Lo spazio assegnato con un po’ di faciloneria al patron di Eataly, che si è aggiudicato senza far gara coi rivali ben 8mila metri quadri dentro l’esposizione universale, insediandoci 16 ristoranti regionali, è stata tra le cose più chiacchierate prima dell’inaugurazione di Expo 2015.
Poi però, dopo mesi di polemiche e mistificazioni, hanno finalmente aperto i cancelli di Expo e ci siamo trovati catapultati in una miriade di padiglioni che ci hanno fatto dimenticare per un attimo di Oscar Farinetti. [related_posts]
Il fatto è che, tra le meraviglie di Expo, tra il cluster del caffè e l’Azerbaijan, quasi inaspettato perché archiviato nella memoria collettiva delle polemiche, ci si ritrova davanti al piccolo mondo di Oscar Farinetti.
E qui, d’improvviso, ti ridesti dalle meraviglie delle biodiversità del mondo e ti campeggia davanti Eataly: subito torna la curiosità di capire cosa c’è dentro allo spazio delle polemiche.
Prima di tutto, che si vada con razionalità.
Il giro d’Italia attraverso le gastronomie regionali è costruito rigorosamente seguendo l’ordine geografico. Da Nord a Sud l’Italia è rappresentata tutta, anche se alcune regioni sono accorpate e si danno il turno dividendo gli spazi.
All’ingresso la citazione di Bob Dylan “The answer is blowing in the wind” mi piace pensare sia un ramoscello d’ulivo teso ai giornalisti più inferociti che ci vedono sempre e comunque il marcio.
Entro, sono curiosa, non posso fare a meno di perdere di vista per un attimo il resto di Expo e vedere da vicino l’eccellenza italiana scelta e rappresentata dal Farinetti-pensiero.
E, appena messo dentro un piede, chi ti trovo?
Farinetti stringe mani e fa gli onori di casa.
E, come per tutte le manifestazioni che contano, sullo sfondo restano gli sponsor, o meglio i prodotti della scuderia che stanno a metà strada tra il grande pubblico e la polemica assicurata.
Si inizia con “il meglio di”, ossia uno spazio dove si possono assaggiare piatti italiani di vario tipo e non strettamente legati ad una regione precisa.
Ne avevo il sospetto.
Arrivando dall’ingresso si imbocca il percorso da Sud a Nord, e si comincia con la Sardegna del ristorante di Letizia Nuxis.
Poi si passa alla Calabria col Ristorante Zenzero, che specifica sulla lavagna chi ha messo cosa, così non si fa torto a nessuno.
In Puglia si pranza da Peppe Zullo, con un menu piuttosto contenuto, anche se la parmigiana di borragine mi ha intrigata e ho vacillato.
Peccato fossero solo le 11 del mattino.
Poi, visto che stiamo risalendo in Campania, Farinetti ha previsto una tappa a Rossopomodoro.
Sono ancora le 11, ma i tavoli sono tutti pieni. E la pizza ha un bell’aspetto, se non fosse che somiglia ad una pizza “hot pepperoni”.
Al Convento di Cetara, che per maggio rappresenterà la Campania, indovinate che si mangia?
Molise Abruzzo: Borgo Spoltino. Qui lo straniero in visita ad Expo ritrova (nella traduzione non letterale in inglese) gli spaghetti con le polpette.
Vaglielo a spiegare poi cosa sia la chitarra in Abruzzo e che le polpette non nascono nelle latte del supermercato.
Il Lazio è rappresentato dall’Osteria San Cesario.
Anche qui le polpette della nonna Maria soffrono di un lost in translation penalizzante.
Si passa alle Marche, con il Ristorante Symposium 4 stagioni di Lucio Pompili.
Qui non si traduce nulla e si mangiano 4 cose, senza fronzoli.
Da Burde di Firenze, per il mese di maggio, sarà lo spazio gastronomico dedicato alla Toscana.
Anche qui il menu “vegetariani girate al largo” parla chiarissimo.
L’Osteria Altran, invece, rappresenta l’intero Fiuli.
E a dover scegliere il midollo panato con liquirizia mi promette benone.
Per il Veneto il menu è a firma della Trattoria al Pompiere.
Con i piatti tradizionali, che più tradizionali non si può.
L’Osteria in Scandiano propone il suo menu per l’Emilia Romagna.
Ci sono le lasagne e pure la zuppa inglese.
La Lombardia, e Eataly in persona, qui ad Expo hanno la faccia di Viviana Varese con il suo Alice, il ristorante stellato che ha sede proprio dentro Eataly di Milano.
Non ci trovate la polenta e nemmeno il risotto, ma una cucina con ingredienti del territorio che si ispirano al passato, ma che guardano avanti.
Insomma, una parentesi meno pop e più ricercata dentro Italy is Eataly.
In Liguria si mangia da O Magazin, che traduce il pesto trasformandolo in un luogo.
Mi sono persa.
Ultima regione, ma non certo nel cuore dei gourmet, il Piemonte con il Ristorante Duvert di Cherasco. Qui la scelta era difficile, ma la sobrietà regna sovrana.
Tirando le somme, mi pare che (a parte pochissime eccezioni) venga presentata un’Italia buona, scontata a tratti ma comunque eccellente.
Qui non siamo ad un convegno gastronomico, non dobbiamo dimostrare a nessuno che siamo capaci di avanguardie in cucina, qui bisognava nutrire una folta schiera di visitatori affamati e con l’aspettativa dei piatti tipici.
E siamo accontentati, o lo saranno i visitatori stranieri.
Sto per andarmene quando da lontano leggo l’indicazione per salire al piano di sopra. Qui sopra c’è il Nutella Bar.
E’ pronto, è attivo, anche se non c’è la ressa che mi aspettavo di trovare. I gadget si sprecano, potete anche portarvi a casa l’ambito portachiavi per ricordarvi ogni volta che l’olio di palma ci accompagnerà sempre da vicino.
Il maritozzo alla Nutella non scalfisce la sobrietà del menu, avrei creduto di trovarci fontane di nocciole e chissà quali declinazioni, tipo gli gnocchi alla Nutella.
Invece qui si sale solo dopo aver pranzato o cenato da Eataly al piano inferiore, mica ci si improvvisa qui.
E comunque, vi venisse voglia di Nutella in altri lontanissimi punti di Expo, non temete. Ferrero è con voi.
[Crediti | Link: Dissapore, immagini: Carlotta Girola