Mesdames et Messieurs… Chef Jacques LaMerde!
Sì, è vero, abbiamo voluto divertirci un po’ con voi, i nostri affezionati lettori di quartiere, in particolare con coloro che seguono la nostra pagina Facebook, dove eri abbiamo pubblicato l’immagine di un piatto a prima vista elaborato e sconosciuto, nascondendone la paternità e chiedendo qualche commento o giudizio visivo ai nostri “fan” su Facebook.
Le reazioni più o meno a caldo sono state parecchie: chi ha parlato di “carbonara destrutturata”, chi di “cucina molecolare”, chi l’ha trovata “una composizione piacevole da vedere” ma non invitante; chi è rimasto incuriosito, chi l’ha definito un piatto per “crudisti ammazza-vampiri” e altre svariate reazioni. [related_posts]
In realtà è stato un tiro mancino, ma non ce ne vogliate: è stato uno scherzetto curioso usato come pretesto per presentarvi chef Jacques LaMerde, uno degli chef più famosi del momento.
Dietro questo geniale pseudonimo si nasconde infatti un altrettanto geniale utente di Instagram che ha inaugurato il suo account solo lo scorso febbraio e, pubblicando appena 25 immagini, è riuscito a raggiungere oltre 56 mila follower.
Questo non per la qualità dei suoi piatti o originalità delle composizioni, ma grazie a un’immancabile provocazione. Jacques LaMerde infatti utilizza junk food, cibo spazzatura, per realizzare i suoi piatti, che a un’occhiata meno attenta possono somigliare pericolosamente a portate uscite da una cucina stellata, vista la cura di composizione e impiattamento oltre alla penuria delle porzioni.
A guardare meglio la perculata è più evidente: si vedono spuntare wurstel, polpettine di dubbia provenienza, affettati paranormali e altri cibi che nessuno probabilmente ha mai visto in una cucina stellata.
Nonostante ciò, l’impiattamento e la cura profusa per la realizzazione sono notevoli, così come l’uso delle varie coulis – che ormai ci vengono propinate in qualunque piatto di alto rango – e i nomi roboanti dei piatti, come Tartar di hot rod realizzata a mano, tuorlo d’uovo e sottaceti intensi su fondo di Doritos, più o meno la descrizione del piatto postato su Facebook.
Fra i nostri lettori di Facebook c’è qualcuno che ha subito fiutato la stranezza:
“qui c’è qualcuno che ha provato a riutilizzare qualcosa di finito e probabilmente di scarsa qualità o comunque di molto commerciale. Non vorrei dire eresie ma sembrano patatine quelle sbriciolate”
mentre altri hanno semplicemente trovato il piatto poco invitante:
“un po’ asettico. I cubetti in particolare lo rendono piuttosto freddo. Non invita all’assaggio anche per il vuoto estremo a destra…sembra una composizione”.
E’ stato comunque interessante vedere le reazioni da parte di voi lettori che non avevate ancora conosciuto le gesta del grande chef Jacques LaMerde.
Tutto ciò a che pro?
L’intento di chef LaMerde è probabilmente duplice: da una parte ironizzare sulla food photography, tendenza sempre più invasiva di una categoria di persone che ormai non riescono più a iniziare un pasto senza prima aver fotografato e condiviso online ciò che stanno per introdurre nel loro corpo.
C’è poi probabilmente l’intenzione di ironizzare anche sulle ultime tendenze compositive di molti chef, intenti a curare in maniera maniacale la presentazione dei loro piatti, con risultati sì apprezzabili, ma che dicono poco sul reale valore del cibo, e che forse con un po’ di pazienza, almeno a livello compositivo, si possono ottenere anche usando cibo spazzatura.
Per Jacques LaMerde sembra contare molto di più la forma della sostanza, e questa potrebbe essere una frecciata diretta a un certo stile di fare cucina, che vuole privilegiare oltremodo la presentazione.
Se è vero che anche l’occhio vuole la sua parte, l’importante è che la bocca non prenda un bidone.
Il prossimo passo per Jacques LaMerde è quello di aprire un ristorante e noi possiamo già suggerirgli il nome: Chez LaMerde sarebbe perfetto.