So per certo che alcuni antropologi di una prestigiosa università della Ivy League hanno intenzione di condurre uno studio sulla peculiare alimentazione di quella che definiscono, per brevità, Generazione H. Soprattutto, gli scienziati sono incuriositi non tanto da quel che gli esemplari mangiano in branco nelle brasserie, hamburgerie e noodles bar à la page, ma da quel che stipano nelle loro tane e consumano lontano dagli occhi indiscreti degli studiosi.
Per indagare il complesso mondo interiore hipster, dopo i cibi hipster, i vini hipster e il lessico hipster, non potevamo che sbirciare nella dispensa di uno di loro. Io l’ho fatto, e ho scoperto cosa usano per rendere appetibili le loro materie prime povere, le verdure biodinamiche, i pesci sostenibili, le carni a basso impatto.
1. GOMASIO
Il gomasio è il nuovo sale Maldon, soprattutto ora che i sapidi fiocchi inglesi, o le loro imitazioni, si trovano in qualunque minimarket di periferia. La nuova frontiera dell’insaporimento è il sale al sesamo della tradizione jap facilmente reperibile in qualunque negozietto bio-veg.
Sarà per quel suo sapore che ricorda il burro di noccioline, per la consistenza pastosa che crea simpatici grumetti décor, o perché si può comodamente preparare in casa tostando separatamente i semi di sesamo di provenienza organica e il sale marino grosso integrale, poi pestando il tutto finemente insieme nel suribachi con il surikogi (mortaio e pestello, insomma). Sarà per questi motivi che non se ne può fare a meno sul Basmati cotto a vapore nella cuociriso, o in una scodella di ramen.
2. PEPE DI SICHUAN
O Schezuan che dir si voglia. Se ne usano i gusci, non i frutti, coi loro simpatici gambetti dalla fastidiosa tendenza a infilarsi tra gli incisivi. Ma non è questo il vero scotto da pagare per assaporare il gusto agrumato e piacevolmente non pungente di questa bacca (pardon, del suo guscio): il vero colpo di scena avviene al momento di sperimentare il tipico, blando ma persistente intorpidimento di labbra e lingua che ricorda tanto la sensazione che lascia l’anestesia del dentista, al netto del sapore di disinfettante.
Eppure, il nostro hipster ne va matto, tanto da sviluppare una sorta di piccola dipendenza che lo porta a ordinare al ristorante cinese qualunque portata sia etichettata come “sale&pepe”, siano gamberi, spuntature di maiale o rane. Solo una volta, con una tipa al primo appuntamento, ha avuto un attimo di défaillance: quando lei ha chiesto, biascicando per via del blando intorpidimento, “cosc’è quescta coscia che scia di tè?” (cit.). Non c’è stato un secondo appuntamento, comunque.
3. ELICRISO
Ha un vago sentore di liquirizia. Quindi risulta automaticamente irrinunciabile su risotti e carne rossa, magari insieme a una presa di polvere di caffè. Poi c’è il basilico rosso thai, che ricorda il limone: come non spezzettarlo sui pomodori marinda di Pachino? Per non dire della citronella, anche lei vagamente agrumata (ma succo o scorza grattugiata di limone no?), immancabile in zuppe, carni, pesci, verdure, ovunque.
Le erbe esotiche o semplicemente desuete (come la pimpinella, per dire, o l’acetosa) sono, insieme ai germogli, la vera arma segreta della cucina hipster. Vade retro prezzemolo, basilico, salvia e rosmarino. Ora è il momento dell’aglio orsino, dell’erba San Pietro o, almeno, del timo limonato. E daje coi limoni.
4. SPEZIE SOUVENIR
Le ha acquistate nell’ultimo viaggio in India, o a Zanzibar, o a Marrakech (no, non durante il viaggio di quest’estate, l’ultimo, quello del ponte di Pasquetta). Le conserva gelosamente nei contenitori originali che espone in salotto come installazione gastronomica. E, a differenza di tutti gli altri che all’estero comprano polveri e semi e poi a casa non sanno cosa farsene, lui le usa. Tutte.Spesso mescolandole fra loro, per creare nuove sfumature di gusto.
Ha imparato che prima occorre tostarle su una piastra rovente, perché esprimano al meglio la loro complessità aromatica. Poi magari manda tutto in vacca perché aggiunge troppa chili powder, ma tant’è. Almeno, le fa fuori rapidamente. Così avrà la scusa per comprarne altre al prossimo viaggio in India, ad agosto.
5. OLIO SOUVENIR
Quella di olii esotici è una variante della collezione di spezie. Una mania cominciata quando il protohipster, intorno ai 20 anni, stava 2 mesi in giro per le Cicladi con zaino e sacco a pelo e per scusarsi con mamma, alla quale non aveva mai telefonato, rientrava a settembre con una latta da 2 litri di olio del Peloponneso.
Da allora, il giovane hipster è diventato uomo, le sue mete sono meno turistiche e più culturali e quindi eccolo tornare con un extravergine israeliano, o libanese. Come, non sapete che in Palestina l’olio si faceva 6.500 anni fa e che le olive sono state portata in Sicilia dai Fenici? Comunque, lattine e bottigliette sono assai graziose. Quando la roba che c’è dentro finisce, diventano perfette per travasarci l’olio pugliese che mammà non manca mai di infilare nel “care package” che invia su al Nord due volte l’anno.
Di quali di questi ingredienti non potete fare a meno? Quali detestate e quali apprezzate pur/non appartenendo alla Generazione H?
Disclaimer: naturalmente, io li ho tutti ma questo non costituisce prova di una mia (h)i(p)steria gastronomica
[Crediti immagini: Cibotondo]