Come si diceva ieri dobbiamo aver fiducia negli chef italiani. Mentre leggi che Barilla ha indetto un concorso tra designer internazionali per produrre un nuovo formato di pasta con l’utilizzo della stampante 3d e inizi a rassegnarti all’idea che ogni innovazione, scoperta o novità in campo alimentare sia minata dal sentore di marketing, industrializzazione o trovata commerciale, capita di imbatterti in una mirabile sorpresa.
É successo qualche giorno fa, durante un pranzo al ristorante Magnolia di Cesenatico quando lo chef Alberto Faccani mi ha fatto provare i suoi Cappe/telli.
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In barba a chi pensa che oramai in cucina sia già stato inventato tutto, Faccani ha rovistato nel suo passato e nel suo territorio per ideare un nuovo, originalissimo, formato di pasta.
Il Cappe/tello è un cappelletto ripieno di passatello (se non li conoscete, ipotesi remota per chi passa di qua, ecco come si fanno i cappelletti e come i passatelli).
L’unione sublime di due tra le paste più tipiche e amate della Romagna (con sconfinamenti nelle Marche).
Il Cappe/tello si presenta con la consistenza e l’aspetto di una pasta ripiena, a cui si unisce il gusto mitologico del passatello. Sfoglia classica per l’involucro e impasto cotto dei passatelli per il ripieno.
Romagnolesità allo massima potenza. Un “due per uno” che mi ha lasciato piacevolmente a bocca aperta. Anzi, a boccone chiuso.
Semplicità disarmante che nasconde però un guizzo di genio, di quelli che ti fanno esclamare: perché non ci ho pensato prima? Come nelle migliori tradizioni, Faccani modesto sminuisce: “volevo inventare una pasta nuova e non ho fatto altro che unire i due piatti che mi piacciono di più, quelli che noi romagnoli abbiamo sotto al naso da quando siamo bambini”.
In un primo momento aveva pensato di chiamare questa sua invenzione “Passelletto”, ma poi, considerando che prima si percepisce (e si vede) il cappelletto e solo in un secondo momento si scopre e avverte la sorpresa del passatello, il nome Cappe/tello risulta anche “cronologicamente” più azzeccato.
“Da piccolo – mi racconta Faccani – rimbalzavo da una nonna all’altra, tra Ravenna e Alfonsine. Nonna Ada non faceva altro che passatelli, mentre nonna Filippina mi riempiva di cappelletti”.
Questo lo spunto che ha dato origine all’invenzione che oggi è il piatto più amato e richiesto al ristorante Magnolia. I Cappe/telli sono è in carta dallo scorso luglio, dopo l’ esordio in occasione della manifestazione Al Meni di Rimini.
Se andate in queste settimane li trovate con seppioline o scampi (a seconda di cosa offre il mercato) e riduzione di vongole. I bene informati dicono che le versioni con tartufo, burro e parmigiano, o in brodo siano epiche. Io ci credo. E mi rallegro nel pensare a un’invenzione artigiana, mossa dal sentimento e dal ricordo.
I Cappe/telli di Faccani, sono una gran bella novità.
[Crediti | Link: Dissapore, Guardian, Spigoloso. L’immagine dei cappetelli e di Paola Sucato]