Proprio quando pensavo di proporre Guida Michelin come sinonimo della parola “immutabile” ai curatori del Devoto-Oli, ci scappa la notizia epocale: qualche giorno fa la filiale newyorkese della Rossa ha compiuto un gesto senza precedenti: un pubblico annuncio di ricerca lavoro per ispettori, incaricati di scrivere recensioni su hotel e ristoranti.
Un modo divertente per accogliere la notizia potrebbe essere: “Buone notizie per i critici gastronomici che amano l’anonimato, le stelle e gli autori di tweet passivo-aggressivi” ma ci hanno pensato quelli di Eater.
La notizia ha fatto il solito tour infernale del web, che ha risposto con stupore ed entusiasmo, postando e ripostando i requisiti richiesti.
— Laurea in culinary (non esiste una traduzione precisa) o equivalenti
— Almeno dieci anni di esperienza in hotel, ristoranti o altre aziende similari
— Integrità, discrezione e rispetto del requisito dell’anonimato
— Ampia conoscenza di ingredienti, tecniche culinarie, cucine e fondamenti culinari internazionali
— Flessibilità, capacità di assecondare il (e adattarsi al) cambiamento nell’ambiente lavorativo, e di lavorare in maniera indipendente
— Disponibilità a viaggiare per il 50-75% del tempo e a lavorare regolarmente di sera
— Eccellenti capacità di scrittura
— Solide abilità organizzative
— Naturale talento per l’analisi sensoriale del cibo
— Buone capacità interpersonali
— Studi riconosciuti sul vino, o esperienza lavorativa come sommelier
— Eccellenti capacità di ricerca, familiarità con i media relativi a cibo e ristoranti
— Attenzione al dettaglio, forti capacità di osservazione, memoria per la cucina
Insomma, nella Grande Mela lavorare alla Michelin richiede un curriculum mica male. D’altronde, anche le responsabilità non si limitano a testare il mercatino bio più hype di Brooklyn, o la miglior pizza di Staten Island. Bisogna completare tutte le ispezioni assegnate nel Nord America entro i tempi richiesti, applicando i metodi della guida “in modo costante e obiettivo”, “partecipare in modo produttivo alla fase di stampa”, “progettare il programma annuale di lavoro”, “completare tutta la documentazione compresi report scritti, contenuti social e materiale fotografico”.
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E tutto questo, ovviamente, nel più totale anonimato. Curioso come l’annuncio giunga online pochi giorni dopo che Adam Platt, critico del New York Magazine, aveva mostrando il suo volto sconfessando gli anni di anonimato. Anzi rivelando che, per un critico enogastronomico, mantenere segreta la propria identità ai ristoratori è un’utopia.
Insomma, che vogliamo fare con questo anonimato? È obsoleto o no? Ma soprattutto: avete già mandato il curriculum?
[Crediti | Link: Eater, Linkedin, Dissapore]