Ivoriani sugli scogli, come pomodori sudamericani sugli scaffali italici. Ma sarebbe meglio dire eatalici, visto che noi ci impegnamo a non parlare di Oscar Farinetti ogni due per tre, ma lui ne sa (fa) una più del diavolo e a noi tocca capitolare.
Oggi accade che, lanciando un messaggio a metà strada tra politica estera e affare enogastronomico, il signor Eataly decida di pubblicare le sue nuove pubblicità sul Corriere della Sera. Si tratta di una campagna, se possibile, più geniale di quelle dell’Esselunga di cui ero innamorata dieci anni fa, con Rapanello Sanzio in primis.
Gli immigrati in cucina, gli alimenti che ci hanno colonizzato il palato venendo da lontano e rivoluzionando il nostro approccio al gusto (su tutti il pomodoro, ma anche il grano, il riso, il cioccolato non scherzano mica), sono la nuova bandiera di Eataly.
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Che, è evidente, ha una squadra di comunicazione che “deve stare sul pezzo”.
Solo qualche giorno fa, durante le Giornate del Lavoro a Firenze, Oscar Farinetti (chiamato a dire la sua sul tema “Made in Italy: il lavoro nutre il futuro”) aveva dichiarato:
“Ricordardiamoci sempre che la grande potenza del nostro agroalimentare la dobbiamo all’immigrazione: per esempio 500 anni è arrivato dal Sudamerica un immigrato malato di scabbia, il pomodoro, che ha cambiato radicalmente la nostra cucina. Allo stesso modo tanti anni fa sono arrivati l’uva e il caffè”.
E da qui, dallo spericolato parallelismo tra i casi di scabbia dei profughi di cui tanto si parla in questi giorni e il pomodoro, l’idea di trasformare l’attualità in advertising.
Andateglielo a dire voi, se volete, che non è proprio la stessa cosa, senza rischiare di sembrare benpensanti con il sacchetto della spesa pieno.
Eataly in questo caso non sta diffondendo scabbia attraverso i suoi pomodori (lo dico perché – ahime -conosco dei complottisti che potrebbero pensarlo per davvero), ma sta facendo passare due messaggi con una sola pubblicità: il suo essere politicamente corretta e il suo saccentello modo di farsi ambasciatrice dei prodotti alimentari.
Io, in realtà, trovo questa campagna geniale.
Non mi offende, non offende gli altri, ed è più attuale dell’attualità.
Non è e non sarà Oscar Farinetti a salvare il mondo (anche se ce lo vedo, in stile Mosè ad aprire la dogana di Ventimiglia come fosse il Mar Rosso), è un uomo d’affari che fa il suo, aggiungendoci sempre un pizzico di “sociale” che lo espone al pubblico martirio, a volte. Anzi spesso, e potrebbe pure evitare in realtà.
Resta il fatto che questa l’ha azzeccata, almeno secondo me.
Siete dalla mia parte?