De gustibus non est disputandum. Una formulazione spaccadialogo (e gonadi) che ho sempre contestato. Permette di parlare male di un film di Michael Mann, di un dipinto di Caravaggio o di una pasta allo scoglio. O di dire “ascolto un po’ di tutto, non ho un genere preferito”. Eppure nel cibo scopro che la progressiva consapevolezza non ha migliorato il mio oggettivismo e continuo a elevare la percezione personale a sistema. Almeno però non organizzo ricerche per scoprire che agli italiani non piacciono le verdure lesse. O che con l’età si cambia gusti…
Mentre accetto con medio straniamento che sono inesorabilmente vecchio e sulla via di abbracciare il caos del relativismo cosmico, ho pensato allora di tracciare una lista (per categorie) delle pietanze generalmente apprezzate che personalmente mi esaltano come il redditometro.
I cibi salutisti.
Cavoli e derivati, ma soprattuto il cavolfiore. Non lo posso vedere, odorare e mi irrita anche comprarlo. Se lo mangio, nell’ipotesi migliore, lo degludisco stile antibiotico. In quella peggiore abbandono il consesso domestico. Non c’è modo di sublimarlo (besciamella? Anche no). Ok è anticancerogeno lo so, ma è una vita triste quella dell’antiossidazione e l’abuso di sto robo bianco sono certo che causi perdite olfattive inaccettabili.
Fegato. Faceva bene nel vecchio paradigma salutista (ora decisamente non più) ma ne devo parlare come catarsi! Me lo sono beccato in tutte le salse, ma non c’è niente da fare, perfino nella coratella mi ricordava sempre il copertone della Bmx. E quando mi è stato infilato a tradimento un crostino toscano in bocca a 13 anni non ho reagito bene.
Minestrone. Ah che dolce carezza per lo stomaco. Che equilibratore intestinale. Sì, ok mangiatevelo voi che io muoro (cit.)
La tradizione che non scalda.
Polenta. Scusate meneghini, ma da sola è anonima come un match di Murray. Nella variante taragna o con il pentolone di sugo di salsicce e spuntature alla romana raggiunge vette importanti, ma così non vale e l’esegeta lombardo ne celebrerà sempre la sua grazia in singolar tenzone.
Pastiera. Qui sono irrecuperabile. Sostanzialmente mangio tutto (eccetto il cocco) e mi chiamano squalo, ma la pastiera, orgoglio familiare dalla mia nascita, mi fa ribrezzo. Sarà per i maledetti canditi e il grano cotto ma ha una consistenza che mi ripugna. Spazietto per il dolce sucks, ripassatemi il casatiello!
La goduria che non percepisco.
Gnocchi: li posso mangiare, ma non mi è mai scattato manco lontanamente il fanatismo. Mi si attaccano al palato, non li capisco. Non posso amarli, mi spiace. Perdonatemi.
Panna montata: per me la più insulsa del discount e quella più artigianale del mondo hanno in comune la totale indifferenza alla sua fruizione. Sono migliorato: fino a un paio di lustri fa proprio non potevo ingerirla.
Ah dimenticavo: il sushi è fottutamente sopravvalutato! E il prosecco ha qualcosa da dire una volta su cento.
[Crediti | Link: La Stampa, Guardian, immagine: Jezebel]