Complice un giro in Sardegna, ho fatto una ripassatina sulle doppie: son cresciuta lì e da piccola ridevamo di bestia quando, in chiesa, don Francesco recitava il vangelo secondo Tomaso o Giovvvani (giuro, mille v e una enne!). Ora la musica è cambiata – nel senso che il prete è uno giovane – ma gli evangelisti son rimasti pattagarrosati.
Però, però, però: ora la smetto di stigmatizzare i miei consanguinei (che sono sciuscettibili, come diceva Maria da Lentini – altra isola, altra creatività linguistica), perché, in quanto a doppie, anche altrove le idee non sono proprio chiarissime.
Per dire: il gratin di mare, voi, lo preferite coi canolicchi o coi cannolicchi? E il conchiglione nel centro del piatto appartiene a una capasanta o a una cappasanta? E nei pisarëi e fasô, ci sono i canellini o i cannellini??? [E non mi dite che ci vanno i borlotti, ché oltre ad andar fuori tema vi rispondo borloti, ché sembro della Serenissima.]
Iniziamo coi cannolicchi: la Bibbia si schiera per le due enne [e quindi per me così è giusto – la Treccani è la Treccani, l’avrete capito che c’ho un debole], mentre per il dizionario etimologico online la grafia con una sola enne sarebbe quella napoletana.
Se invece volete divertirvi con i nomi regionali, fate un giretto qui: dalla Sardegna alla Liguria – passando per l’inglese – domina il riferimento al manico (di coltello, eh), che il bivalve effettivamente ricorda. Solo i veneti fanno gli originali: non solo ne parlano come capalonga (plurale capelonghe, alternativa italianizzata cappa lunga) ma sono maestri nel cucinarle anche alla griglia o in zuppa – mentre nel resto d’Italia sono perlopiù (attaccato!) gratinate.
Ecco, a proposito di cappe, la capasanta la scrivete con una o con due p? A mio avviso, dipende da quanto siete devoti a san Giacomo, al secolo Santiago.
La variante con la doppia p, infatti, è il composto di cappa e santa: la conchiglia sul mantello era la prova che il pellegrino avesse compiuto tutto il Camino de Santiago arrivando addirittura al mare; sulle spiagge di Fisterra, in Galizia, raccoglieva il bel pettine della Pecten jacobaeus – e ringraziare che col nuoto ’sti pellegrini non c’andavano a nozze, sennò sarebbero arrivati pure in Nuova Scozia, oltreoceano, tornando con un bel kilt al posto del mantello/cappa.
Ancora oggi la conchiglia è uno dei simboli del pellegrino, con buona pace della Shell, dell’oro nero e della benzina. Del resto, per concludere questo affondo gastro-religioso-petrolifero, in francese la capasanta è coquille saint-jacques: Santiago, Giacomo, Jacques.
Per la Bibbia il lemma è capasanta, con una p (e tanta gratinatura), immagino per una questione fonetica: in barba ai sardi, la doppia non è di facile pronuncia. Ma questa è una mia teoria, quindi non vi toglierò il saluto se preferirete sfondarvi di cappesante.
E in tema di fagioli, come la mettiamo? Google ci regala 322mila risultati per canellini con una enne, 477mila per cannellini con due. Pellegrino Artusi ne parla con una, in compenso la Cucina Italiana con due, e così la mia Bibbia e pure Hoepli, nonché noialtri di Dissapore.
E quindi, che cannellini sia. E che il buon Pellegrino non me ne abbia a male, anche se immagino una sollevazione degli amici toscani che, oltre a sciacquare i panni in Arno, la pasta e fagioli la fanno davvero bene: e infatti, guarda un po’ te come ne scrivono gli ingredienti…
Uffa, stavolta getto la spugna: ’sti fagioli chiamateli come più v’aggrada, ovvia. [E comunque con le doppie non s’è mica finito, se ne riparla la prossima settimana.]