Eataly in Campagna è uno spazio di 1.500 metri quadri tra Monferrato, Langa e Roero. Facilmente raggiungibile da Torino e da altre città non solo piemontesi, è ricavato da una cascina ampliata in borgata Lavezzole, comune di San Damiano, provincia di Asti.
Fuori ci sono dehor, giochi per bambini, la possibilità di prendere gli stivali e seguire l’agronomo nei campi.
Dentro al piano terra il negozio con i prodotti Eataly, il corner per i vini e le birre Baladin, la verdura fresca arrivata dalla provincia, il laboratorio dei pastai di Antignano prodotto tipico, che hanno aperto qui il loro pastificio del mais otto file.
Sopra, la ristorazione, con il ristorante e la pizzeria, soprattutto pasta e pizza con farine bio e carne piemontese.
Non c’è Eataly senza messaggio, come vuole lo stile comunicativo del fondatore Oscar Farinetti, sempre didattico, a volte pedante. Il messaggio di Eataly in Campagna, ampiamente illustrato dalla sfilata di cartelli appesi alle pareti, è fare la strada al contrario: richiamare i consumatori alla terra. Non più i prodotti agricoli che vanno in città, bensì Eataly che si trasferisce tra le colline.
Tutto giusto, tutto sensato. Ma basterà a sostenere la vendita diretta?
Breve inciso personale
[Io credo che esistano due Farinetti. Uno, l’imprenditore, che sazia le gole di tutto il mondo distribuendo meraviglie culinarie, l’alfiere commerciale dello slowfoodismo, l’uomo che fa impresa e crea posti di lavoro.
L’altro, il comunicatore, a cui appartiene il repertorio retorico di una qualunque conversazione televisiva vi capiti di vedere non so, su Forum. Marketing facile, capacità demagogica e furbo populismo. E insomma, se vuoi essere egocentrico sarà meglio che t’accerti prima d’essere interessante]
Fine breve inciso personale.
Una volta arrivati nella grande cascina ristrutturata, poco attirati dalle attività didattiche proposte, abbiamo preferito percorrere lo spazio interno. Senza gigantismi alla Eataly Torino o Roma, sebbene diviso su due livelli, è uno spazio raccolto e accogliente.
A piano terra si compra: i prodotti agricoli, con prezzi onesti e l’immancabile cartello che ammonisce sulla provenienza local e i classici da scaffale. Si mangia e si beve, con una piccola zona ristorante che una scalinata separa dal bar, dove si sorseggia solo caffè di prossimità (Valle).
Tra vedute di campi e colline inquadrate da strategiche vetrate si sale al primo piano riservato a ristorante e pizzeria. Menu a parte, sulle lavagne troneggiano le specialità del giorno tra cui vitello tonnato e grigliata mista. Pietanze di rustica solidità intonate all’ambiente. Ci facciamo tentare.
In due abbiamo mangiato insalata russa, vitello tonnato, grigliata mista e un dolce di pesche e cioccolato, bevuto acqua e vino locale, e speso 46 euro.
Semplice ma molto gradevole il servizio, che lo stesso cameriere, gentile e professionale, ha svolto dall’antipasto al conto. E non indossava una delle t-shirt sbandieranti slogan Farinettiani che si vedono negli Eataly più grandi. Bonus.
Poca gente, a pranzo in un giorno feriale oltre al nostro tavolo ce n’era solo un altro. Potrà funzionare con i turisti di passaggio richiamati dal marchio Eataly e dalla cura del progetto, non so quanto, invece, con gli abitanti della zonaa.
Anche se Farinetti si è già sbilanciato: “Questo posto lavorerà da matti, faremo vero incoming: da tutto il mondo li porteremo qui a vedere la campagna. E stiamo pensando a tre Eataly “cool”, di tendenza: dopo la campagna, magari Eataly al mare, sull’Adriatico, e in montagna, nelle montagne più belle d’Italia, le Dolomiti”.
Insomma, il solito Farinetti.