Non si finisce mai di esplorare Expo 2015, e quando credi di averle viste tutte ti imbatti in angoli periferici dal retrogusto dubbio. Macedonia di eventi, padiglioni, cibi e messaggi a volte non condita troppo bene, diciamo pure buttata lì a caso, l’Esposizione non è solo grandi padiglioni e Decumano da trottatori professionisti, ma pure un parco divertimenti studiato per il trastullo delle comitive da disimpegno.
Certo: la visita a Expo non è una maratona di fisica quantistica, ma se si scelgono i padiglioni giusti ci si può anche impegnare un po’. Finito il momento didattico e formativo poi c’è l’intervallo, che per alcuni è la parata di Foodie e dei suoi allegri amici simpaticoni (sogno un mondo senza mascotte in gommapiuma, ma credo che non moriranno mai).
Per noi che, invece, l’intervallo lo intendiamo frivolo, ma un po’ meno disneyano, ecco qualche chicca che non brilla per aderenza al tema del nutrire il pianeta, ma tanto all’intervallo vale tutto, giusto?
PREMIO ANTI-SOSTENIBILITÀ: IL BAR DI GHIACCIO
Più che di energia per la vita si tratta di una vita (quella della barista) sacrificata all’energia del condizionatore (o del pool di condizionatori) che dai 30 gradi umidi dell’area Expo ci trasportano a meno 7.
Un po’ in periferia rispetto ai padiglioni mainstream, l’I Bar si trova nell’Alessandro Rosso Corporate Pavilion. 10 euro di ingresso con consumazione, per farti infilare un mantello argentato da supereroe delle steppe russe e farti bere un cocktail non troppo innovativo.
Dentro tutto è di ghiaccio: i tavolini, le panche, gli sgabelli a forma di funghetto. Uno sbalzo termico da far venire un mal di pancia peggio che in gita a Sharm el Sheik, una barlady che sfoggia uno stacco di coscia nuda da far rabbrividire e dei cubotti di ghiaccio trasformati in bicchieri che non si possono tenere in mano.
Per due motivi: troppo freddi, e soprattutto troppo sguscianti, a rischio e pericolo per i tuoi 10 euro finiti sul pavimento, ma anche per il tuo vicino che è entrato con il sandalo aperto e al quale rischi di procurare il moncherino.
Un esempio da manuale di quello che NON dovrebbe accadere in fatto di sostenibilità: palate di energia alla mercè di quattro avventori in cerca di un pezzo di Alaska a Milano. Pessimo davvero.
IL RISTORANTE CON UN COPERTO
Avete presente quando siete a casa da soli e vi concedete di mangiare sul divano? Qui il divano non ci sta nemmeno: siamo nel ristorante più piccolo di Expo (ma si dice anche del mondo), dove sarete voi (nel senso di tu), il tavolino e la burrata di Andria (che a volte è una compagnia più gradita di molti amici).
Davanti allo spazio di Coldiretti, pensato e studiato dalla Regione Puglia, questo “buco” di ristorante serve a far riflettere sulla scarsità di cibo nel mondo.
Per spingerti a pensarci, insomma, ti gettano dentro ad un gabbiotto da esperimento e ti nutrono con tante cose buone (Biscotto di Ceglie Dop, pomodorini di Galatina e regina di Fasano, barattieri di Monopoli, carote di Polignano, e pure le mitiche friselle).
Nei 10 minuti di full immersion nei prodotti pugliesi di certo svilupperai il tuo personale pensiero positivo sull’energia per la vita e addirittura potresti anche avere l’illuminazione per risolvere il problema della fame nel mondo. No?
ZEBRE, COCCODRILLI E COTTON FIOC
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Nel vostro giretto disimpegno, naturalmente non potete perdervi le stranezze gastronomiche più intriganti. Se tutti parlano dell’hamburger di coccodrillo (anche noi ne abbiamo scritto), in pochi sanno che lo Zimbabwe a breve ci farà sognare con la bistecca di zebra e forse uno zebraburger.
Sì, cari: dopo il burger con carne di coccodrillo, nel giro di qualche settimana dovrebbe avvenire il cambio di testimone tra animali della savana. Ad Expo sbarcherà quindi la carne di zebra (somiglia a quella di cavallo, per capirci), e potrete raccogliere punti sulla tessera fedeltà dello Zimbabwe: una volta fatto fuori tutto lo zoo per voi in regalo un safari senza avvistamenti.
Nel Padiglione del Turkmenistan, invece, ricettacolo di stranezze e disimpegni di ogni sorta, una teca mostra uno degli orgogli (culinari?) del Paese in via di forte sviluppo: i cotton fioc. Ho visto gente che ci faceva le foto. Lo giuro.
[Crediti | Link: Dissapore, immagini: Repubblica, Carlotta Girola]