Quando il primo maggio scorso, giorno del gran debutto di Expo 2015 a Milano, l’inviata di Dissapore Carlotta Girola fotografava la svettante presenza della carne Simmenthal tra le eccellenze esibite al mondo da Eataly, vessillo del Made in Italy alimentae, era consapevole solo in parte del putiferio che avrebbe scatenato.
Moltissimo sdegno dopo (l’inevitabile mix di insulti, facili ironie, tweet infuocati, compresi entusiastici rilanci da parte del M5S) nei nostri lettori è rimasta l’incredulità. Ci hanno scritto in tanti chiedendo come fosse possibile un simile autogol.
Okay, a volte il gran capo di Eataly Oscar Farinetti ha trasgredito ai noti slogan della sua catena di negozi –da “Alti Cibi” a “La vita è troppo breve per mangiare e bere male– per accordi commerciali convenienti, ma la presenza delle scatolette di carne Simmenthal e di altri marchi che poco hanno a che vedere con l’artigianato del cibo, tonno Rio Mare, Spuntì, polli Aia, Orogel, Giovanni Rana nel mega spazio dove Eataly “promuove il gusto italiano” all’Expo, due padiglioni da 4 mila metri quadrati ciascuno, per i più è rimasto inspiegabile. [related_posts]
Una spiegazione dettagliata arriva ora dal sito Lettera 43.
Sono tutti prodotti della Bolton alimentare, multinazionale tricolore di proprietà della famiglia milanese Nissim, attiva in 125 Paesi, con la quale Eataly ha evidentemente stretto un accordo in vista di Expo 2015. Tremila dipendenti, 26 società, nove stabilimenti, Bolton alimentare nel 2013 ha avuto un giro d’affari stimato intorno ai 930 milioni di euro.
Uhm, domanda: questo significa che gli esigenti lettori di Dissapore troveranno Simmenthal e compagnia cantante anche sui costosi ed eleganti scaffali dei negozi Eataly italiani e internazionali, al posto de prodotti raffinati esposti ora come il tonno Sangiolaro (550 grammi a 18 euro e 90) o il Gallo riserva (523 grammi a 10 euro e 20)?
Da Eataly fanno sapere che no, non è questo il caso.
«Il 90% dello spazio Eataly a Expo è dedicato ai piccoli ristoratori e ai piccoli produttori, con loro raccontiamo la biodiversità agroalimentare attraverso la cucina e le tradizioni regionali. In occasione di Expo, Eataly ha deciso di dare spazio anche ai prodotti delle grandi marche che, da sempre, portano nelle case italiane i loro prodotti a prezzi sostenibili e che a loro modo raccontano il gusto italiano».
Calma. Diciamo che si potrebbero muovere diversi rilievi a queste parole, siamo d’accordo. Ma certo il pensiero di dover pagare un biglietto salato per entrare a Expo 2015 (oltre 30 €) quando basterebbe una passeggiata gratuita per le corsie di Coop, Esselunga, Unes o Carrefour, non ci sorride.
L’ufficio stampa di Farinetti precisa:
«Neanche gli 84 ristoratori che animano il nostro spazio Expo sono presenti nei punti vendita Eataly, perché Expo è una situazione unica, pertanto abbiamo deciso che si potessero coinvolgere anche le marche della grande distribuzione, ma a parte lo spazio a Expo, rimaniamo fedeli alla nostra filosofia e lasciamo alla grande distribuzione i prodotti di queste multinazionali».
E’ vero, con la nostra acuta sensibilità di italiani per i loro gioielli alimentari, e con il fucile puntato addosso da alcuni media Farinetti si muove su un terreno minato. Tuttavia è difficile non farsi prendere dallo stesso dubbio con cui il sito Lettera 43 conclude il suo articolo, e cioè il dubbio che per Farinetti esistano due made in Italy:
“uno della qualità e uno dei numeri“.
Voi che ne pensate?
[Crediti | Link: Dissapore, Lettera 43]