La pietanza di cui ci fa fare indigestione la tv sono i cuochi, da Sky al digitale passando per le generaliste, la cucina ingrassa i palinsesti. Ma il tubo catodico non è il solo canale digerente, i fasti dei fornelli sono ormai a rullo continuo: stampa, radio, tablet e stuoli di foodblogger.
Come orientarsi in mezzo a frigoriferi pornografici, padelle rigate, mentuccia, cupcake, lardo di Colonnata e anice stellato?
Come riconoscere chi ci accarezza i sensi e chi ce li schiaffeggia rispedendoli in punizione al posto loro?
Come distinguere il valente gastronomo di cui fidarsi dal parvenu, da colui che si accredita ma in realtà è solo un grimpeur, un improvvisato che salta sul carro del vincitore: il cibo e la sua indigestione virtuale.
Fortunatamente questo commette piccoli errori, sviste in apparenza, che devono suonare invece come campanelli d’allarme, mettendoci in guardia. Dopo una notte di duro lavoro siamo riusciti a isolarne nove, per il decimo ci affidiamo a voi pervasi di fiducioso ottimismo.
1. gordon ramsEy.
Tredici stelle Michelin, infiniti programmi tv da Hell’s Kitchen a Kitchen Nightmares, 38 milioni di dollari guadagnati nel 2012, il cuoco scozzese ha nel cognome un percorso innaturale, tutti si aspettano che dopo “RAMS” spunti una “E”. Invece sbuca malandrina una “A” che fa sbagliare tutti. Ultima vittima Aldo Grasso, il divino critico televisivo del Corriere. Parvenu pure lui?
2. foiS gras.
Il fegato d’oca, quel contestato burro vellutato dove dolce e grasso interagiscono come in nessun altro cibo al mondo, è una subdola fonte di errore. D’istinto molti scrivono fois gras invece di foie gras, c’è cascata persino la nostra amata foodblogger Chiara Maci la sorella in pentola della nostra amata foodblogger Chiara Maci
3. hamburgHer.
La spudorata follia collettiva che ci fa mangiare hamburger un giorno sì e l’altro pure, noi che raggelavamo solo al pensiero, porta con sé una diabolica insidia, un’acca in più, probabile indizio di approssimazione.
4. cannavacciUlo.
Non c’è trucco non c’è inganno, dopo l’arrivo di Cucine da Incubo al voluminoso chef del ristorante Villa Crespi, poverino, hanno storpiato il cognome in ogni modo possibile, s’è pure beccato del “Cannavacciulo“.
5. coNfort food.
Sì, è vero, ci piace dar sfoggio della nostra conoscenza linguistica, e nella smania di sembrare credibili partiamo lancia in resta all’attacco dell’inglese. Così il cibo che scalda e gratifica l’anima passa da Comfort food o un più italianizzato Confort food.
6. menU’.
Menu si scrive così, menù identifica l’improvvisato più di ogni altro strafalcione.
7. tHe.
Quelli cattivi dicono che se sei foodblogger e fino a ieri mangiavi bastoncini di merluzzo scongelati, ci sono buone possibilità che per indicare la bevanda inglese tu scriva the, alla francese, invece di tè. Anche Csaba, per dire, spiega da dove proviene e come si usa il the Matcha.
8. dehoR.
La nota regola secondo cui tutte le parole straniere sono invariabili, ha partorito un divertente ipercorrettismo: il Déhors, lo spazio esterno di un locale, perde la “S” quando usato al singolare, così: Déhor.
9. caffè shEkerato.
Abbiamo notizie di foodblogger anglosassoni che tentano disperatamente di tradurre nella loro lingua questa misteriosa preparazione, loro convinti che per scuotere il caffè si usi lo shaker più che lo sheker.
10. ?
[Crediti | Link: Corriere, Sorelle in pentola, Bocca, Glòi Antennati, Dissapore, RealTimeTv]