Svezzamenti integralisti, ortoressia infantile imposta, bambini che crescono “puri”.
Se qualche settimana fa era finita in tribunale una coppia che non riusciva a mettersi d’accordo sulla dieta vegana o non vegana del proprio figlio, oggi un’altra famiglia della provincia di Firenze se la vede brutta: il bimbo di 11 mesi (vegano inconsapevole per rispettare le abitudini assolutiste dei genitori) è in ospedale per denutrizione qualitativa e mamma e papà sono indagati per maltrattamenti.
Repubblica Firenze racconta tutta la storia, che mette un po’ i brividi.
Per farla breve, i genitori decidono per uno svezzamento vegano senza l’appoggio di un pediatra, il bambino continua a rifiutarlo e quindi la mamma sceglie di continuare con l’allattamento. Essendo vegana, però, la carenza di vitamina B12 veniva trasmessa anche al pargolo dal suo latte. Il risultato era un bambino che non riusciva a stare seduto, né a gattonare: lo chiamano deficit neurologico, e la causa deriva dalle mancanze derivanti dall’alimentazione.
Una schiera sempre più numerosa di genitori senza mezze misure vuole crescere figli senza sensi di colpa, contribuendo alla prolificazione di una generazione cruelty-free che possa vantare un curriculum alimentare senza crudeltà sugli animali e senza macchia carnivora.
E i risultati vengono resi noti dalla cronaca sconfortante di casi come quello del piccolo ricoverato all’ospedale Mayer di Firenze.
Se non esiste una patente per diventare buoni genitori, è anche vero che abbiamo a disposizione alcuni strumenti per fare meno danni possibili alle proli: ad esempio, esistono i pediatri, i nutrizionisti, i consigli degli esperti (N.B.: per esperto non si intende il sito di turno che snocciola virtuosismi green campati per aria per crescere bambini sani -vegani- e felici.)
Raddoppiati negli ultimi 4 anni, in Italia i vegani crescono in maniera esponenziale e, a volte, si accoppiano (cioè formano una coppia, ma vale anche nell’altro senso) generando piccoli vegani dalla dieta forzata.
D’altra parte i “pediatri veg” non reggono il passo e sono solo 6 in tutta Italia. Nulla pare impossibile, nemmeno uno svezzamento a suon di miglio e zucchine, ma serve controllo e coscienza dei propri limiti come genitori che di mestiere fanno i social media qualcosa e non i nutrizionisti.
Rifletto: tutti noi abbiamo genitori che ci hanno nutrito. Tutti noi abbiamo almeno una foto sbiadita nella quale la mamma ci imboccava col cucchiaino con qualche pappetta dal colore poco invitante.
Crescendo, poi, la mia mamma (e credo sia stata in buona compagnia) si è impuntata che avrei dovuto mangiare tutto. Con “tutto” intendo anche quello che non mi piaceva proprio, e da un certo punto di vista mi ha imposto una dieta varia che ho contestato con poca convinzione e che era frutto del suo essere in buona fede.
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Il mestiere del genitore credo sia il più difficile del mondo, e non siamo qui a contestare l’indubbia buona fede di mamma e papà anche quando sono vegani, ma la questione è complicata. Perché oggi, diversamente da quando noi tutti eravamo bambini, si gioca al ribasso: i bambini non devono saper mangiare di tutto un po’, ma devono crescere consapevoli della rinuncia.
Questo, oltre che sortire a lungo andare l’effetto opposto (con adolescenti tutti pane e ortoressia che ucciderebbero per una merendina con olio di palma), crea mancanze. Di quelle fisiche, importanti, basilari.
Non sono mamma, ma se mai lo sarò adotterò la tattica della mia di mamma.
[Crediti | Link: Dissapore, Repubblica Firenze]