Tutti quelli che guardano Cucine da Incubo 2 ti rimbecilliscono di “quanto è bravo Antonino Cannavacciuolo”. Che è bravo in modo pazzesco, anche se l’adattamento italiano di Kitchen Nightmares con Gordon Ramsay, trasmesso il mercoledì alle 21:55 da FoxLife, canale 114 di Sky non è impeccabile. Ma chi è impeccabile ormai.
Intendiamoci, se come confermato dal primo episodio della nuova serie, protagonista il Golfo di Mondello, ristorante siciliano a Milano, il format sembra imprigionato in un copione ripetitivo con eccessi poco credibili, Cannavacciuolo e il suo personaggio –carattere temprato dalla cattiveria della militanza in cucina, grande, grosso e buffo che pare una sfida vivente– danno dipendenza.
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Se n’è accorto anche il Wall Street Journal che è andato al Villa Crespi, il bellissimo ristorante stellato che l’aristochef napoletano guida sul lago d’Orta, per intervistarlo.
Ne esce un ritratto curioso e per certi versi inedito, Esempio: vi aspettavate che la moglie di uno come Cannavacciuolo mangiasse solo tofu e bietole?
“Non cucino mai a casa, la mia cucina è a Villa Crespi. In più, non ne ho bisogno, perché mia moglie è praticamente vegetariana, mangia solo tofu, insalata, bietole e qualche volta il pesce”.
“Ho iniziato a lavorare nei ristoranti della zona di Sorrento con mio padre quando avevo 14 anni. Mi rimproverava e mi faceva rimproverare dagli altri.
Mi faceva fare quei lavori che nessuno voleva fare: non sto parlando di pelare le patate, dovevo pulire mensole piene di roba che erano già pulite”.
“Ho fatto il servizio militare obbligatorio di un anno a Orvieto e subito mi hanno mandato alla mensa.
I piatti che preparavo erano talmente buoni che anche i più alti ranghi dell’esercito venivano alla nostra mensa a mangiare”
“Le persone pensano che non abbia bisogno di altro perché sono in televisione. Villa Crespi è come una Ferrari – il mantenerla e farla correre costa moltissimo. Ho bisogno di lavorare e voglio lavorare, sento che mi manca qualcosa quando non sono in cucina. Posso dire di essere cucina-dipendente”.
“Spingo sempre i miei amici a fare attenzione a quello che comprano e a pensarci bene prima di mettere qualcosa nel carrello. Mi rattrista che così tanto cibo vada sprecato ogni giorno”.
“La mia cucina mette insieme sapori del Nord e del Sud, e li reinterpreta in modo speciale.
Ma voglio che i miei clienti sappiano che lo chef è napoletano, è bello quando ogni pasto finisce con una sfogliatella e un babà”.
“Forza Napoli è la mia religione. Ero al settimo cielo quando Maradona ha passato tre giorni a Villa Crespi nel 2006.
Mi ha chiesto di farlo sentire come se fosse stato a Napoli e io gli ho preparato piatti semplici, come i paccheri al ragù e gli spaghetti ai frutti di mare”
“Non sono una persona molto affettuosa. Faccio fatica a dire ai miei 15 uomini in cucina che stanno facendo un buon lavoro.
Corro insieme a loro, è il mio modo per dire che sono fiero di loro”.
“Non mi metterò mai a dieta perché presuppone orari e uno stile di vita regolari. Io mangio a ore diverse tutti i giorni. In più, a differenza di tanti altri chef, non ho remore a dire che mi piace anche la pasta bianca, condita con un buon olio extravergine d’oliva e un po’ di Parmigiano”.
“Il piatto perfetto dipende dal contesto. Se sei a Napoli è la pizza, chiaro.
Ma Roma gli spaghetti all’amatriciana e in Trentino i canederli con gli spinaci e il formaggio”.
“Il ragù domenicale? È bibbia. La domenica mia nonna si svegliava alle 5 del mattino, e prima di ogni altra cosa, si metteva a preparare il ragù. Noi ragazzini, non essendo a scuola, ci svegliavamo più tardi del solito, ci aspettava una colazione curiosa ma molto appetitosa: pane intinto nel ragù, e parte della carne ancora in cottura. Svegliarsi con quel profumo è una sensazione indimenticabile“.
Ecco, per noi la madeleine culinaria di Cannavacciuolo è una tentazione irresistibile. Così ci siamo procurati una copia del libro “Frijenno magnanno le mille e …una ricetta”, culto assoluto della cucina napoletana, per condividere con voi O’rraù e la sua ricetta originale.
Ingredienti:
1kg e 1/4 di carne di manzo primo taglio (a carnevale di maiale)
5 cl di olio
75 gr di sugna
75 gr di lardo
100 gr di pancetta
100 gr prosciutto crudo
2 spicchi d’aglio
450 gr di cipolle
25 cl di vino rosso secco di Gragnano (in mancanza altro vino rosso secco)
250 gr di concentrato di pomodoro o conserva
75 cl di passata di pomodori San Marzano
un ciuffo di prezzemolo
Premessa: si dovrebbe preparare il ragù un giorno prima in modo che i sapori si leghino e che una parte del grasso rappreso in superficie venga eliminato.
Preparo la carne inserendo la metà de prosciutto tagliato a listarelle, il prezzemolo e il pepe, poi la lego con uno spago in modo che si mantenga unita durante la cottura.
Faccio un battuto con il prosciutto rimanente, la pancetta, il lardo, un po’ di prezzemolo e l’aglio.
Sminuzzo finemente le cipolle, dopo di ché faccio scaldare in un tegame, meglio se di coccio, i grassi: olio e sugna. Verso le cipolle e le faccio appassire, mescolando continuamente: devono diventare almeno un terzo del loro volume iniziale.
Quando si sono consumate e iniziano a imbiondire, aggiungo il battuto che avevo preparato prima con il lardo, la pancetta, il prosciutto, l’aglio e il prezzemolo e alzo la fiamma.
A questo punto unisco la carne e la faccio rosolare uniformemente su tutti i lati. Abbasso un po’ il fuoco e verso il vino rosso facendolo evaporare. È il momento di aggiungere il concentrato di pomodoro o la conserva diluita in mezzo bicchiere d’acqua: lo faccio andare fino a che non diventa di un bel rosso scuro.
Unisco la passata di pomodoro, sale e un po’ d’acqua o brodo di carne e mi preparo ad attendere. La salsa deve bollire fino a quando non sarà densa e scura. In genere ci vogliono 6-7 ore di cottura: il sugo deve sobbollire lentamente, anche se la parola più corretta sarebbe “pippiare”.
[crediti | Link: Wall Street Journal, immagini; Carlo Furgeri Gilbert]