Terminata l’annuale San Lorenzo gastronomica, che ha visto trionfare lo chef del Reale a Casadonna Niko Romito, è il momento di porsi la domanda che da sempre arrovella i gourmet nostrani: dove si mangia meglio, in Italia?
In senso assoluto in Lombardia (57 ristoranti stellati), Piemonte (38 ristoranti stellati), Campani (33 ristoranti stellati). A Bolzano, la provincia più stellata d’Italia (20 ristoranti stellati), a Roma (18 ristoranti stellati), a Napoli (17 ristoranti stellati).
La prima cosa che ho pensato è stata di combinare i dati della Rossa con quelli dell’ultimo Censimento della popolazione, scoprendo così che in Italia c’è (più o meno) una stella Michelin ogni 155.000 abitanti.
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In Francia ce n’è una ogni 90.000, ma, si sa, i transalpini giocano in casa. Ci mettiamo comunque alle spalle la Germania (una su 275.000), la blasonata Spagna col Portogallo (una su 320.000) e il Regno Unito (una su 360.000). Siamo sulle cifre dei Paesi Bassi (una su 137.000), ma meglio di noi fanno anche Belgio e Lussemburgo (una su 85.000) e, non proprio a sorpresa, i maledettissimi svizzeri (una su 68.000).
Ma venendo all’Italia, appaiono con evidenza alcuni distretti gastronomici che fanno impallidire anche chi ci insegue con rogatorie internazionali al fine di riscuotere multe per eccesso di velocità:
VALLE D’AOSTA E ALTO ADIGE
La montagna, si sa, fa venire fame. E le due zone citate sono celebri, oltre che per le piste da sci, per il livello elevato delle strutture ricettive… ristoranti compresi. Il Petit Royal di Courmayeur è la quinta stella valdostana; non tantissime in assoluto, comunque una ogni 25,000 abitanti circa. Manca l’acuto, ma le tavole giuste no.
La provincia autonoma di Bolzano è la più stellata d’Italia: ben tre ristoranti con due stelle e diciassette con una, che corrispondono a un macaron (stella Michelin) ogni 22,000 anime. Per esperienza personale, aggiungerei che qui come da nessun’altra parte le carte dei vini sono ampie, curate e moderate nei ricarichi.
Insomma, la vacanza gourmet in Sudtirol è sempre intrigante: il modo ideale di viverla senza tornare a casa con sgraditi appannamenti addominali (ok, maniglie dell’amore) sarebbe di ammazzarsi di sport durante il giorno per poi lautamente rifocillarsi a cena, e il più grande ostacolo a simili programmi è ed è sempre stato il pranzo. Il genere umano è condannato, non c’è nulla che possiamo fare.
RIVIERA DI PONENTE
Schierarsi pare inevitabile, anche se a Levante hanno la focaccia di Recco che vale un numero non precisato di macaron. Tornando seri, nove stelle liguri su undici sono a occidente di Genova, il che accredita le province di Savona e Imperia di una densità siderale tre volte superiore alla media nazionale.
Da Alassio a San Remo, in una zona dove, diciamo, bisogna stare attenti ai posti in cui ci si ferma a mangiare, la Rossa risulta certamente utile nel segnalarci gli indirizzi di valore. Alle code interminabili della domenica in direzione Milano, invece, non c’è soluzione. Il genere umano è condannato, non c’è nulla che possiamo fare.
LANGHE
Ieri è stato il trionfo di Niko Romito, ma io ho ancora negli occhi le immagini dell’anno scorso, quando la terza stella si è meritatamente incastonata sul grembiule di Enrico Crippa, rendendo Piazza Duomo il settimo ristorante italiano a conquistarsi i massimi onori. Quella di Alba è solo la punta di un iceberg di peccati di gola di qualità estrema, se consideriamo che la provincia di Cuneo (come faremo quando aboliranno le province? Il genere umano è condannato, non c’è nulla che possiamo fare) ha anche due stelle a Cervere (Antica Corona Reale) e altre dodici disseminate tra un noccioleto e un prezioso cru di Barolo, il che equivale a una frequenza di una stella ogni 35,000 abitanti circa. Quasi come Bolzano!
C’è anche da tenere conto che questo, fra i distretti gastronomici che sto considerando, è anche l’unico che non è meta d’elezione per il turismo generalista o comunque non enogastronomico.
SENIGALLIA
Orgoglio marchigiano. I 44,361 abitanti di Senigallia possono scegliere tra due opzioni entrambe insignite di due stelle, la cucina più materica e solare di Uliassi o quella più ermeticamente creativa di Moreno Cedroni alla Madonnina del Pescatore. In ogni caso, ci coccoliamo una cittadina che è superata per virtuosismo gastronomico solo da Bray, nel Berkshire, che ha ottomila abitanti e due dei quattro tristellati del Regno Unito, il celeberrimo Fat Duck di Heston Blumenthal e il Waterside Inn di Alain Roux, unico ristorante fuori dalla Francia ad avere mantenuto le tre stelle per un quarto di secolo.
Però diciamolo, nonostante la cocciutaggine dei gommisti (sì, gli ispettori della Michelin), e l’assurda punizione inflitta dai crostacei (sì, i critici del Gambero Rosso), Mauro Uliassi merita le tre stelle, lo dico io e lo dicono gourmet a cui non sono nemmeno degno di sparecchiare la tavola, è una vergogna. E per aggiungere la beffa al danno, passo un sacco di tempo a parlare di guide che non danno a Uliassi la valutazione più elevata. Il genere umano è condannato, non c’è nulla che possiamo fare.
CAPRI, ISCHIA, COSTIERA AMALFITANA, PENISOLA SORRENTINA
Tutti insieme appassionatamente perché il refrain è lo stesso. Qui ci sono spiagge meravigliose, paesaggi ancora più belli, una terra baciata in fronte dal sole che elargisce delizie senza fare calcoli e orde di turisti, molti dei quali danarosi, pronti a tutto per godersi quanto sopra descritto. Non possiamo veramente stupirci che l’offerta della ristorazione sia ai massimi livelli, cinque ristoranti con due stelle e una quindicina con una stella parlano da soli, ma se proprio vogliamo eleggere un portabandiera mettiamo un microfono davanti alla minestra di pasta mista con crostacei e piccoli pesci di scoglio di Gennarino Esposito (La Torre del Saracino).
Curiosità: una delle pochissime volte che mi è capitato di perdere le staffe e insultare un gourmet per le sue opinioni, questi aveva denigrato il piatto in questione. Inutile ragionare, non potei far altro che fuggire gridando “Il genere umano è condannato, non c’è nulla che possiamo fare!”
E LE GRANDI CITTA’?
Beh, ecco, stavo cercando di glissare. A parte Roma, Milano e Firenze, non è che stiamo messi così bene. E Bologna, così celebrata nell’immaginario gastronomico collettivo, si scontra con una realtà che, almeno a dar retta alla Michelin, è davvero anemica. Volete i numeri? Eccovi i numeri, facendo il solito giochino della densità di stelle rispetto alla popolazione.
Roma (1 *** 2** 12*) una ogni 145,000 abitanti
Milano (3** 8*) una ogni 94,000 abitanti
Napoli (2*) una ogni 480,000 abitanti
Torino (5*) una ogni 180,000 abitanti
Palermo (1*) una ogni 650,000 abitanti
Genova (1*) una ogni 600,000 abitanti
Bologna (1*) una ogni 380,000 abitanti
Firenze (1*** 2*) una ogni 75,000 abitanti (meno male che Pinchiorri c’è!)
E se a Napoli ci si può certo consolare con pizzerie e friggitorie, e anche a Palermo il cibo di strada è straordinario, è proprio Bologna assieme a Genova a essere messa maluccio.
Se dovessimo dar retta solo alla Michelin e ai numeri, il modo migliore per uscire da questo stallo (da questa stalla?) sarebbe di istituire il segreto bancario, in modo da attirare grossi capitali di dubbia provenienza, tappezzare lo Stivale di autovelox, istituire limiti di velocità draconiani e perseguitare gli stranieri che oltrepassano i limiti di velocità con rogatorie internazionali, processi penali e altre inique angherie.
Il genere umano è condannato, non c’è nulla che possiamo fare.
[Crediti | Immagini: Vincenzo Pagano]