Civettuola, saputella, aggraziata, la via Santa Filomena è la “vanedda chic” di Catania. In pieno centro, a pochi metri dalla rinomata pasticceria Savia di via Etnea, in pochissimi anni si è trasformata da stradina anonima a meta dei gourmand catanesi. E con la sua fioritura, la città, da sempre più attenta alla quantità che alla qualità, si è garantita di stare a passo coi tempi gastronomicamente parlando. Una serie di ‘non ristoranti’ dove si può assaggiare di tutto, dagli hamburger di asina alle polpette di alici, dal macco di fave alla cicoria selvatica.
Siamo andati a fare un giro per descrivervi le nostre impressioni e capire chi sale e chi scende.
Premessa: nella lista manca l’osteria Filomena, in ristrutturazione, Blanc à Manger (irritante l’insistenza degli addetti che invitano i passanti a entrare) e il Moroboshi, perché un locale che serve sushi in via Santa Filomena è in sostanza fuori contesto.
CHI SCENDE
LA POLPETTERIA
La polpetteria è il primo locale che s’incontra e forse la delusione più inaspettata. Buona l’idea, mediamente buone le polpette, del tutto indisponente l’accoglienza. Per la polpetteria la serata della nostra visita è forse una serata no.
Ci sediamo fuori, lungo il marciapiede su cui sono disposti i tavoli di tutti i locali della via Santa Filomena. Siamo in quattro ma ordiniamo solo due piatti, un misto carne e un misto di polpette di pesce. La nostra richiesta non rispecchia o non è all’altezza delle aspettative del cameriere che manifesta disappunto e trasmettere un’immotivata negatività.
La carta dei vini non c’è, “la stiamo rifacendo” è la spiegazione. Il vino lo si sceglie all’interno del locale. Le bottiglie sono poste in piedi sui mensoloni in alto, dietro un bancone. Le etichette non si vedono, non si leggono, non se ne possono valutare i costi.
Nonostante tutto scegliamo un valpolicella del 2012 che viene servito caldo, di certo non alla temperatura di servizio consigliata.
Finalmente arrivano le polpette. La migliore è quella di cavallo ed emmenthal, eccelsa. La peggiore quella di polipo, che di polpetta non ha nulla, nemmeno la forma.
SALE ART CAFE
E’ la vera icona di via Santa Filomena, la prima creatura di Andrea Graziano, ex foodblogger, appassionato di viaggi enogastronomici, e adesso fortunatissimo imprenditore della ristorazione siciliana, il primo ad aver scommesso sulla via. A distanza di qualche anno la qualità dei piatti proposti e delle materie prime utilizzate è rimasta invariata e il locale rimane un punto di riferimento per chi vuole mangiar bene.
Proviamo, e consigliamo, il filetto di cernia che ci viene servito con tortino di patate e cipollotto, “Cosacavaddu” e verdure di campo. Eccellenti i dolci, su tutti il classico tortino di cioccolato caldo servito con gelato artigianale al pistacchio.
Tuttavia, al Sale Art, si ha la sensazione che l’impegno in nuove avventure imprenditoriali (la creazione del fortunatissimo FUD e la sua recente apertura nella versione palermitana) abbia fatto venir meno quel fervore e quello spirito di innovazione che lo aveva accompagnato alla sua nascita.
Avvertiamo una staticità per un locale che rischia di perdere la propria anima a vantaggio di altre iniziative.
CHI SALE
FUD – BOTTEGA SICULA
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L’esperimento più riuscito della via Santa Filomena. Lo dicono i numeri che hanno premiato il FUD sia nella versione catanese che nella nuova versione palermitana (800 coperti al giorno). Una “panineria gourmet” aperta 7 giorni su 7 a pranzo e cena. Nata nel 2012 per dare spazio ai clienti sempre più numerosi del Sale Art Cafe, ha poi assunto una propria fisionomia e uno spazio ben delineato grazie al design di André Thomas Balla che coniuga un formato industriale con materiali sicilianissimi come il cotto catanese e la pietra lavica.
Fud è la perfetta via di mezzo tra innovazione e tradizione in tutti i suoi elementi: dallo stile del locale, al nome, alla scelta delle materie prime. La qualità dei prodotti è ricercata (e si fa pagare) e il progetto coinvolge i piccoli produttori di eccellenze siciliane.
Sono loro che forniscono al FUD la cipolla di giarratana, la provola delle Madonie, il pollo modicano, il suino nero dei Nebrodi.
Districandoci nell’inglese sicilianizzato, diventato simbolo e caratteristica della Bottega Sicula, abbiamo provato un ottimo “Shek Burgher”, hamburger di carne d’asina di Chiaramonte Gulfi, mozzarella di bufala ragusana e cipolla di Giarratana, e infine la cheesecake, sicuramente la migliore di Catania.
Unici nei lunghi tempi di attesa, specie nelle serate del fine settimana, e i prezzi elevati, bilanciati però dall’assenza del coperto e del servizio nel conto.
CAFFE CURTIGGHIU
Il curtigghio è l’arte del pettegolezzo tipico dei cortili nei quartieri siciliani, luoghi dove si raccontano storie e vicende e dove i protagonisti sono sempre gli altri. Nome azzeccato per il locale in chiave vintage di Emanuela Panke, ex manager della Città del Gusto di Catania.
Il menu spazia dal macco di fave, agli anelli al ragù di polpo, discreto anche il fritto siciliano (panelle, arancini e siciliane mignon). Buona l’accoglienza, gentilissimi e sorridenti i camerieri, nel complesso il locale sembra aver superato bene le recenti polemiche sulla qualità dei prodotti utilizzati.
Da rivedere.