Se fossi moralista starei già dissertando delle due pietanze con cui ci sfama la tivù: come prima portata i programmi con gli chef e come seconda i programmi su gli chef. Ma non lo sono, non abbastanza temo, così contemplo con insistenza, attenzione e meraviglia il modo in cui l’ultimo numero di Vogue presenta ai suoi lettori fashionisti i cuochi.
Cuochi un tempo responsabili di mostrificanti abbuffate e oggi uomini scherzosi ed eleganti, star con ciuffi e tatuaggi, frangette e maniche arrotolate (per fortuna anche qualche panza).
Se un tempo avevamo la tv spazzatura, ora c’è la tv di cottura. [related_posts]
Obnubilati ci arrendiamo: impossibile smaltire il cortocircuito che ingrassa i palinsesti passando da una rete all’altra.
Più che canale catodico la tivù è ormai canale digerente che alle proteine non mescola più i carboidrati e i grassi saturi, ma il chilometro zero e la sostenibilità, così hanno deciso i più grandi cuochi italiani nel corso di estenuanti riunioni in Perù, a New York, Madrid o nel meeting col ministro adorante.
Eccoli là, adesso, sulla copertina di Vogue perfettamente a loro agio.
Carlo Cracco in total black Dsquared2, Niko Romito calza scarpe Church, Bottura tutto Gucci (occhiali compresi) persino l’amato Uliassi s’intona alla festa. Solo alcuni continuano a sembrare cuochi, poca roba: Davide Scabin, strabordante, Aimo Moroni, fuori posto, Pierangelini triplo mento.
Se fossi moralista insisterei sulle dolenti conseguenze che queste foto, come molte altre, avranno su chi il mestiere di cuoco vorrebbe farlo, sempre più inconsapevole di cosa sia la vera cucina professionale, non l’impegno svogliato tra una copertina e l’altra senza soluzione di continuità. Ma sangue, sudore e lacrime.
Resta il fatto che non sono moralista, per cui una sola cosa mi sento di dire:
Non è che questa storia degli chef superstar ci sta sfuggendo di mano?
[Crediti | Link: Dissapore, Vogue]