Siccome è possibile che facciate parte della tribù di italiani e non, sempre più numerosa, che voleva invadere le piazze di Firenze, Strozzi, Repubblica e Santa Maria Novella, dove nel weekend ha folleggiato la terza edizione del Festival del Gelato, ho pensato di condividere la mia personale lista di gusti e disgusti. Il classico Mi piace – Non mi piace per dirla con Mr Facebook Mark Zuckemberg Zuckerberg, in Italia pure lui nel weekend ma ahimé non per il gelato. Pronti? Iniziamo.
NON MI PIACE
1. PREZZO DEL BIGLIETTO. Troppo alto. 15 euro per 5 assaggi, un gelato cocktail, una borsa con palloncino, un bicchiere (senza) acqua, alcune cialdine, l’ingresso alle mostre e alla lezione della Carpigiani University sono troppi. Le successive “ricariche”costavano meno, come pure le degustazioni per i bambini, ma sono giustamente piovute le critiche.
2. VINCITORI. Tutti rigorosamente non italiani. Per carità, bravissimi e meritevoli, ma possibile che tra tanti gelatieri italiani non ce ne fosse uno all’altezza dei premi principali andati a un canadese, James Coleridge, per il gusto Noce Pecan con sciroppo d’Acero, e a un israeliano per il gelato al Caffè Corsini Malawi Mapango?
3. SEGNALETICA. Punti d’informazione questi sconosciuti. Segnaletica di qualsivoglia tipo o foggia non pervenuta. Prevista una ricca guida bilingue italiano/inglese consegnata però solo al momento dell’acquisto della Gelato card.
4. TUTTI INSIEME APPASSIONATAMENTE. Bisognerebbe fare una scelta o dividere meglio gli espositori. Al Festival ci sono tutti, dal piccolo artigiano esclusivo alle catene tradizionali (Grom o Venchi) o di gelato-soft (Titto) fino all’industria del gelato (lo sponsor della rassegna Sammontana). Alla fine si assaggia a casaccio con i gelatieri che si guardano in cagnesco.
5. RACCOLTA INDIFFERENZIATA. Mentre oggi a Torino si è presentato il Salone del Gusto a più basso impatto ambientale di sempre, il Festival non era esattamente ecosostenibile. Solo coppette monouso in plastica per l’assaggio dei gelati, con cucchiaini imbustati uno a uno gettati regolarmente a terra. Tra l’altro, i tifosi del cono ci sono rimasti male.
MI PIACE
1. SUCCESSO. Il primo sguardo è sempre rivolto all’affluenza. E da questo punto di vista il Festival è stato un piccolo caso. Stranieri e italiani avidi non solo di assaggi, anzi, in preda alla fregola di conoscere le diverse realtà del gelato. La tecnica, la scienza, il gusto, le tendenze. Gelatieri, ve lo lascio immaginare, in brodo di giuggiole.
2. ORGANIZZAZIONE. La scelta logistica di piazza Santa Maria Novella per il villaggio degli artigiani, con il laboratorio di produzione a ridosso degli stand, è stata una scelta azzeccata. Una volta prodotto il gelato era subito disponibile per la vendita, nessun problema di consegna o approvigionamento.
3. LE MOSTRE.
In occasione del Festival, fedele all’immagine di città artistica per eccellenza, Firenze ha offerto splendide mostre incluse nel prezzo della Gelato card. Dalle fotografie di “Obiettivo Gelato” presentate da Alinari24ORE alla preview del Gelato Museum che la fondazione Carpigiani aprirà a luglio ad Anzola dell’Emilia (Bologna). La migliore per gli appassionati di storia del gelato? “Un Secolo e 7” dedicata al Premio Fabbri per l’arte.
4 SHOW COOKING.
Poche chiacchiere (seminari e conferenze) e moltissime dimostrazioni regolarmente prese d’assalto dal pubblico. Incredibile, inteso nel senso che più vi aggrada, l’interesse per l’uso del gelato in cucina nello show cooking di Simone Rugiati, volto noto di Cuochi e Fiamme su La7. O per le creazioni a base di azoto della scuola Apicius. Ma a rubare la scena è stato Roberto Lobrano, inventore di un gelato ipoallergenico, ipocalorico e senza zucchero adatto (anche) all’apparato digerente dei cani. Nome? Ice- Bau.
[Crediti | Link: Festival del Gelato, immagini: Andrea Soban, L’Espresso Food & Wine]