Cosa ci fanno Farinetti, Pizza Hut e Italia nella stessa frase?

Cosa ci fanno Farinetti, Pizza Hut e Italia nella stessa frase?

Mentre i congressi di cucina celebrano la panificazione, mentre ogni comune apre una pizzeria gourmet, mentre la gente a casa appende estratti de il vangelo secondo Gabriele Bonci davanti al forno, lì fuori c’è un mondo aspro, cattivo e profondamente ingiusto. Insomma, non giriamoci intorno: Pizza Hut arriva in Italia, con 105 filiali entro il 2020 e un nume tutelare inimmaginabile: Oscar Farinetti.

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Sì, Pizza Hut. E il rimando alle vostre vacanze londinesi o americane di 20 anni fa, e agli All You Can Eat lisergici è immediato. Almeno lo è per chi ha sperimentato almeno una volta quella pizza dolciastra, satura di lievito e di condimenti irricevibili, tipo prosciutto cotto a dadini, ananas e origano. Tacci vostra (cit.)

Importare in Italia una catena che fa la pizza?! Già sento le sirene retoriche ed apocalittiche; già sento strali sul sistema economico italiano incapace di porre argine alla globalizzazione. Mi tappo le orecchie e vi racconto come andrà a finire.

Nuove aperture a Milano:
L’impero non poteva che porre le sue prime basi nella città che ha più hamburgerie di tutti gli Stati Uniti; la città dove la pizza costa come il branzino; la città dove non conoscono il significato di “sti cazzi”. Il colosso a stelle e strisce ha deciso di fare le cose in grande: entro questo Natale dimenticatevi la Feltrinelli in Duomo e immaginatevi il grande logo di Pizza Hut a sovrastare anche Spizzico e Burger king.

Ma siamo in Italia, diamine. Ecco che il menu si allargherà a 224 tipi di pizza, ognuno con un presidio Slow Food per omaggiare la nostra grande differenziazione regionale. Interpellato commercialmente su un’eventuale partnership, Carlo Petrini pare aver risposto “Voi vi drogate con l’olio di palma, piuttosto emigro in Antartide e mangio carne in scatola fino ai miei ultimi giorni”.

Il ruolo di Farinetti e il progetto Hutaly.
Incassato il no del fondatore di Slow Food, Pizza Hut ha trovato terreno fertile in Farinetti. Inizialmente Mr. Eataly si è irrigidito non poco e ha pensato di aprire una nuova sede in Kansas. Poi, dopo aver assaggiato, insieme a Renzi, una Utily (pizza tagliata a forma di dollaro con caciocavallo di Ciminà, miele di Rododendo, stracotto d’asino e Barolo Chinato) ha capito che era tempo di dare la scossa definitiva al sistema gastronomico italiano.

E di aprire Hutaly, corner gourmet compreso di tutorial preparatorio. Grazie al contributo di 70 grammi di lievito per trancio, la pizza avrà infatti una lievitazione istantanea e quindi potrà essere preparata in tempo reale dai consumatori.

La sponsorizzazione dell’Expo 2015.
Ci siamo angosciati per un lustro sui destini della grande esposizione, ma ora siamo economicamente in una botte di ferro. La strategia commerciale è semplice quanto efficace: imporre Pizza Hut con sadica virulenza. Come? Facile: nessuno pagherà il biglietto d’ingresso a patto di indossare un cappellino da baseball brandizzato. Chi si rifiuterà potrà stranamente – e casualmente – ritrovarsi il gessato macchiato di pomodoro concentrato.

L’effetto estetico sui capi di abbigliamento più eleganti sarà così estremo che potrebbe esserci un ponte con il mondo della moda. In fase di valutazione l’idea di vestire Belen con 2 mozzarelle sui capezzoli e una slice di Utily al posto dello slip. E ovviamente il cappellino. Ma la sovraesposizione delle natiche potrebbe sottrarre la giusta visibilità a Pizza Hut.

La resistenza della pizza napoletana.
Mentre a Roma, e in altre città, lo sdegno assumerà solo il carattere dell’inarcamento del sopracciglio, a Napoli sono pronti a imbracciare i fucili infrangendo il mito storico che li vuole troppo morbidi con i loro invasori.

L’ala pacifica della rivolta ha intenzione di diffondere lievito madre in tutte le case; l’ala riformista ha acccettato di confrontare la pizza di due pizzaioli come Sorbillo e Pepe con una selezione di Pizza Hut alla cieca, ignari che il primo morso conterrà un inibitore del palato i cui effetti potrebbero anche raggiungere i 20 anni.

Piano di comunicazione, ovvero corrompere i food blogger.
Da numerose indiscrezioni arriva la notizia che Pizza Hut sarebbe spaventata dall’onda polemica del mondo della rete e dai foodblogger. Scoperto che in Italia una persona su due scrive di cibo si è scelto di superare il problema attraverso la sana e vecchia corruzione.

Il maggior costo pare sia stato speso per commissionare una ricerca dai cui risultati emerge che sarà sufficiente una pizza gratis ogni trimestre per una convinta e partecipe adesione al progetto.