo quasi del tutto
Il gelato non deve essere stucchevole ma avere il giusto grado di dolcezza: e sino a qui siamo tutti d’accordo. La combinazione di diversi tipi di zuccheri con un potere dolcificante diverso dal saccarosio permette di raggiungere quest’obiettivo, ricercato soprattutto nei gusti cosiddetti “salati” (quelli che chiamiamo gastronomici, e noi diciamo “da gastrofighetti”).
I gelati che contengono ingredienti già dolci di per sé (ad esempio i canditi o gli amaretti, ecc) avranno un sapore più dolce di altri: non ci vuole uno scienziato per capirlo.
Riguardo la sete, nota controindicazione post cono o coppetta, un gelato fatto bene non dovrebbe provocarne troppa, ma resta pur sempre un dolce che tra gli ingredienti principali ha lo zucchero (o meglio, una miscela di zuccheri).
La controindicazione, insomma, c’è ed è ineliminabile: se proprio non volete avere sete la scelta migliore é optare per una bottiglietta d’acqua, bisogna rassegnarsi.
5. CONSISTENZA
“Non deve lasciare la bocca unta né tantomeno essere filante o pastoso”
– d’accordo quasi del tutto
Un buon gelato non lascia il palato unto (talvolta è segno dell’uso di monodigliceridi, ma questa interpretazione è ad oggi dibattuta) e non deve essere colloso in stile Bostik, segno che si è abusato di addensanti e idrocolloidi.
Riguardo alla pastosità, tutto dipende dalle scelte del gelatiere che può servire un gelato più carico di solidi, oppure più morbido. E il consumatore sceglie la propria gelateria del cuore di conseguenza.
6. MANTECATURA
“Deve essere bello compatto e l’ultima mantecatura va eseguita con la spatola nel pozzetto, prima di servirlo”
– d’accordo solo in parte
La struttura del gelato dev’essere compatta e senza grumi: questa è la base.
Il discorso “ultima mantecatura” è un procedimento rinominato così nell’epoca Grom per sottolineare un momento importante. In realtà l’atto del “ravanare” il gelato con la spatola serve principalmente per porzionare e porre sul cono o sulla coppetta la giusta dose di gelato da servire al cliente.
Solo in seconda battuta serve ad ammorbidire il gelato. Tutto, insomma, dipende dalla temperatura alla quale viene conservato nei pozzetti: il gelato sul fondo sarà sempre più duro e solido e avrà sempre bisogno di essere rimescolato per ammorbidirlo un po’.
7. GUSTI
“Se trovate più di 15 gusti andatevene!”
– disaccordo completo!
No, su questo punto decisamente non ci siamo.
Come per ogni attività della ristorazione tutto dipende da quanto smercio ha la gelateria, visto che parliamo di un prodotto conservato a oltre una decina di gradi sottozero, che senza sbalzi di temperatura o di umidità non subisce grandi decadimenti organolettici fino a 24/48 ore.
Fateci caso: anche Grom (da qui siamo partiti e qui torniamo) in questo periodo propone 20 gusti di gelato (più le granite), segno che soltanto 15 gusti non riuscirebbero ad accontentare tutti i clienti.
Quindi, non fatevi ingannare: tu gust is megl che uan.
In tutti i casi, proporre tanti gusti in una gelateria (ogni giorno freschi e di qualità superiore alla media) significa avere molto lavoro, soprattutto una capacità produttiva notevole sia a livello di attrezzature che di personale.
Provateci voi a fare gelato senza semilavorati per gelateria tutti i giorni: ci vuole tempo (tanto) e chi ha tempo ha denaro.
8 LATTE FRESCO
“Se i gusti alla frutta contengono latte e se quelli alla crema non vengono fatti col latte fresco intero, desistete”
– d’accordo in parte
Sono fautore dei gelati alla frutta prodotti con l’acqua per valorizzarne i sapori, ma se per alcuni gusti cremolati alla frutta si usa il latte non ci vedo questo grande scandalo.
Per le creme il discorso si fa più “talebano”: il latte UHT a lunga conservazione ha caratteristiche organolettiche inferiori a qualsiasi altro tipo di latte fresco in commercio.
Lo stesso si può dire per i gelati prodotti con latte ricostruito da latte in polvere (reidratandolo).
Cosa che, sappiatelo, accade piuttosto spesso perché questo latte-nonlatte (in polvere) unito in piccola parte al latte fresco è comunemente utilizzato per apportare ulteriori solidi alla miscela da mantecare.
Più il latte è buono (alta qualità, bio, da fieno, crudo dalla stalla), più buono riesce il gelato.
Banale? Mica tanto.
9. FRAGOLE
“Se non trovate le fragole d’inverno è un buon segno”
– d’accordo, finalmente
La stagionalità detta legge: vuol dire che il gelatiere (in teoria) usa frutta fresca e segue le stagioni. Ho detto “in teoria”: in realtà potrebbe essere frutta coltivata in serra o frutta surgelata.
Ci sono anche i gelatieri che acquistano grossi quantitativi di fragole (o di altra frutta) nel momento migliore di maturazione, la “lavorano” e la surgelano per proporre il frutto in qualunque momento dell’anno al massimo del sapore.
10. PISTACCHIO
“Se il pistacchio è verde, scappate”
– d’accordo
Guardatelo bene: somiglia alla vostra canotta acchiappa-moscerini? Il verde tende al fluorescente e il cono si illumina al buio? In quel caso, giusto e sacrosanto diffidare.
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Ma se il verde è semplicemente carico potreste essere davanti a un gelato prodotto con soli pistacchi e colorato dalla pellicina che ricopre il frutto.
Puristi del pistacchio color terriccio, attenzione: oggi il pistacchio scuro, con colori che tendono più al marrone che al verde non è sinonimo di qualità.
Le aziende più sgamate che vendono semilavorati per gelateria producono paste al pistacchio colorate con vari toni più scuri per farci fessi, andando incontro ai decaloghi già pubblicati (anche da noi).