Cosa metterete sulla tavola per il Cenone di San Silvestro? Sì, crostacei e frutti di mare. Sì, linguine con l’astice e risotto allo spumante. Sì, salmone al forno e filetto in crosta. Tutta roba chic.
Ma non dimenticherete il cotechino, vero?
Come rinunciare, allo scoccare della mezzanotte, alle belle fette rotonde e grasse, col loro contorno di lenticchie che portano soldi?
Ora, la vera domanda è: quale cotechino cucinare?
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Non rispondete quei cosi precotti in busta di alluminio, immersi in una gelatina così densa e così spessa che una volta, versata nello scarico del lavello, mi toccò chiamare l’idraulico al 2 di gennaio per stappare le tubature. Ben mi stette, avendo ceduto alla tentazione del pronto in mezz’ora. Non ci sono ricascata mai più e anzi, di anno in anno, ho cominciato a sperimentare salumi freschi ogni volta diversi.
Posto che la preparazione, da una specialità all’altra, cambia poco e che la classica ricetta di cotechino e lenticchie ve l’ho già data con largo anticipo, voglio oggi suggerirvi una carrellata di varietà fra cui scegliere il vostro insaccato e qualche accompagnamento.
CARATTERISTICHE COMUNI
Necessaria premessa: l’impasto dei salumi da cuocere può variare da una specialità all’altra, anche secondo l’estro dell’artigiano che lo confeziona, ma in genere è composto da carni magre e grasse di maiale, lardo, cotenne o tendini per la parte gelatinosa, che conferiscono la tipica consistenza appiccicosa così gradita ai buongustai.
La grana può essere più o meno fine o grossolana e ci possono essere aggiunte di vino e spezie varie, semplice pepe, noce moscata, chiodi di garofano, cannella, coriandolo. Insomma, dare un’indicazione precisa è pressoché impossibile e, se proprio sentite la necessità di sapere con esattezza cosa contiene il vostro salume, meglio fare una bella intervista al macellaio di fiducia.
FORME
Il cotechino e suo fratello lo zampone sono i due esemplari più tipici della famiglia dei salumi da cuocere. Nati a Modena intorno al Cinquecento, la storia narra dell’intenzione degli abitanti di Mirandola, stretti d’assedio, di conservare scorte di carne per resistere alla fame.
Certo è che ancora oggi l’impasto tradizionale, ricco di cotiche, è insaccato in un budello, nel caso del cotechino, o nella zampa (disossata) dell’animale, per lo zampone.
In cerca di specialità locali, vi potreste imbattere nel “vaniglia” cremonese, a grana fine e dall’impasto fresco e dolce, in Friuli provare il musèt, così chiamato perché composto prevalentemente da parti della testa e che si serve con la brovada (ve ne parlo fra poco).
Poi, ci sono le “sfere”, insaccate nelle vesciche: la palla di lardo emiliana, la bondiola cremonese o quella padovana che racchiude un cuore di lingua (di suino) salmistrata.
Più gli insaccati sono rustici e artigianali, più è consigliabile un ammollo in acqua fredda, per una notte, che ammorbidisce l’involucro.
Operazione tipica nella preparazione dello zampone, per il quale dovrete praticare incisioni fra gli unghioli, altrimenti la pelle, seppur spessa, si spacca e il contenuto se ne va in giro per la pentola (con le altre qualità, basterà forellare qua e là il budello o la vescica con uno spiedino di legno).
Per lo stesso motivo, prima di mettere il vostro salume in pentola avvolgetelo in un telo o in un doppio foglio di carta da forno, legato ben stretto a caramella o a mo’ di arrosto. Ricordate, infine, che l’acqua di cottura deve essere inizialmente fredda e il bollore, dolce, durare almeno 2 ore, anche qualcosa in più per pezzature importanti.
CONTORNI: NON SOLO LENTICCHIE
Come dicevo, in Friuli il musèt si serve con la brovada. Si tratta di rape “dal colletto viola”, screziate fuori e bianche dentro, grattugiate a filetti e macerate nelle vinacce. I casi sono due: o siete friulani, e la comprate agevolmente al mercato, oppure potete cercare di reperirla in qualche gastronomia cittadina molto fornita.
Recuperato il prezioso ingrediente (mia suocera vive in Friuli, che fortuna), occorre stufarlo per circa un’ora, o giù di lì, in un fondo di olio o burro, alloro, aglio, cipolla. C’è chi aggiunge i fagioli, in parte interi, in parte passati. Oppure, verso fine cottura, potete spolverizzare un po’ di farina per legare il fondo, che resta sempre brodosetto perché il liquido di governo non va scolato, ma versato in pentola.
Ok, è complicato, la brovada non la trovate.
Un surrogato, comunque adatto all’abbinamento sono le rape tal quali, cucinate in agrodolce. Oppure, cambiate genere e scegliete la verza (cassoeula docet), tagliata a listarelle e appassita in olio e scalogno, se vi piace con una manciata di grani di senape o semi di cumino. Da provare anche mescolata al più classico dei purè di patate.
Menzione, infine, per gli spinaci, magari ripassati al burro e grana: contorno semplicissimo ma sempre azzeccato, con quel pizzico di salubrità delle verdure a foglia verde che certo non guasta.
E LE SALSE
Salsa al cren o salsa verde, che si sposano così bene ai bolliti, sono adatte anche per cotechini & co. Naturalmente, non può mancare la mostarda di Cremona. Ma se vi aspettavate, qui e ora, la ricetta per prepararla in casa, non ve la darò per due motivi.
Primo: perché la frutta deve essere sottoposta a canditure successive per 3, 4 giorni di fila, sicché non fareste in tempo.
Secondo, e più importante: perché la frutta più tipica della mostarda (ciliegie, albicocche, perine) è estiva, quindi dovevate pensarci a giugno.
Come degno sostituto, potete provare il chutney di mele suggerito negli contorni del pranzo di Natale (nota: nel post c’è anche la salsa verde).
Ma il mio preferito, specie con lo zampone, resta lo zabaione salato.
Non ditemi che così aggiungete colesterolo a colesterolo. E che cavolo: è l’ultimo dell’anno, la dieta la cominciate lunedì, no? Quindi, sgusciate due uova e mettete i soli tuorli in una bastardella, o in una ciotola dal fondo il più possibile arrotondato.
Posatela su un pentolino con acqua calda, portate sul fuoco dolce e montate le uova a bagnomaria con una frusta elettrica aggiungendo 1/3 di bicchiere di vino bianco secco, oppure spumante, o anche Marsala.
Sale, pepe e continuate a lavorare fino a ottenere una spuma soffice da rifinire, se vi va, fuori dal fuoco con una noce di burro fuso e intiepidito o con un filo d’olio, emulsionando ancora qualche istante prima di servire, immediatamente, in salsiera.
Garantisco che, con una fettina di salume ben calda, un velo di salsa, una manciata di lenticchie e una cucchiaiata di verdure, il 2015 vi apparirà immediatamente bello o, quantomeno, godereccio.
[Crediti | Link: Immagini: Dissapore, Cucchiaio, Mangiare buono]