I più svegli di voi l’avranno già capito tempo fa. Quando le cronache dei siti che venerano i cuochi impegnativi riprendevano le sue caustiche stroncature più di quelle di ogni altro critico gastronomico; quando Dissapore ha iniziato a inventarsi cose come la galleria fotografica dei suoi giudizi spietati; quando le icone (o le reliquie, voi decidete) del giornalismo pastasciuttaro hanno cominciato a spazientirsi per tutti quei «ma quanto è inflessibile, ma quanto scrive bene».
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L’ho capito persino io, che sono sveglia come una sardina sott’olio: le recensioni di Valerio M. Visintin (che il dio dell’enogastronomia ci conservi il critico in incognito del Corriere), anche solo quelle del 2014, meritano una compilation. La cui assenza è ancora più clamorosa oggi che dal temuto calpestio di tasti del suo computer è uscito anche lo strale contro Eataly Smeraldo.
La faccio io, mi sono detta, e magari la rinnovo prontamente ogni sei mesi, per il vostro particolare piacedre (o schadenfreude), cari lettori di Dissapore.
Su IDENTITÀ GOLOSE, il congresso della cucina d’autore ideato da Paolo Marchi / 11 Febbraio 2014.
“Alcuni vorrebbero evitare di scrivere anche una sola riga su Identità Golose. Vorrebbero fingere che quella cosa lì, quel crogiolo di cuochi e critici, di sottobosco servile, di cortigiani, di divismi e di conflitti d’interesse assortiti non esista”.
Su PRINCI, nuovo locale della catena bakery chic di Milano con succursale a Londra / 6 Marzo 2014.
“Non potendo dubitare dell’arte riconosciuta del pizzaiolo casertano Franco Pepe, debbo dedurre che la pizza non è compatibile con le adozioni a distanza. E vorrei chiedere a Pepe in persona di traslocare, armi pala e bagagli, nella nostra città o di abbandonare onestamente l’impresa.
Il suo buon nome, qui, è accostato a un’edizione mediocre: cottura incerta, cornice gommosa (sembra a presa rapida: lasciatela lì 60 secondi, e avrete il caucciù), pasta che si sfalda al centro, digestione più che ardua”.
Su CARLO E CAMILLA IN SEGHERIA, essenziale bistrot del più telegenico chef italiano, Carlo Cracco/ 26 Marzo 2014
“In un locale dove gli antipasti e i primi costano 15 euro, i secondi 22-24 euro, i dolci e i cocktail 9 euro (fonte autorevole, Martina Liverani), non si ha diritto a una sedia sicura.
Come nei pub più selvatici o nelle pizzerie d’arrembaggio, bisogna aver fortuna e gomiti da rugbista per godere il privilegio di spendere 70/80 euro a cranio”.
Su FISHBAR DE MILAN, remake aggiornato e spadellante della vecchia trattoria di pesce/ 3 Aprile 2014
“Da Fishbar c’è un astuto menu transnazionale con qualche voce di sicura popolarità. Ma il risultato è respingente.
Alcune portate arrivano fredde; il fish and chips (con patatine da fast food) è mediocre, così come il fishburger (simbolico inno alla fuffa); i mondeghili di pesce sono unti e scialbi; le salsette di accompagnamento dozzinali. Si salvano soltanto i crudi“.
Sul FUORISALONE del Salone del Mobile / 11 Aprile 2014
“Nulla è come dovrebbe. Non c’è standard che tenga all’assalto della folla. Nei locali più amati dai compagnucci della critica, gli chef disertano i fornelli per esibirsi come star tra i fuochi da campo degli showcooking, lasciando in sede le controfigure. In tutti gli altri, va in scena un copione arruffato e sgualcito dalla avidità.
Incapaci di gestire l’abbondanza quanto la carestia, gli osti nostrani vanno fuori giri, abboffandosi di clienti a crepa panza, come reduci da un lungo digiuno”.
Sulla 50 BEST RESTAURANTS, edizione 2014 della classifica dei migliori ristoranti del mondo / 30 Aprile 2014
“Un esercito patriottico, idealmente capitanato da Stefano Bonilli (vestigia vivente della Gazzetta Gastronomica), il quale auspica, se non ho capito male, l’uso di una ferrea realpolitik, dicendo più o meno: ‘Lo so che la 50 Best Restaurants è tutta fuffa.
Ma che ci volete fare? Se non puoi batterli, unisciti a loro“.
Sul RISTORANTE BERTON di Milano dello chef Andrea Berton / 22 Maggio 2014
“Nell’arco di un quadrimestre, siamo ascesi da 70/95 euro (per quattro portate) a 115/145. Nel frattempo, il menu degustazione ha subito un’escalation più contenuta: da 90 euro a 95/110.
E allora? Cosa sta accadendo?”
Sulla GUIDA DELL’ESPRESSO “Milano e Lombardia 2014” / 3 Giugno 2014
“In questa avventura, invece, quelli dell’Espresso hanno innestato la retromarcia per poter rivedere romanticamente qualche insegna defunta.
Il frutto di tale ardimento, non disgiunto da una vena di sentimentalismo, è “Milano e Lombardia 2014, vini e ristoranti”, agile libretto atto a indicare il meglio della Lombardia enogastronomica“.
E finalmente ci siamo. Ecco la recensione velenosa sin dal titolo, “Eataly chi?“, della materializzazione meneghina di Oscar Farinetti e dei suoi supermercati superganzi. Stigmatizza Massimo V. Visitin sul colosso nato dalle ceneri dell’ex teatro Smeraldo:
“Angurie nane e cipolle giganti, ali di bottiglie, boccette, barattoli, confetture, mieli, cioccolati, bevande e altra mercanzia confezionata, non di rado velata di polvere“.
Su mangiare e bere rilancia:
“Abbiamo addentato bocconi turistici nelle varie mense, festose e serene come le code al casello di Melegnano. E da bere? La malinconia delle oneste Peroni alla spina o l’uggia delle birre Lurisia, prevedibili e servite calde in bottiglietta“.
E tira le conclusioni, ingloriose per uno come Farinetti che si picca di sostenere e promuovere il Made in Italy alimentare:
“Non è un luogo dove si trasmetta la cultura della piccola produzione italiana, perché nessun genere di cultura è merce che si promuova da sé, ammassata in vetrina, senza una chiave di lettura, accanto ai corpi estranei di marchi industriali“.
Tranquilli, il trattamento Visintin di Alice, ristorante gourmet di Eataly Smeraldo, chef Viviana Varese, è in arrivo.
[Crediti | Link: Dissapore, Papero Giallo, Mangiare a Milano]