Dico a te, lettore contemporaneo che torni tardi dal lavoro, annoiato e stanco. Tu che non ti accontenti del kebab all’angolo, che non vuoi il trancio di pizza tiepido, tu che non hai in freezer i bastoncini del capitano o il Bimby che ti aspetta pronto a intervenire.
Tu hai la tua dignità e tornando a casa, vuoi cucinare un piatto caldo che ti sollevi e che richieda il minimo sforzo. Ed ecco nella tua testa materializzarsi lui, l’unico e insostituibile comfort food: gli spaghetti aglio, olio e peperoncino.
Si preparano ad occhi chiusi, col polso slogato, parlando al telefono, guardando la tv? No, manco per niente. Vediamo insieme vizi, metodi, tranelli, credenze, liti, giustificazioni dell’ultima ora.
Uno sguardo alla paternità.
Come al solito non si capisce di chi sia stata la grande idea. Sebbene Wikipedia non abbia dubbi nel definirlo “un piatto povero della cucina partenopea o “una rivisitazione degli spaghetti con le vongole in assenza dei molluschi”, Lazio, Toscana e Sicilia sono lì pronte a rivendicarne i natali. Diciamo che chiunque sia stato, sia benedetto.
Quale aglio e come.
La scelta dell’aglio non è affatto scontata. È vero, quando arrivate a casa distrutti anche l’aglio cinese può andare bene. Se pazientemente l’avete acquistato verificandone l’origine, magari novello, meglio. Altrimenti bando alle ciance.
Si, ma come lo utilizzate? In camicia, schiacciato, grattugiato, diviso in due per togliere l’anima, schiacciato con il coltello, spremuto, tagliato a pezzetti non troppo piccoli e poi filtrato, tagliato a pezzetti, intero?
Io: intero. Uccidetemi voi precisini ma io non lo privo dell’anima. Lo lascio cuocere per un minuto a fiamma dolcissima. Lo controllo a vista in modo scrupoloso. Giammai si dovrà bruciare, giammai dovrà arrivare anche solo vicino a quel momento.
L’olio.
Olio extra vergine d’oliva sì, ma quale e quanto? L’olio è un discorso serio. Ci sono di mezzo le origini, la conoscenza, la pratica, gli incontri. Ligure o di Garda, dicono gli esperti che ne occorra uno dolce, non troppo protagonista. Ma qui siamo in una zona che forse passa oltre anche alla scelta dell’olio, è notte fonda, abbiamo fame, la pasta cuoce. Afferriamo la prima bottiglia d’olio decente, non abbondiamo, non serve.
Io: per non sbagliare scelgo sempre l’olio umbro del babbo. Leggermente piccante, di carattere, pure troppo saporito, ma rassicurante e familiare. A una certa ora, basta poco per sentirsi meglio.
Il peperoncino.
Sul peperoncino ci si potrebbero scrivere trattati interi. C’è chi lo preferisce fresco tagliato a pezzettini, privato dei semini e dei filamenti interni, secco spezzettato a mano con successiva stropicciata d’occhio, in polvere, coltivato sul balcone, habanero, new mexico, jamaican hot, pepe di cayenna, serrano, thai, soverato, pepino calabro o altri calabresi.
Io: scelgo quello calabrese fresco, tolgo i semini, lo taglio a pezzettini e lo aggiungo all’olio. Se non c’è, mi accontento di quello essiccato e quasi sempre mi strofino l’occhio, pratica che metterà a dura prova la perfetta cottura della pasta.
La pasta.
Spaghetti, spaghetti alla chitarra, vermicelli, linguine? Valgono tutte e vi lascio discutere in pace sulla marca.
Io: scelgo gli spaghetti o vermicelli. Lascio cuocere al dente, faccio saltare aggiungendo poca acqua di cottura. Voi risottate, già lo so. Io ho fame e non ho tempo.
C’è chi dice. Ovvero le mille varianti.
Alcuni sono pronti a giurare che olio, aglio e peperoncino devono essere lasciati marinare a crudo per 1 giorno. Guai cuocere! C’è chi non resiste ad aggiungere l’acciughetta, una bella spolverata di prezzemolo o ancora una manciata di pane grattugiato.
Io: non aggiungo niente. I tre ingredienti base sono perfetti, bastano a sé stessi.
Ora fate cadere le mie certezze notturne e raccontateci del vostro spaghetto aglio, olio e peperoncino perfetto. Come lo fate? Oppure diteci qual è il vostro piatto delle emergenze, che seppur semplice vi dà sempre tanta soddisfazione?
[Crediti | Immagini: Flickr/Luca Pradella]