Parma batte Alba. Prosciutto batte tartufo, la sessione è sciolta. E’ come quando sei costretto a scegliere tra una cosa buona e una buonissima, la decisione dev’essere stata dura e sofferta, ma cari piemonte-centrici bisogna prenderne atto.
No, non parliamo di una fantomatica classifica personale tra grandi classiconi della gastronomia di casa Italia, ma del giudizio inappellabile della Commissione nazionale italiana per l’Unesco che, dopo un testa a testa a suon di eccellenze agro-alimentari sceglie la città di Parma come candidata a “Città creativa per la gastronomia“.
Prima di perderci inesorabilmente nelle questioni concettuali (ossia il significato nebuloso di “città creativa”, quella che unisce sviluppo sostenibile e rispetto delle tradizioni alimentari), ripetiamo che Parma ha battuto Alba.
Sì, ho detto Alba e non – chessò – Varese!
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Non sono io a dovervi ricordare che le questioni di cibo e campanile sono quelle per cui in questo Paese quotidianamente potremmo sfiorare la guerra civile. Siamo italiani, noi: non è così strano pensare di farsi una guerra spietata su “chi lo fa più buono”.
Non facciamo finta di saperle prendere con sportività, noi, le cose: diciamo pure che i membri della commissione si sono tirati addosso le ire funeste dei piemontesi e il Gloria perenne degli emiliani.
Ma la vera domanda è: avranno ragione? (La risposta finale alla candidatura arriverà il prossimo 11 dicembre).
Nel frattempo, va beh, mi sacrifico: provo a farlo pure io il gioco al massacro del “chi vince” davvero tra Parma e Alba. Voi, però, datemi una mano (vietato lanciare culatelli alla giuria o bersagliarla di tartufi bitorzoluti).
ALMA VS POLLENZO
Lo so: Pollenzo non è Alba, Colorno non è Parma, ma la vicinanza conterà pure qualcosa, no? La formazione, quindi: pur restando due istituti diversi, siamo davanti a due “cose grosse”. Da una parte Gualtiero Marchesi e tutta la sua Accademia, da cui sono usciti tanti grandi nomi della ristorazione di oggi: alcuni ci hanno fatto anche divertire. Dall’altra l’Università degli Studi di Scienze Gastronomiche che, ogni anno, sguinzaglia sul mercato giovani un po’ snob (c’era una volta la Bocconi, oggi c’è Pollenzo) convinti di avere il palato assoluto sottoforma di attestato.
Voto Marchesi, non me ne abbiate.
PROSCIUTTO CRUDO VS SALSICCIA DI BRA
Non c’è trucco, non c’è inganno: possono anche ingolosirmi con l’hamburger raw di salsiccia di Bra, ma un panino col prosciutto crudo “vero” (e per quanto mi riguarda tagliato anche un po’ grossolano) non si batte.
Cappotto, proprio.
CIBUS VS FIERA DEL TARTUFO
Come decidere cosa è meglio tra una salone internazionale coi contro-allestimenti nato nel 1985 e una fiera cittadina che compie 85 anni di profumi intensi e business da lingotti d’oro? Difficile, questa. Mi piacciono entrambe. Sulla sostenibilità degli eventi non ci metto il naso, ma dubito che organizzare eventi così importanti possa anche rispondere in toto a credenziali di rispetto ambientale.
Per quanto mi riguarda questa è parità: la bambina che è dentro di me e che gira impazzita tra gli stand a Parma equivale a quella che punta l’indice sul tartufone gigante di Alba.
BARILLA VS FERRERO
Colossi in gara. Mettetela come volete, ma a livello di ingegno e marketing sono due realtà da considerare per assegnare lo scudetto di “città creativa per la gastronomia”. Alla luce degli ultimi colpi di scaffale da grande distribuzione, diciamo che continuo a preferire i bicchieroni di Nutella variopinti ai formati lilliputiani dei piccolini Barilla.
Non so se vinca il minore dei mali, ma per me olio di palma batte grano ucraino.
PARMIGIANO REGGIANO VS TARTUFO
Questa è la sfida delle sfide, i numeri 10 scendono in campo e il compito dell’arbitro si fa quasi impossibile. Provateci voi a scegliere tra una stagionatura importante di Vacche Rosse e un tartufo bianco immacolato.
Sarei quasi propensa a votare il Parmigiano visto che c’è la mano sapiente dell’uomo, ma poi penso agli scarponi dei trifulau e non mi pare giusto. Parità, a tavolino.
POMODORO VS NOCCIOLA
A Parma la terra regala (tra le altre cose) pomodori a perdita d’occhio. Ad Alba (e lì intorno) non si contano i noccioli. Qui, per me, è facile: il pomodoro batte tutti, sempre e comunque, senza appello e senza Cassazione.
Semplicemente è una questione di sopravvivenza: senza il pomodoro non ci potrei vivere, ma potrei farmi una ragione del fatto che scomparissero le nocciole.
NONNA DI PARMA VS NONNA DI ALBA (Anolini contro bagna cauda)
Tra nonne non si sceglie, vero? In effetti sarebbe politicamente scorretto. Allora pensate a un piatto che le nonne portano avanti da generazioni, nonna dopo nonna, e che restano sempre uguali. Che ne so: anolini (nelle loro infinite declinazioni) e bagna cauda (nell’unica accezione con valanga d’aglio antisociale, eppur buonissima).
Nelle cucine di casa, secondo me, abbiamo parità assoluta: giganti contro giganti.
CRIPPA VS PARIZZI
Stelloni che brillano alti in cielo, anche se ci sono scie di nane bianche che punteggiano i territori di trattorie e osterie che creano un bel fondo, che si guardi a Parma o ad Alba. Il conto numerico “terra terra” delle stelle Michelin darebbe ragione ad Alba e limitrofi, ma Parizzi e compari reggono bene. Comunque la matematica non è un’opinione, dunque punto ad Alba.
Ci sarebbero ancora alcune cosucce da prendere in esame: chi vince tra culatello e il formaggio di Bra? E tra i dolci tradizionali di uno e dell’altro?
Ma soprattutto… tra l’olio al tartufo che non ha mai visto il tartufo e lo gnocco fritto confezionato e venduto freddo al supermercato? Chi vince?