Per molto tempo ho guardato Venezia con sospetto.
Oggi fatico persino a rintracciare l’origine della mia lunga diffidenza: ricordo un viaggio d’infanzia in cui persuasi con lungo piagnucolare i miei genitori a comprarmi un grosso tucano bianco e rosa in vetro di Murano che smise subito di piacermi e che mi scrutò con il suo becco severo dalla vetrinetta dei souvenir per i successivi quindici anni (infallibile tecnica educativa).
Ci fu poi, alle soglie dell’adolescenza, un weekend con gli zii in cui svenni sul vaporetto, di cui ricordo soprattutto il continuo assillo della folla, ovunque.
Ma più di tutto c’è la canzone “Venezia” di Guccini, i cui i versi (di rara mestizia) sono stati per quasi vent’anni la reazione automatica del mio cervello al suono del nome del capoluogo veneto. Anche ora, mentre scrivo, non riesco a non canticchiare tra me e me con voce debitamente struggente:
Venezia che muore
Venezia appoggiata sul mare
la dolce ossessione degli ultimi suoi giorni tristi
Venezia la vende ai turisti
Così, per quasi dieci anni non sono più tornata. Quando ci ho rimesso piede, ho scoperto – sorpresa, sorpresa! – che è un luogo straordinario, dove tutti dovrebbero andare il più spesso possibile (un consiglio, a onor del vero, pleonastico perché sono già tutti lì) (o almeno questa è la sensazione).
Nel corso delle ultime visite, sento di aver perfezionato il mio approccio alla città così da potermela godermela al meglio: magari qualcuna delle mie tecniche può risultare utile anche a voi.
1. Fate il percorso inverso dei turisti: la laguna di notte, la città di giorno
Le casette arcobaleno di Burano sono il sogno di ogni turista americano devoto al pittoresco – come testimonia anche questo articolo, molto condiviso, di Buzzfeed. Perciò, ogni giorno a partire dalle 9 del mattino un flusso costante di persone approda sull’isola, e – se siete umorali come me – un’incolpevole famigliola dell’Ohio che fotobomba i vostri ricordi di viaggio vi deprime moltissimo.
La buona notizia è che alle 17 la folla sparisce come d’incanto, fagocitata dal vaporetto che la riporta in città, e nel paese non resta più nessuno – tranne molti gatti amichevoli. Quindi io ho deciso di fare il percorso inverso: di giorno giro per Venezia, di notte dormo in laguna.
A Mazzorbo, collegata a Burano da un ponticello, c’è l’incantevole Venissa – sei belle camere, un ristorante eccellente, e la possibilità di fare colazione con vista sul vigneto. Con un budget più limitato, benedetto Airbnb, ci sono alcune opzioni molto gradevoli a Burano stessa.
2. Evitare la folla è facile
Di nuovo folla, sarà Venezia o sarò io ad avere un problema con la folla? Voto per entrambe. La cosa difficile da credere è che la folla a Venezia è tutt’altro che inevitabile – si concentra quasi tutta in una manciata di vie tra Piazza San Marco, il Ponte e il Mercato di Rialto e la zona circostante alla stazione.
Camminando per la città è spesso sufficiente prendere una via parallela per trovarsi in un dedalo di viuzze completamente deserte, o sbucare in una piazzetta dove giocano a calcio i bambini. Altrettanto frequentemente, ci si trova in cul-de-sac che dà su un canale. È sempre bellissimo.
3. Spendete con saggezza
Venezia è, più di molte altre, una città che parla di agi e mollezze. Coloro che misurano il rapporto qualità/prezzo con il bilancino potrebbero avere la sensazione che in città si spenda sempre un po’ di più di quanto sembrerebbe ragionevole, e tutto sommato non è una posizione assurda.
Però, però: anche qui come nel resto del Veneto il Prosecco rientra più nella categoria dei “diritti umani” che in quella dei “beni voluttuari”, e quindi – a eccezione delle trappole per turisti, ma non devo mettervi in guardia anche da quelle, no?! – un’ombra di vino ha in genere un prezzo contenuto.
Si beve, e si mangia qualche cicchetto, per una manciata di euro in bacari come L’Arco e Al Mercà, e anche per un pasto seduti i buoni indirizzi non mancano: solo per fare qualche esempio c’è CoVino, bistrot in stile parigino corretto Slow Food; l’Osteria La Zucca, per il vegetariano in fuga dall’ubiquo baccalà mantecato, e l’Osteria Anice Stellato.
4. Ma anche, spendete senza ritegno
L’ultima volta che sono stata a Venezia sono andata all’Harry’s Bar. L’ho fatto per due ragioni: primo, la fissa per Hemingway che le persone normali smaltiscono intorno al terzo anno delle superiori non mi è mai passata; secondo, ogni tanto mi piace fare qualcosa di assolutamente fuori dal mio budget perché amo il sapore delle mie lacrime quando arriva la bolletta del gas. In posti storici, l’esperienza può essere, se fortunati, un pellegrinaggio, negli altri casi, una fregatura. Qui, 18,50€ acquistano un Martini Cocktail e una polpetta.
Quando ordino, il bartender estrae da un cassetto refrigerato il cocktail già pronto, in un bicchiere da shot. Niente miscelazione, niente bicchiere a coppa?! Mi fa più cerimonie la signorina che serve a me e ad altre trecento persone il caffè all’Autogrill la domenica sera di ritorno dal mare! Forse notando la mia piva, il barman comincia a raccontarmi con la erre scivolosa dei veneziani la storia di Giuseppe Cipriani e del cocktail che Hemingway chiamava “Montgomery” perché servivano 15 inglesi per combattere contro un solo italiano (insomma 15 parti di gin per una di Martini).
All’uscita, dopo lunghe chiacchiere, ho avuto la sensazione di aver speso una somma, forse non sensata, ma in ultimo ragionevole rispetto all’esperienza: Venezia è anche questo.
Se voi invece non avete pianto leggendo le ultime pagine di Per Chi Suona La Campana (spoiler: suona per te), vi consiglio un’altra esperienza da gaudenti spendaccioni: bere un aperitivo al Bar sulla terrazza dello storico Hotel Danieli, da cui si gode quella che potrebbe forse essere la vista più bella di tutta la città.
[crediti foto: zingarate,destination360, padraicino, barfarm, lecconews]