Un conto è chiedersi “chi altri?”, un altro conto è affidare un affaruccio stimato in 44 milioni di euro così, sulla fiducia. Del caso Farinetti-Expo ne abbiamo parlato diverse volte, e come noi tanta stampa made in Eataly, magari ricamandoci un po’, ma qui siamo al dunque. Non ci sono gossip o fondi di barile dell’informazione da raschiare: siamo arrivati al nocciolo della questione.
Nella pratica delle cose il “nocciolo” è costituito dalla delibera dell’Autorità nazionale anticorruzione pubblicata ieri dal Fatto Quotidiano, e spedita a Giuseppe Sala, Commissario Unico Delegato del Governo per Expo2015. [related_posts]
Nel documento firmato da Raffaele Cantone ci sono, per farla semplice, 10 interrogativi sostanziali ai quali Sala dovrà rispondere. Cantone non è che abbia cambiato idea, per lui Eataly is Italy (questo il nome dei ristoranti ad Expo) non poteva che essere ad appannaggio di Mr Farinetti, ma per fare chiarezza pone le domande che tutti si sono fatti al bar, tra un caffè e un cornetto in una delle mille mattine in cui i giornali parlavano del presunto scandalo.
Senza farvi un elenco virgolettato, tanto potete leggerlo da soli, nel documento si chiede di dare una risposta definitiva sul perché si è scelto di affidare senza gara a Eataly la ristorazione del padiglione Italia.
Immaginatevi 8 mila metri quadrati di ristoranti (compreso un Nutella Bar, ricordate?) e un programma di cene, chef, assaggi, eventi e una miriade di altre cose già organizzate.
Ora (ora!) con tempistica italica da barzelletta qualcuno si è reso conto che, magari senza dolo alcuno, le assegnazioni avrebbero almeno potuto essere motivate. A 20 giorni dall’inaugurazione dell’Esposizione universale milanese qualcuno si sveglia dal torpore e ridesta moralismi, buttando sul tappeto una manciata di dubbi un po’ fuori tempo massimo.
Ve lo immaginate Giuseppe Sala in preda all’ansia e a una crisi di sudori freddi? Vi immaginate cosa potrebbe succedere se, a meno di un mese dal via, Expo restasse senza i suoi 20 ristoranti regionali italiani? Non so, credo che qualche turista potrebbe rimanerci male, oltre a Farinetti che potrebbe cambiare continente per protesta, suppongo.
Il fatto è che, si dice, Eataly era superiore al resto dell’offerta, era meglio, era conclamatamente meglio. Era unica!
Dal canto suo, Farinetti si difende oggi su La Stampa dicendo che “non ho deciso di non fare l’appalto. Sono quelli di Expo che ci hanno cercato, individuando in Eataly, come in altri soggetti, un’unicità italiana.”
E poi spiega che questa unicità è data dall’attenzione e dalla celebrazione delle biodiversità italiane ad opera della sua azienda, ritenuta unica anche dagli americani che hanno scelto Eataly e Apple come le due aziende alle quali offrire spazi di prestigio nel World Trade Center. (E se lo dicono gli americani, voi al bar state zitti tutti, capito?)
Inoltre, fomentando le ire di quelli a cui Farinetti non sta proprio simpatico, dice che avrebbe preferito concentrarsi su altro, visto che sono in apertura 5 nuovi punti vendita in giro per il mondo. Come a dire che Expo proprio ora rompe un po’ le uova nel suo paniere, mannaggia, tuttavia la farà perché lui ha a cuore l’Italia.
Poi c’è anche la questione del 95% del fatturato dei ristoranti che andrà in tasca a Eataly, mentre il 5% lo tratterrà la società di Expo come royalties, pagandoci ovviamente tutte le bollette del caso. Il 70% del 95% invece andrà ai ristoratori che lavoreranno praticamente al progetto, e Farinetti sempre da La Stampa rassicura dicendo che “non ci sono infiltrazioni sospette e tutti i dati sono a disposizione degli organizzatori.”
In effetti comprare cucine e attrezzi per soli sei mesi pare un investimento notevole, e l’Oscar nazionale che una volta vedeva solo con l’ottimismo che è il sale della vita, ora placa gli entusiasmi e si augura di “andarci in pari”, perché i millantati 44 milioni sono difficilissimi da raggiungere.
Nel frattempo si alzano altre voci (ma tutti ora?) di personaggi meno conosciuti, ma pare non meno importanti e “unici”, che dichiarano il magna-magna diffuso: è il caso di Piero Sassone, fondatore dell’Italian culinary institute for foreigners.
Anche lui non sembra molto convinto di come sono andate le cose per Eataly, e fa i conti in tasca agli altri: “Farinetti non farà nulla in proprio, subappalta la ristorazione ad altri 120 chef, insomma si occupa del coordinamento, e per far questo porta a casa il 30% del fatturato”.
Allora, anche se avete già fatto colazione e non siamo al bar: avete altre domande?
[Crediti | Link: Dissapore, Il Fatto Quotidiano. Immagini: Il Fatto Quotidiano]