E’ ufficiale: sono ristoratori, cuochi, osti e gestori di posticini tutti, le vittime predestinate della voglia di buoni propositi che contraddistingue questo cambio di stagione.
Se finora ci siamo lagnati in proprio dei menu, specie delle traduzioni “ad michiam“, ovvero con Google Traduci, e del lessico esageratamente creativo, confidando in un rapido miglioramento, oggi ci facciamo prestare dal Guardian la protesta contro le cose che rovinano la serata al ristorante.
Sperando di conservare almeno un briciolo del delizioso humour di cui la lista del quotidiano britannico è ammantata.
1) “Non accettiamo prenotazioni”.
Capisco possano esserci ragioni inattaccabili dietro una posizione tanto rigida. Ma ogni volta che me la trovo a portata di padiglione auricolare l’entusiasmo per il posto in cui volevo prenotare si smorza. Non salgo in auto, caricando gli amici che con me si sobbarcano un’ora e mezzo nel traffico, per sentirmi dire che siete al completo e nei pressi non si trova nemmeno un distributore di merendine. Spiacente, sarò prevedibile ma la vita è troppo complicata per non preferire i posti che la rendono più semplice.
2) I siti Internet.
Cosa chiedo al sito di un ristorante? Poche semplici cose: giorni e orari di apertura, indirizzo completo, numero di telefono, menu e almeno un’idea di prezzo. Perché accogliermi con tediose musichette ambient, gorgheggi cantautoriali francesi, improbabili mix electronic-dance? Perché torturarmi con il video dello chef che taglia, sbuccia e compone minuscoli piatti allineati come soldati su lucidi tavoli d’acciaio? Perché nel tuo sito, diavolo di un ristoratore, ci sono cinquantadue sezioni, delle quali la “filosofia dello chef” (scritto in corsivo con svolazzanti ghirigori) è in bella vista, mentre il più provvidenziale “contatti” giace dimenticato in un angolo buio?
3) La chiacchierata con lo chef.
Intendiamoci, conoscere gli chef, parlare con loro, imbucarsi in cucina per seguire la preparazione dei piatti è interessante, ma possiamo fare qualcosa per il tipico one man show di fine serata? Se lo chef mi chiede com’è stata la cena, con uno sguardo che dovrebbe essere cordiale invece è minaccioso, non riesco che a trillare “divina!”. Nella speranza che quel terzo grado da Scotland Yard finisca presto e il cuoco, ormai in trance agonistica, prosegua il suo giro per altri tavoli.
4) I menu degustazione da dodici portate.
O da quindici. O da diciotto. Il costante stato di indigenza da venti-e-qualcosa-enne rappresenta un ostacolo insormontabile per la mia istintiva curiosità verso i ristorantoni. In altre parole, i prezzi comprensibilmente elevati impediscono a me, e a un consistente numero di stuzzicati coetanei, l’approccio con certi posti. Una soglia d’ingresso più accessibile sarebbe gradita. E anche quando riesco a sostenere l’impresa, se la contabilità dei piatti sopravanza le dita di una mano so già che finirò la cena ubriaca (dannato abbinamento al calice), confusa su dolce e predessert, e sul momento preciso in cui ho mordicchiato l’anguilla. Oltre che sensibilmente più povera.
5) I tavoli sfigati.
Okay, è necessario avere più coperti possibili. E’ altresì utile, comprendo, lasciare liberi i posti strategici sino al clou della serata, non si sa mai che arrivi un ospite di riguardo. Ma se porto il mio entusiasmo a casa vostra, non maltrattatelo piazzandomi subito nel tavolo sfigato (in gergo la famigerata zona “Siberia”). Quali sono i tavoli sfigati? Quelli accanto al bagno o alla cucina, dove è obbligatorio spostarsi ogni 3×2 per lasciare il passo a camerieri nevrotici o bimbetti dissenterici. Quelli accanto alla portafinestra del dehors, lì dove lo spiffero è sempre in agguato. Quelli prospicenti l’addio al celibato di trentenni sbronzi, che finiscono sempre per cantare filastrocche sconce.
Basta, ci do un taglio, non voglio fare la figura della zitella inacidita. Ma voi che potete, ditelo senza riserve: cosa vi rovina la serata al ristorante?
Il personale che si allarga trattandovi come vecchi compagni di merenda?
Il cameriere che non lascia la bottiglia di vino sul tavolo provvedendo di persona (mai puntualmente) a riempirvi il bicchiere?
I menù degustazione causa di piaghe da decubito?
L’irrisolto dilemma delle mance?